L’embargo petrolifero UE all’Iran: ora il perno è la Cina

Creato il 04 febbraio 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Quando le 27 nazioni dell’Unione Europea hanno deciso di stabilire un embargo petrolifero contro l’Iran, in vigore a partire dal 1° luglio 2012, non hanno per niente immaginato che il successo o il fallimento della loro mossa dipenderà in gran parte dall’atteggiamento assunto dalla Cina. E’ del tutto possibile che l’UE, sofferente di una grave crisi economica, abbia preso questo enorme rischio nella speranza che tale azione possa indurre l’Iran a sedersi al tavolo delle trattative per discutere le sue ambizioni nucleari, e più ottimisticamente a rinunciare all’effettiva produzione di armi nucleari. Resta da vedere se il rifiuto di acquistare petrolio iraniano, come previsto dall’embargo dell’Unione Europea, indurrà effettivamente l’Iran a cambiare politica o stimolerà un cambio di regime come fiduciosamente sperato dall’Occidente. Gli iraniani non hanno probabilmente dimenticato che il governo democraticamente eletto di Mossadeq fu rovesciato dagli Stati Uniti e dal Regno Unito mediante un colpo di stato sponsorizzato dalla CIA (Operazione Ajax), il quale portò all’insediamento dello Scià.

E’ davvero una strana ironia il primo ad incoraggiare lo Scià nelle ambizioni nucleari iraniane sia stato proprio l’Occidente. Nell’ambito del programma statunitense “Atomi per la pace”, nel 1967 fu permesso allo Scià di acquistare un reattore di ricerca ad acqua leggera da 5-MW; paradossalmente l’impianto nucleare di Bushehr non è stato costruito dai russi, ma dalla Siemens! Non c’erano proteste dunque da parte delle potenze occidentali, dal momento che lo Scià era considerato “il nostro uomo” ed era eufemisticamente definito come “il custode del Golfo”. Quando l’Ayatollah Khomeini assunse il potere dopo il rovesciamento dello Scià e modellò la nuova Repubblica iraniana, ordinò in realtà la chiusura delle installazioni nucleari iraniane, definendole “opera del diavolo”. C’è voluta l’invasione, incoraggiata dall’Occidente, operata dall’allora “amico” Saddam Hussein perché gli iraniani si rendessero conto che, se fossero sopravvisuti al suo assalto, avrebbero dovuto dotarsi anche loro di armi di distruzione di massa. Avevano visto lo scempio e la totale devastazione causate dalle armi chimiche occidentali in dotazione a Saddam. E’ stata infatti una lezione molto dolorosa.

L’Unione Europea importa approssimativamente il 25% del totale delle esportazioni di petrolio iraniane. All’interno dell’UE i tre maggiori importatori sono l’Italia, la Spagna e la Grecia, tutti e tre con economie molto fragili. E’ interessante che la data da cui la decisione dell’UE diventerà effettiva è il 1° luglio 2012, nella speranza che da allora la situazione in Libia si stabilizzi così da compensare adeguatamente la perdita delle forniture iraniane. Se l’UE si rifiutasse di acquistare ulteriormente il petrolio iraniano, come è stato annunciato a partire dal 1° luglio di quest’anno, l’alternativa per l’Iran sarà deviare tale surplus ai principali paesi asiatici importatori di petrolio. In Asia ci sono quattro principali paesi consumatori di petrolio, a cominciare dalla Cina che importa circa il 22% di greggio iraniano, seguita dal Giappone con il 14%, l’India con circa il 12% e la Corea del Sud con circa il 10%. Dei quattro, sia il Giappone sia la Corea del Sud potrebbero essere inclini a seguire la linea occidentale a causa dei loro stretti legami economici e di sicurezza con gli Stati Uniti, anche se finora hanno evitato di prendere qualsiasi impegno. L’India considera la situazione molto delicata e sta cercando una via intermedia, nella speranza di non turbare nessuna delle due parti, e ha fortemente sollecitato una soluzione diplomatica temendo che qualsiasi fiammata porterebbe i prezzi del greggio alle stelle con conseguenti effetti negativi per la propria economia. Ci sono alcune notizie, tuttavia, secondo le quali l’India potrebbe concludere un accordo per cui il pagamento di greggio iraniano potrebbe probabilmente avvenire in rupie e parzialmente in oro. Si fanno il nome di due banche a tale proposito: l’indiana UCO e la turca Halk Bankasi.

A qualsiasi osservatore è ovvio quindi che i cinesi hanno la possibilità di far pendere la bilancia da una parte o dall’altra. Dal momento che la domanda cinese è enorme, si trova anche nella posizione d’influenzare il mercato borsistico del petrolio. Ci sono notizie secondo le quali i funzionari del gigante petrolifero SINOPEC starebbero già negoziando ulteriori cospiscui sconti per le future importazioni di petrolio con i funzionari della Compagnia Petrolifera Nazionale Iraniana (INOC). Apparentemente lo scopo è quello di acquistare petrolio iraniano a buon mercato, in modo da accumulare robuste riserve strategiche. Due società cinesi, SINOPEC e China National Petroleum Co., dispongono di munifici contratti d’esplorazione con l’Iran per lo sviluppo dei giacimenti petroliferi di Yadavaran e South Pars. Dunque l’interesse cinese in Iran è notevole.

Tuttavia i cinesi dovranno bilanciare il loro rapporto energetico con l’Iran con l’interesse a mantenere un solido rapporto di collaborazione con gli Stati Uniti. La decisione dell’UE di per sé ha poco significato per i cinesi, poiché i paesi dell’UE, singolarmente o collettivamente, non sono nella posizione di poter influenzare i cinesi. E’ il rapporto con gli Stati Uniti che preoccupa i cinesi. Gli Stati Uniti hanno recentemente varato il Comprehensive Iran Sanctions, Accountability and Divestment Act 2010, che autorizza il governo statunitense a prevenire che qualsiasi azienda in commercio con l’Iran riceva le licenze d’esportazione statunitense o prenda in prestito più di 10 milioni di dollari da una banca statunitense. Una società cinese, la Zuhai Zhenrong, è stata sanzionata per il commercio di petrolio con l’Iran. Allo stesso modo, gli Stati Uniti hanno varato il National Defence Authorization Act 2012 che autorizza l’Amministrazione a sanzionare qualsiasi società che tratti con la Banca centrale iraniana. E’ attraverso la Banca Centrale che sono finalizzati tutti gli accordi. Se gli Stati Uniti riescono a convincere i cinesi ad allinearsi alla linea occidentale, l’Iran avrà i giorni contati.

D’altra parte, se la Cina decidesse di mantenere intatto il suo rapporto con gli iraniani, nonostante le pressioni statunitensi, è in grado di farlo. Tutto ciò che deve fare è acquisire petrolio iraniano compensandolo con la fornitura di beni di consumo primari dalla Cina all’Iran, regolando i conti con lo Yuan cinese. Sarebbe perfettamente accettabile per gli iraniani, e ci sarebbe poco da fare per l’Occidente. Ci sono notizie secondo le quali sarebbero in corso trattative tra Iran e Cina. In questo caso la manovra dell’UE volta a diminuire l’acquisto di petrolio iraniano per constringere l’Iran a sedersi al tavolo dei negoziati sulla questione nucleare sarebbe un profondo insuccesso. E se l’India dovesse unirsi ai cinesi, sarebbe una brutta sorpresa per i rappresentanti politici occidentali. Pertanto, comunque la si guardi, i cinesi rimangono la chiave dell’intera questione.

(Traduzione di Francesco Brunello Zanitti)


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