Berggasse - Vienna
Nel febbraio del 1910, Sergej Costantinovich Pankëev, un giovane e aristocratico russo, si trova in via Berggasse davanti a un portone. È accompagnato da un domestico e da un medico, essendo incapace di fare qualsiasi cosa, persino vestirsi. Il giovane russo ha appena compiuto ventitré anni, essendo nato nella notte di Natale del 1886, ma è affetto da una grave nevrosi che gli impedisce di risolvere i più semplici problemi della vita. A diciotto anni la sua salute ha subito un tracollo, dopo un’infezione di gonorrea. Nel 1906 sua sorella Anna, di due anni più grande, era morta suicida, e l’anno dopo alla stessa andò incontro il padre, affetto da tempo da una acuta forma di depressione. Ha consultato celebri psichiatri, quali Ziehen e Kraepelin, ma senza esiti. È stato ricoverato in diversi sanatori. La sua diagnosi che è stata fatta sul suo caso è che si tratti di una psicosi maniaco depressiva dovuta a qualche lesione organica.Sergej con la mogli nel 1910
Dopo un viaggio in Svizzera nel tentativo di trovare un rimedio al suo stato di salute, al ritorno la comitiva si fermò a Vienna. Qui sentirono parlare di Sigmund Freud e del suo rivoluzionario metodo di cura basato sulla parola. In pratica, i pazienti del professor Freud, anziché essere curati con farmaci o sottoponendoli a trattamenti quali l’elettroterapia o la idroterapia, pare che siano guariti con la semplice parola: Freud invita i suoi pazienti a dire tutto ciò che viene loro in mente, di vincere gli scrupoli, e di non pensare mai che qualcosa possa non avere interesse o rapporto con il caso. Freud ha scoperto questo metodo terapeutico grazie alla collaborazione con il dottore Joseph Breuer. Si tratta di riuscire a far evocare ai pazienti, tramite il metodo delle libere associazioni, gli eventi che sono all’origine dei ricordi patogeni. Il malato si libera di questi ricordi traumatici attraverso una scarica emozionale (abreazione) che porta con sé la catarsi. Nell’anno in cui Sergej si presenta nel suo studio viennese, Freud è ormai quasi una celebrità a livello internazionale. L’isolamento al quale la sua teoria psicoanalitica lo aveva condannato è un ricordo del passato. Anche se le sue idee a Vienna fanno ancora discutere, esse cominciano ad essere accettate e riconosciute all’estero. Nel 1906 i suoi cinquant’anni vengono festeggiati da un gruppetto di amici e discepoli viennesi. Per il suo compleanno, gli allievi regalano a Freud una medaglia incisa dallo scultore Schwerdner con il suo profilo su una faccia e sull’altra un’immagine di Edipo e un verso di Sofocle: “…mirate lui che sapeva gli enigmi famosi, il più grande tra gli uomini”. Ora, Sergej aveva intrapreso la cura con Freud proprio perché sciogliesse gli enigmi che da un tempo segnavano la sua esistenza. Anche se Freud intuisce di trovarsi davanti a un giovane di “ineccepibile intelligenza”, non può certamente immaginare che il suo sarebbe diventato il caso più celebre e discusso negli annali della storia della psicoanalisi. Per sei psicanalisti si occuperanno della sua malattia. Il primo trattamento con Freud durò ben quattro anni. I materiali di questo primo trattamento servirono a Freud a scrivere e a pubblicare nel 1918 il resoconto di questo caso: “Il caso dell’uomo dei lupi. Dalla storia di una nevrosi ossessiva”. Freud presenta il caso come felicemente risolto. Effettivamente, dopo il trattamento durato ben quattro anni, Sergej sembrava completamente ristabilito dal punto di vista mentale. La rivoluzione bolscevica gli fece perdere l’immensa fortuna di cui disponeva facendolo precipitare nella più nera miseria. Nel 1919 fece ritorno a Vienna e intrapresa una nuova cura con Freud, gratuitamente, durata quattro mesi. Nel 1926, ebbe una grave ricaduta, e abbisognò di un nuovo trattamento. Questa volta Freud lo affidò a una sua allieva, Ruth Mack Brunswick, la quale, sostanzialmente, conferma la diagnosi del Maestro. In seguito, del caso si sono occupati Muriel Gardiner e K. R. Eissler. Infine, Sergej fu intervistato dalla giornalista Karin Obholer. Dalla bibliografia qui allegata possiamo notare come i più eminenti psicoanalisti si siano occupati di questo caso. Perciò, non a torto, è stato scritto che questo ex paziente di Freud «è stato elevato allo statuto di monumento storico della fondazione della psicoanalisi» (Monique Schneider). L’unica cosa che per adesso posso affermare è che, nonostante tutti questi trattamenti, l’Uomo dei Lupi non è mai guarito completamente delle sue ossessioni.