Sono in auto e cerco disperatamente di percorrere la tangenziale a velocità di curvatura, perchè dire che sono leggermente in ritardo è come dire che il mare è un po' umido.
Il mio piede destro ha bisogno della colonna sonora giusta per poter pigiare l'acceleratore oltre i limiti, così frugo tra i cd (dopo essermi fermata al distributore, eh... E sì, ho ancora dei cd) e trovo "Let go!" di Avril Lavigne.
Un cd che risale a quasi otto anni fa e che fu per un lunghissimo tempo il mio "cd da auto" preferito da quando, ai tempi in cui ancora fingevamo di essere amici, il mio ex salì nella mia auto e chiese "da quando ascolti questa merda?".
Quanti bei ricordi...
Lo scorso gennaio persi il mio adorato/odiato lavoro, come successe, secondo le statistiche, a circa il 30% dei lavoratori precari grazie alla riforma Fornero, ovvero alla sua interpretazione distorta.
In quei giorni, durante i quali ero impegnatissima tra avvocati, sindacati, esorcisti e macumbe per far capire al mio ex datore di lavoro che sarò stata anche precaria, ma che per mandarmi via non bastava che me lo dicesse a voce alla macchinetta del caffè, perchè serviva una lettera di licenziamento scritta, un amico che non sospettavo tale mi diede un foglietto con illustrate le fasi dell'elaborazione del lutto. Mi disse "penso che ti possa essere d'aiuto per sapere che cosa dovrai affrontare nei prossimi mesi".
Secondo quel foglietto,
il lutto è uno stato emotivo inevitabile e necessario che segue la morte di una persona cara, ma anche l'allontanamento dai propri luoghi familiari, la fine di un impegno importante o di un lavoro, la fine di una possibilità di cambiamento, la perdita del proprio ruolo sociale, un fallimento personale o lavorativo, eccetera.Di sicuro mi riconoscevo alle voci "perdita dei luoghi familiari", "fine di un lavoro", ma soprattutto "fallimento".
Le fasi di questo stato emotivo sono:
1. Negazione della realtà e isolamento.Elaborare un lutto richiede fino a 24 mesi di tempo, mica pizza e fichi.
2. Rabbia.
3. Auto recriminazioni.
4. Depressione.
5. Accettazione.
A febbraio ero in piena fase 2, ovvero in[@##@t@ come una biscia col mondo, con il ministro Fornero, con il mio ex capo, con il Sistema (stile punkabbestia in[@##°s°). Se avessi potuto sfogarmi con tutti quanti come con un gigantesco sacco da boxe l'avrei fatto.
Arrivò la fase 4 il giorno in cui a momenti lessavo il mio pesce rosso e uno stupido virus si mangiò il manoscritto del mio nuovo romanzo. Chi mi ha aiutato a recuperare quel file (grazie ancora!) sa che navigavo a vista in un mare di lacrime.
Poi fortuna volle che trovassi un favoloso lavoro (sulla carta), con tutti i benefits e i privilegi che avevo sempre sognato.
L'elaborazione del lutto si bloccò (ma chissene del lutto) e trascorsi un mese fantastico, come se fossi improvvisamente tornata alle superiori e quelle fossero le vacanze estive, in attesa di iniziare il Nuovo Fantastico Lavoro.
Iniziai il nuovo lavoro a marzo e mi fu subito chiaro di aver avuto la fortuna di imbattermi in un Imprenditore Medio del Florido Nord Est, ovvero quello che qundo un trattore non funziona lo prende a calci e gli prudono le mani perchè una stupida legge sui diritti umani non gli permette di fare altrettanto con i lavoratori.
Incontrare uno di questi esemplari può essere psicologicamente devastante. Generalmente capiscono poco o niente di ciò di cui si sta parlando e credono che le urla e le umiliazioni siano l'unico modo per far comprendere agli altri che loro hanno ragione. A che proposito? Su tutto. Sul lavoro, sul senso della vita, sui massimi sistemi.
Dopo due lunghissimi mesi di urla, scene che non vi sto neanche a raccontare perchè se non le avete vissute mi prendereste per idiota, la mia asma ai massimi storici, chiazze viola su tutto il corpo e un herpes sulla faccia che da due mesi non riesco a debellare, ho gettato la spugna. Come mio solito l'ho modestamente fatto con un certo stile, guadagnandomi "brava!", "fatto bene", "mandiamoli tutti a [@g@r€!" da più parti.
Così ora siamo qui, il mio Amico Lutto ed io.
Ci siamo persi di vista e adesso che me lo ritrovo non ricordo più nemmeno a che punto eravamo rimasti: rabbia? Depressione? Di sicuro siamo lontani anni luce dall'accettazione: accettazione "de che"?
Solo che adesso che potrei avere del tempo per elaborarlo e mandarlo a casa, mi ritrovo a chiuderlo in un cassetto del comò mentre sono impegnata a fare altro, come facevano i contadini coi neonati quando dovevano lasciarli soli per andare a lavorare i campi. Il mio impegno si chiama "cercare un nuovo lavoro e non pesare sulle spalle di FF".
Sinceramente non mi posso permettere il lusso di elaborarlo.
Così, mentre Avril Lavigne canta "and I know I'm not ready, maybe tomorrow" realizzo che elaborare il lutto è una faccenda da ricchi.
Chissà per quanto potrò tenere il mio lutto nel freezer.
Forse potrei venderlo a Real Time per una nuova serie: "io e il mio lutto".
La Redazione