Quando in Africa, manca la luce elettrica (e, purtroppo, ancora oggi, capita sovente), di sera, prima di andare a nanna, che tu sia su di una stuoia o in un letto comodo con tanto di zanzariera, si trascorre un po’ di tempo raccontandosi storie.
Proprio come accadeva nelle nostre case molto prima dell’arrivo della televisione.
E succede ed è accaduto anche a Makambako (Tanzania),dove Anja, la mia amica fotografa, è stata di recente per un servizio fotografico.
Prima di dare inizio alla narrazione (la mia amica ha il pregio o il difetto di essere una grande chiacchierona), Anja, però, mi avverte.
Guarda- mi dice- che questa storiella africana potrebbe essere un po’ simile a quella di Moravia, che tu già conosci, che narra della trasformazione dell’ agile unicorno nel mastodontico rinoceronte. Ossia, come dire, quando il rimedio diviene peggiore del male.
Certi scrittori- aggiunge la mia amica- saccheggiano a mano bassa le tradizioni africane.
E- precisa - non si sono mai fatti in passato e non si fanno problemi neanche oggi. Pertanto mettilo sempre in conto, quando leggi o ascolti le loro storie d’Africa.
Ma, adesso, andiamo al racconto.
Alle origini del mondo creato l’elefantessa, il cui corpo era ,da subito e vistosamente, di una mole ingombrante e che non poteva partorire che un solo figlio alla volta, a differenza degli altri animali, pensò bene di recarsi dall’Onnipotente per dare sfogo alla sua protesta e ottenere, in cambio, magari, il desiderato.
Detto, fatto.
L’Onnipotente la ricette con gentilezza e ascoltò con serietà e con grande pazienza l’elefantessa.
E, poi, terminata l’esposizione della causa, le disse di andare via, invitandola a trascorrere la notte, che era ormai piuttosto imminente, nella savana.
L’elefantessa ubbidì e, gironzolando tra l’erbe alte della savana, cercò assolutamente quelle più morbide su cui sdraiarsi.
Era, infatti, una “comodosa”
Ma gira e rigira, in lungo e in largo, non si era accorta per niente di avere calpestato un intero raccolto di mais.
L’indomani mattina però, i servitori dell’Onnipotente si presentarono dal loro padrone e protestarono furiosi, lamentando la distruzione del lavoro di una faticosa stagione.
E l’Onnipotente, allora, fece richiamare l’elefantessa e le disse :”Ci pensi, amica mia, cosa potrebbe accadere ai contadini se anche tu, come la leonessa, la iena o il ghepardo o altri animali, mettessi al mondo in contemporanea più cuccioli?”.
E ancora: ”I miei servitori mi hanno riferito del disastro che hai prodotto. Perciò accontentati di essere quello che sei e stai serena. E prima di ogni protesta, rifletti. Bisogna sapersi accettare per quello che si è. E, soprattutto, nient’affatto essere scontenti, o peggio, tristi”.
L’elefantessa, compreso il messaggio,senza battere ciglio, fece ritorno alla sua esistenza di sempre e, d’ allora in poi, non ebbe mai più a lamentarsi.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)