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Nei pressi dell'antica chiesetta bizantina di San Mauro sulla Serra dell'Altolido, non lontano da Gallipoli, lungo la litoranea Gallipoli-Santa Maria al Bagno, a circa 70m di altezza sul livello del mare, ed in territorio del Comune di Sannicola, si osserva, sul costone roccioso della chiesetta che degrada verso il mare, poche decine o centinaia di metri, grossomodo a Nord, di questa, e più o meno alla stessa quota, una singolare distesa rocciosa, quasi in una sorta di largo alto vallone sempre nel versante del costone roccioso che guarda e degrada verso il mare, il Golfo di Taranto, (mare poco distante e che domina tutto il bel panorama che lì si gode). In questo enigmatico campo, a pochi metri l'uno dall'altro, si elevano cumuli di spietramento a centinaia; alcuni cumuliformi, altri a forma di muraglioni spessi, ma non troppo alti (non più di 2m i più alti, e di variabili altezze, da pochi decimetri in su), né troppo lunghi (da alcuni decimetri ad alcuni metri). Il materiale lapideo adoperato è di provenienza geologica locale, (in situ). Un lavoro palesemente di origine antropica impressionante. Nel dicembre 2008, conoscendo i miei poliedrici interessi, il sito mi fu segnalato, e li ringrazio pubblicamente per questo, dagli amici esploratori e ricercatori di "Avanguardie", che nelle loro escursioni si erano imbattuti nell’enigmatico singolare campo. A prima vista, la misteriosa area punteggiata in ogni dove ed in ogni direzione dai cumuli, area di dimensioni considerevoli, sembra una distesa di piccole "specchie", ma è improbabile che si tratti di cumuli coprenti tumuli dolmenici o tombe; qualche tomba o cista dolmenica scoperchiata dal tempo la si sarebbe dovuta poter osservare, invece nulla di tutto ciò, almeno in quell’unico sopralluogo che feci nel dicembre 2008. Ad una prima analisi non si può escludere che i cumuli più grandi possano essere piccole specchie dolmeniche più arcaiche e preesistenti. Ma alcuni cumuli di pietre son troppo piccoli per cui si deve escludere, credo, che il complesso litico, complessivo, così come oggi appare, di Serra dell'Alto in località San Mauro, sia legato a funzioni religiose, funerarie, o comunque rituali. Ad una prima analisi non si rileva neppure alcuna particolare geometria nel posizionamento dei cumuli, che creano un intrico senza direzioni, casuale e fitto. Forse, ma solo forse, sorgono come per ogni ben progettata azione di spietramento, sulle isole di roccia affiorante, per lasciare spazio all'agricoltura nelle zone di terra, di suolo vegetale; è ben noto come i contadini salentini, ancora alcune decine di anni or sono, coltivassero ogni conchetta di terra sui "cuti", le rocce affioranti, come sono chiamate in vernacolo salentino, almeno nella zona di Maglie! Nello spietramento ad uso agricoli dei terreni, preferenzialmente, si depositavano le pietre raccolte su zone di roccia affiorane, quando non le si usava per muretti di separazione o terrazzamento, fondamenta o costruzioni varie. Dei cumuli lì presenti, alcuni sono in rovina, in altri ancora si nota la giustapposizione delle pietre tali da creare pareti regolari, sebbene scabrose, data la natura delle rocce calcaree locali usate e non squadrate, a superfici vive e complessivamente informi. Tra i cumuli è comunque possibile passare a piedi, e vi si notano strati di suoli vegetali, o semplici conche piene di tale suolo, sul banco roccioso calcareo della collina, che affiora un po' più ovunque con irregolarità. Si tratta di una distesa dalle suggestioni megalitiche che riempie di interrogativi. Nella formulazione di ipotesi interpretative iniziali, subito ho formulato quella di una struttura per l' "aridocoltura". Forse, ma non necessariamente solo, per un vigneto! La prospicienza al mare, i venti umidi che da ovest, sud-ovest ed in parte anche da nord-ovest, possono risalire quel versante della serra, ed incanalarsi in quel dolce vallone sopraelevato, la capacità dei cumuli, “paretoni”, e muretti, di pietre calcaree informi e a secco, di condensare l'umidità, la suggestione di un adiacente centro religioso di influenza greco-bizantina, mi hanno fatto ipotizzare subito una spiegazione agricola del complesso. Inoltre, la disposizione irregolare dei cumuli costringe il vento a percorsi tortuosi in cui perde energia, e forse con più facilità ciò favorisce processi di condensazione dell'umidità trasportata, oltre alla normale azione di condensazione dell’umidità, con adsorbimento sulle rocce dei cumuli. Il frenare l'azione del vento, proteggeva poi meglio le eventuali colture lì praticate; non sono rari nel Salento, ancora oggi, specie proprio lungo la costa ma non solo, i cerchi di muri di pietre a secco costruiti a protezione dal vento, (e forse anche con l'intento irriguo di captazione dell'umidità atmosferica), di alberi domestici di molteplici specie! L'acqua condensata sulle mille superfici delle rocce a secco, percolava dunque al suolo per gravità, dove irrigava le radici delle piante coltivate nelle adiacenze dei cumuli stessi. Non ricordo se vi ho visto lì della vite inselvatichitasi, segno forse di un'antica coltivazione a vite della zona, ma appena vi ritorno vi farò caso maggiormente.
Resta in ogni caso il mistero della struttura descritta, che nella più semplice delle ipotesi potrebbe essere solo frutto di una semplice azione di spietramento per liberare terreno per l'agricoltura, che in tal caso, forse allora come solo effetto imprevisto, (o previsto, magari su suggerimento dei monaci-agricoltori di rito greco, i basiliani che ebbero un monastero nei pressi della vicina chiesetta, o per una ben più arcaica e radicata esperienza-conoscenza locale), ha permesso di meglio irrigare e fare vegetare le piante lì coltivate, in un luogo, di per sé, arido e molto roccioso!
L’occasione e lo stimolo per questo scritto di segnalazione mi sono stati dati dal testo divulgato dal Centro Studi Agronomici del dott. Antonio Bruno, dal titolo “Ti faccio l'acqua dall'aria del Salento leccese” che si può leggere, ed invito a farlo anche per approfondimento di quanto sopra riportato e sul tema dell’aridocoltura salentina, al link: http://centrostudiagronomi.blogspot.com/2010/06/ti-faccio-lacqua-dallaria-del-salento.html
Ringraziando, come sempre, il dott. Antonio Bruno per i suoi bellissimi scritti che ci aprono la mente e stimolano la nostra curiosità, apportandovi tante nozioni importanti che rischiavamo di perdere per sempre, relative alla nostra cultura salentina, chiedo a tutti gli esperti di aridocoltura mediante strutture condensatrici a pietre a secco, che scopro con vivida sorpresa ed entusiasmo, essere attivi ancor oggi anche ad Ugento, nella riproposizione di queste arcaiche tecnologie, di visitare il sito archeologico che ho segnalato, per una valutazione, certamente più attenta, dell'ipotesi qui umilmente formulata!
Oreste Caroppo
Nella foto di Serra dell'Alto in località San Mauro, la chiesa di San Mauro si osserva in alto, sul rilievo collinare. Il vallone alto costellato di cumuli di pietre a secco, è quello che si intravvede in foto, al centro in fondo, tra la chiesetta a destra, e l’albero alloctono di eucalipto sulla sinistra, alla stessa quota o poco più in basso della chiesetta. La foto è di Oreste Caroppo ed è stata scattata il 13 agosto del 2007, verso le ore 15.
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