Paolo, come avrai modo di capire, ieri l’ho sparata un po’ abbondante.
In effetti, mentre rispondevo a te avevo un altro post in cottura, e tutti i fornelli occupati. Così, ho messo il proposito in frigo, chiuso con tappo ermetico e l’ho lasciato decantare una notte.
Il guaio adesso è che fuori c’è un sole meraviglioso, che io voglio viverlo sulla mia pelle, che il vento mi chiama, come sempre mi chiama e io, da che sono nata, gli rispondo: Arrivo! E non lo lascio mai solo, quel vento egocentrico, senza i miei capelli da sbatacchiare tutto intorno alla testa, finché non si forma un nido d’aquila e la gente comincia a guardarmi strano. (Io da sola, fisicamente, non riesco a starci mai, c’è sempre questa “gente” intorno, in una città come Roma. Ancora ancora quando abitavo a due passi dal mare, ma anche la spiaggia d’inverno, non è che fosse proprio il deserto.)
Quindi la faccio breve: proprio ieri mattina, mentre meditavo in pigiama su come impegnare utilmente la bella giornata che si annunciava fuori dallo schermo, leggevo l’ottima newsletter elettronica de Le Scienze, alla quale sono abbonata. L’impressione che ho, di solito, durante lo svolgimento di queste colazioni da giorno festivo, è sempre quella di trovarmi sul greto di un fiume e di dover necessariamente saltellare di sasso in sasso, senza fermarmi troppo in situazioni scivolose, pena il tuffo nell’acqua freddissima, per riuscire a portarmi sulla sponda nel momento esatto in cui il caffé avrà raggiunto il suo effetto di risveglio dell’adrenalina e io sarò pronta a lavarmi-vestirmi-agitarmi-in-tutte-le-direzioni, utili o meno utili (ma poca differenza fa. In fondo).
L’efficienza del caso. Ma tu guarda la scienza, ma guarda. Alcuni studiosi hanno applicato le dinamiche dei sistemi complessi ad un ipotetico Parlamento virtuale, riscontrando che la massima efficienza si raggiunge quando un certo numero di parlamentari vengono estratti a sorte tra cittadini che non fanno parte di partiti politici.
Il risultato ha mostrato anche che i processi basati sul caso, fondamentali in tanti problemi fisici, sono utili anche in campo socioeconomico tramite strategie che prevedono scelte casuali.
Ecco. Allora mi sono detta, saltando sopra un altro sasso scivoloso, “Certo che io eliminerei tutti i partiti, se ne vedrebbero di bei risultati”. Ma la democrazia è una questione complessa, tanto che i più furbi e capaci se ne sono impadroniti al punto da renderla incomprensibile alla maggioranza della gente (proprio quella che incontro per strada quando invece ne farei tanto a meno). “E quindi si voterà col porcellum, checacchio!” e ho cercato qualcosa di più sull’argomento “efficienza del sistema elettorale”. A dire la verità, a me che non sono un’economista, la questione è apparsa un tantino complicata.
Numerosi studi che ormai risalgono ad almeno una decina di anni fa (ma da allora la situazione è soltanto peggiorata), dicono che
Recent electoral reforms in four countries (Italy, Japan, New Zealand and Venezuela) represent moves away from electoral systems that represented different extreme deviations from efficiency.
Insomma, saltando ancora e cercando di mantenere l’equilibrio, ho riflettuto su quanto anche la politica, scienza sociale, sia sorella minore, come ogni altra scienza, della filosofia. Perché nel frattempo mi ero spostata su Samgha, e letto l’articolo Tempo e coscienza, di Ignazio Licata. ora, chi legge qualche volta i miei farfugliamenti sa che neuroscienze, recherche e questioni affini mi attraggono inesorabilmente. Ci sono caduta, nel fiume freddo. Splash, mezz’ora a bocca aperta.
[...] un atomo assorbe o emette energia ed un elettrone orbitale passa da un livello energetico ad un altro; oppure pensiamo ai fenomeni di creazione-annichilazione di particelle. Tutti fatti ben noti al tempo degli acceleratori e del bosone di Higgs. La domanda è: quali sono le modalità del salto dell’elettrone da un livello energetico ad un altro? E’ come il passaggio da un gradino ad un altro? In un processo di creazione-annichilazione dove vanno queste particelle? Da dove vengono? La risposta è nel vuoto quantistico, la versione del mare di Talete della fisica teorica. Questo vuoto è in sé atemporale. O per essere leggermente più tecnici senza abbandonare il gioco della suggestione, è un’entità a tempo immaginario.
Talete dimostrava continuamente di poter essere furbo e capace anche lui come i politicanti d’ogni tempo. I filosofi hanno menti superiori. Una volta guadagnò in una sola stagione come uno sporco capitalista nostrano, speculando molto modernamente sulla previsione di un raccolto di olive eccezionale.
Era davvero un figo. Se ne fregava degli Dei fluviali e osava far deviare i corsi d’acqua durante le battaglie per sorprendere il nemico. Ogni tanto giocava coi triangoli e buttava lì l’altezza delle piramidi davanti a un’uditorio sbigottito.
Ci fosse lui, oggi saprebbe risolverla questa questione elettorale, tutta questione di triangoli.
Io a scuola di Talete allora non avevo capito niente ma sto rimediando, Paolo. Ecco, mi ero fermata a quella cosa del principio umido di tutte le cose*, poi mi ero messa a leggere fumetti, ascoltare musicaccia, bazzicare brutte compagnie (ma non è vero, su!), e di Talete mi sono dimenticata. Mai chiudere un filosofo fuori dalla porta, perché poi rientra dalla finestra.
Errori di gioventù. Talete era uno da continuare a frequentare. Intanto perché con la sua intelligenza si era proposto al mondo come “primo filosofo”, e poi perché il vecchio Tal era anche un tipo sbrigativo:
- non volle avere figli proprio per amore dei figli. (Io ho cambiato idea di recente. Saremmo andati d’accordo per un bel pezzo di strada però)
- disse che “la cosa più semplice è dare consigli”. (Specie da un blog, ma questo non poteva prevederlo)
- che “la cosa più sgradevole è vedere un tiranno esser potuto invecchiare”. (Ah, che maldipancia)
- che “la morte non è diversa in nulla dalla vita. A chi gli obbiettava perché allora non morisse, rispondeva che era perché non c’era alcuna differenza” (capito la risposta pronta di ieri, Luporenna?)
Nessuno glielo chiese mai, ma all’occorrenza avrebbe saputo dire anche se fosse nato prima l’uovo o la gallina.
A quel punto mi sono rialzata, ho fatto una doccia calda calda e sono uscita. Cosa che mi appresto a fare adesso, scusa la stringatezza quindi. Mi è venuta voglia di tornare a bussare alla porta di Talete**, magari con una scatola di cioccolatini sotto braccio per farmi perdonare la lunga assenza. Proverei a partire da un testo disimpegnato, ormai sono un bel po’ arruginita, e poi ho tutti quegli ebook da leggere (e poi, ancora, fondamentalmente a me piace il mare, quella grande distesa umida…).
Cochi e Renato – A me mi piace il mare
*) Talete [...] dice che [la "realtà naturale (o una sola o piú di una) dalla quale derivano tutte le altre cose, mentre essa continua ad esistere immutata"], quel principio è l’acqua (per questo afferma anche che la Terra galleggia sull’acqua), desumendo indubbiamente questa sua convinzione dalla constatazione che il nutrimento di tutte le cose è umido, e che perfino il caldo si genera dall’umido e vive nell’umido. Ora, ciò da cui tutte le cose si generano è, appunto, il principio di tutto. Egli desunse dunque questa convinzione da questo fatto e dal fatto che i semi di tutte le cose hanno una natura umida e l’acqua è il principio della natura delle cose umide”. (Aristotele, Metafisica 983 b)
**) Guérard Cécile – Piccola filosofia del mare. Da Talete a Nietzsche – Ed. Guanda, 2012