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L’Egitto dopo i faraoni

Creato il 25 novembre 2015 da Nebbiadilondra @nebbiadilondra

Per un’appassionata di Storia Greca e Romana come la sottoscritta il British Museum è la grotta di Alí Babà: pieno di tesori. Inutile dire che ci capito appena possibile momento, per ammirare i marmi del Partenone (non infognamoci nelle discussioni sulla legittimità della loro presenza a Londra…), vasi, sculture, mosaici e per salutare il mio imperatore preferito, Traiano. O in questo caso Augusto, visto che la mostra in questione parte dalla sconfitta di Marco Antonio e Cleopatra ad Azio il 2 settembre 31 a.C ad opera della flotta di Ottaviano.

Head of Augustus, bronze head from an over-life-sized statue, likely made in Egypt, C.27-25 BC Credit British Museum

Head of Augustus, bronze head from an over-life-sized statue, likely made in Egypt, C.27-25 BC Credit British Museum

Con queste premesse, potevo perdermi quindi Egypt: faith after the pharaohs? Inutile dire che questa mostra è una vera chicca per tutti coloro che sono interessati al mondo tardo-romano e bizantino e oltre, che il periodo in esame va dall’Egitto romano fino alla conquista araba – 1200 anni di storia che vanno da Cleopatra a Maometto. È un viaggio incredibile attraverso importanti migrazioni culturali e di popoli, ciascuno con la propria cultura e religione. Religioni e culture che nell’Egitto post-romano si sovrappongono l’una all’altra, lottano tra loro ma che il più delle volte coesistono l’una accanto all’Altra.

Portrait of a priest of Serapis. Egypt, AD 140-160. © The Trustees of the British Museum

Portrait of a priest of Serapis. Egypt, AD 140-160. © The Trustees of the British Museum

Come reagiscono le arti visive a questi cambiamenti? In 1200 anni L’Egitto si muove dal paganesimo al Cristianesimo, fino a diventare la terra prevalentemente islamica che tutti conosciamo. E non dimentichiamo la presenza ebraica che in momenti diversi della storia egiziana, ha avuto ruoli di grande importanza. Il risultato? Il farmi pensare che come Howard Carter quando scopese la tomba di Tutankamun anch’io stavo vedendo “cose meravigliose”. Perché anche se non ci sono oggetti cult come la maschera di Tutankamun, ci sono davvero una serie di oggetti che mi hanno fatto restare a bocca aperta. Una statua del dio Horus per esempio, con la testa di falco e il corpo di un imperatore romano (con tanto di uniforme e corazza) o l’immagine di un prete cristiano dipinta su un piatto di maiolica realizzato a lustro metallico, una tecnica mediorientale.

Standing-figure-of-the-Roman-god-Horus-wearing-Roman-military-costume-bronze-Egypt-1st-2nd

Standing figure of the Roman god Horus wearing Roman military costume bronze Egypt

Ma la cosa che mi colpisce di più è una Bibbia ebraica che risale al 1005 scritta in arabo. Devo rileggere la spiegazione sulla targhetta accanto alla bacheca un paio di volte perché temo di aver frainteso, ma no, è davvero quello che penso che sia. Al Cairo infatti vivevano tre comunità ebraiche, una delle quali, quella caraitica, non seguiva il Talmud in quanto rifiuta la tradizione orale dell’ebraismo, la cosiddetta “Torah orale”, ma seguiva (segue) la Bibbia; ma vivendo Al Cairo la loro lingua comune era l’arabo, questa Bibbia è scritta nella lingua di Maometto. E se questo mi riempie di stupore, le mie sorprese non sono finite che nella teca vicna ci sono brani del Corano scritti in ebraico nel XII-XIII secolo. Tanto che per un attimo ho la visone di Paul McCarney e Stevie Wonder cantare insieme Ebony ad Ivory nel 1982 (avete presente Ebony and ivory live together in perfect harmony Side by side on my piano keyboard, oh Lord, why don’t we?)

Ivory pyxis box depicting Daniel with arms raised in prayer flanked by two lions, Egypt 5th century AD Credit The Trustees of the British Museum

Ivory pyxis box depicting Daniel with arms raised in prayer flanked by two lions, Egypt 5th century AD Credit The Trustees of the British Museum

È un meraviglioso viaggio in un periodo difficile, denso di conflitti e distruzione, di instabilità politica e religiosa, ma anche di grandissima creatività. E in un momento come questo in cui l’Europa è in sommersa da un’ondata migratoria paragonabile solo a quella delle invasion barbariche e gli estremisti del IS, tra gli altri orrori commessi, stanno sistematicamente distruggendo le vestigia del passato della Siria, questa è una mostra davvero attuale e a tratti davvero commovente.

Londra// fino al 7 Febbraio 2016

Egypt: faith after the pharaohs

britishmuseum.org


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