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L'emozione di Ken Parker

Creato il 12 aprile 2014 da Chemako @chemako71
L'emozione di Ken Parker

Potrà forse sembrare un po' ridicolo emozionarsi per l'acquisto di un fumetto. Ma è stato questo lo stato d'animo che ho provato quando son entrato stamattina nella mia edicola di fiducia. Un'emozione ricevere nelle proprie mani il primo numero dell'edizione Mondadori delle avventure di Ken Parker. Un'emozione rimanere sorpresi dal grande formato che fino ad allora non ci si era riusciti ad immaginare. Un'emozione scartare il cellofan e apprezzare la copertina al tatto, quasi accarezzandola. Un'emozione rivedere il nome del proprio fumetto preferito, valorizzato da un bellissimo logo, campeggiare sul disegno che ornava la copertina di quel mitico numero uno che uscì nel giugno del 1977. Allora fu Sergio Bonelli a decidere che quella storia unica, scritta tre anni prima da Giancarlo Berardi e disegnata da Ivo Milazzo, aveva tutti i numeri per diventare una serie mensile.

Dopo quarant'anni Ken rivive nella sua edizione definitiva. La cura che gli autori e l'editore hanno profuso in questo nuovo progetto si vede chiaramente sfogliando questo primo volume, disponibile nelle edicole, nelle fumetterie e nelle librerie. La carta è di alta qualità e, insieme al formato di 21x26 cm, valorizza molto il disegno e rende molto più accattivante la lettura dei primi due episodi proposti. Nelle prime pagine sono ospitati un redazionale di Luca Raffaelli e alcuni interventi degli autori. Ma ho apprezzato molto la scelta di inserire subito a pagina tre e quattro una grande foto in bianco e nero dei primi del '900, raffigurante un indiano delle badlands a cavallo, che Ivo Milazzo commenta con tono amaro. L'immagine ispira allo stesso tempo fierezza e malinconia. Restituisce la consapevolezza della fine di un'epoca, il Far West, che, al di là della retorica tramandata da un certo cinema e da una certa letteratura, ha visto la sconfitta sul campo di un popolo, ma non la sua sottomissione. Questa immagine, unita alla quarta di copertina, dove campeggia la frase che il capo Cheyenne Mandan pronuncia nell'ultima tavola di Lungo Fucile, dà il senso di cosa sia Ken Parker:
"Ho impugnato il fucile per tutta la vita, eppure il mio popolo è stato distrutto, la mia sposa torturata a morte... Se mio figlio vivrà, dovrà trovare un altro modo di combattere..."
Al lettore che si accosta per la prima volta, questi segni suggeriscono di avere fra le mani un fumetto diverso. Unico, aggiungo io. Moderno oggi come quarant'anni fa. Perché, come ribadisce Berardi nella sua introduzione a pagina dieci, che riprende le parole della prefazione dell'albo del giugno 1977:
"Il West è solo una convenzione che, attraverso la metafora del passato, ci parla del presente" 
Forse il motivo di maggior felicità per questa riedizione delle storie di Ken non è il fatto di sapere che la sua umana avventura si concluderà, dopo cinquanta volumi settimanali, con un episodio inedito, che tutti i vecchi lettori di Ken aspettano da più di quindici anni. No, il motivo è un altro. Son contento perché ci saranno dei nuovi lettori che, grazie alla capillare distribuzione e alla curata veste editoriale, potranno appassionarsi ad un personaggio di carta che non è un supereroe, ma un uomo che vive cercando di seguire al meglio i propri principi. Uno che sbaglia come tutti noi e che poi corregge il tiro. Dopo pochi albi, i nuovi lettori proveranno la sensazione di aver incontrato un amico, dal quale non vorranno più separarsi.
L'emozione di Ken Parker

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