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L’epifania di un mattino

Creato il 02 marzo 2012 da Andreapomella

L’epifania di un mattinoL’ho visto camminare al mattino presto, quando le stelle sono ancora luminose, alla fine dell’inverno, lungo la strada ghiacciata, stringersi le braccia al petto perché aveva freddo, poi fermarsi a guardare l’enorme croce in ottone che sovrasta la facciata della chiesa. Era nero, di quel nero infinito e lancinante di certi popoli dell’Africa profonda, e osservava con gli occhi sbarrati tutta questa parte di città insignificante. Indossava una giacca da donna col collo di pelliccia, era così ridicola quella giacca addosso a lui che sarà stato alto due metri. Ma il suo corpo in qualche modo non sembrava consapevole del fatto che indossasse un capo d’abbigliamento da donna, il suo corpo doveva solo difendersi da tutto quel gelo e magari scovare qualcosa da mangiare. Gli è corso incontro un ragazzino all’improvviso, gli ha chiesto un’informazione, credo. Lui lo ha guardato come si guarda un prodigio. Dice quattro parole in tutto d’italiano, e con quelle ha cercato di farsi capire. Ma il ragazzino ha scosso la testa, però era già qualcosa che un ragazzino bianco gli concedesse una simile fiducia, pensare – voglio dire – che lui, alto e nero e con una giacca da donna, potesse indicargli la strada in un quartiere deturpato d’occidente. È risalito poi senza vita lungo il marciapiede, fino al semaforo. Lì si è fermato. L’ho visto sedersi in un angolo, sull’asfalto, fare il fumo dalla bocca col fiato. Ripartire da lì, deve aver pensato, in tutta quella vasta disperazione, in quella stanchezza che gli è piombata addosso all’improvviso come un sacco di sabbia, ripartire dall’informazione che gli ha chiesto il ragazzino, dall’epifania di un mattino.


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