Nel mazzo dei 22 Arcani Maggiori il sistema di analogia astro-tarologica dei Tarocchi Aurei vede assegnato il segno dell’Ariete al primo Tarocco, chiamato il Mago o il Bagatto, che per molti aspetti rappresenta l’inizio, il principio, la forza creatrice dell’Elemento Fuoco.
La prima carta dà inizio al mazzo degli Arcani così come il primo segno zodiacale dà inizio all’anno astrologico. È così che l’uomo manifesta la sua volontà di creare il cosmo, di instaurare l’ordine meccanico dei moti celesti, di iniziare il suo percorso evolutivo ciclico.
Nel primo Arcano Maggiore dei Tarocchi della Spirale Mistica, che ho sceneggiato per i disegni e i colori di Giuseppe Palumbo, il Mago è impersonato da un giovane uomo che alza al cielo con autorevolezza il Caduceo di Hermes: la verga con due serpenti attorcigliati. Questo simbolo rappresenta in qualche modo la bacchetta magica di tante fiabe e miti antichi e esprime tutta la volontà, il desiderio di agire, l’energia vitale del giovane deciso a mostrare il suo fuoco interiore. L’abito rosso (simbolo dello Spirito) e blu (emblema della Materia) di alcuni mazzi tradizionali è qui sostituito da una tunica bianca che esprime la purezza dell’iniziato; ma i colori della tradizione sono comunque presenti.
Il blu della Materia è sul tavolo dove sono significativamente mostrati i sette glifi dei pianeti dell’antica astrologia, gli unici che sono visibili ad occhio nudo, compresi i luminari, gli stessi che danno il nome ai giorni dell’arcaica e mai variata settimana: Sole, Luna, Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Sul tavolo blu sono poggiati i quattro oggetti simbolo degli Elementi: la pietra cristallina per la Terra, la coppa per l’Acqua, la spada per l’Aria e il bastone-lancia per il Fuoco. Questi rappresentano anche i quattro semi degli Arcani Minori, Denari, Coppe, Spade e Bastoni, strumenti di conoscenza e di azione del giovane Mago.
Il colore rosso invece pervade e domina tutta la scena avvolgendo con i tendaggi lo stesso personaggio, e assumendo qui in particolare il ruolo dell’energia della mente umana che si irradia nel campo psi, ovvero nel mondo astrale o eterico, coinvolgendo attivamente le sostanze del mondo materiale presenti anche nelle loro sette differenti frequenze vibrazionali.
La forza creatrice potenziale trova quindi nella iniziale volontà cerebrale la spinta a manifestarsi nelle forme della sua stessa creazione. La stessa energia primordiale così si manifestò nell’Uovo Cosmico: l’Uno che tutto conteneva in nuce dopo averlo racchiuso e concentrato dal caos che lo precedette.
Così come nell’uovo è presente in potenza la creatura che ne uscirà, nel pensiero è già vivente l’azione che lo seguirà. Nello stessa immagine dell’uovo che si rompe sotto l’azione dell’appuntito becco del pulcino e la pressione della sua testa c’è tutta la forza dell’Ariete e della Primavera che deve dare inizio alla rinascita della natura dopo il lungo letargo invernale.
In questa lama è presente l’archetipo dell’Uno-Tutto, l’uovo-universo che contiene la pluralità di tutti i mondi possibili, la monade dalle infinite possibilità e dalle molteplici manifestazioni, il principio del Fuoco, il rosso dinamico della natura creatrice e creativa.
Mentre scrivo questo articolo, il mio sguardo si posa sul calendario, e non posso fare a meno di pensare che oggi (non casualmente) è proprio il 17 febbraio e ricorre l’anniversario del rogo del 1600 in Campo dei Fiori a Roma, dove il grande pensatore Giordano Bruno terminò la sua incarnazione. L’Uno, il Tutto, la pluralità dei mondi erano idee chiare a Bruno già nel XVI secolo, e sono solo oggi sempre più accettate dalla fisica quantistica e dagli scienziati più all’avanguardia, mentre allora sembravano solo superstiziosi retaggi della oscura magia del Medio Evo. Chi un tempo era detto “Mago”, oggi forse sarebbe semplicemente considerato un uomo di scienza, ma in ogni caso era ed è un esponente delle avanguardie del pensiero e della ricerca. Il Fuoco fu la scintilla che illuminò la mente di Bruno accendendolo di eroici furori, e sempre il Fuoco pose fine alla sua esistenza. Lo stesso Fuoco che si riconosce nella natura del segno dell’equinoziale Ariete e nel colore rosso che domina nel primo Tarocco.
Nel sollevare il braccio sinistro verso l’alto e nell’abbassare il destro, il Mago dei Tarocchi non solo ricorda il citato detto ermetico, ma prende anche la forma, con il suo stesso corpo, della prima lettera dell’alfabeto ebraico: ‘Aleph (א).Nel 1855 Eliphas Levi, con il suo Dogma e rituale dell’Alta Magia, fu il primo a mettere in relazione i 22 Arcani Maggiori dei Tarocchi con le 22 lettere dell’alfabeto ebraico: queste 22 cosiddette “Chiavi Maggiori” furono così usate anche nelle interpretazioni cabalistiche dell’esoterismo francese del XIX secolo.
Tali antiche lettere, derivate a loro volta dai più antichi alfabeti nordsemitici, in origine non avevano soltanto significati fonetici, ma erano dei veri e propri geroglifici. In particolare la lettera ‘Aleph nella sua prima versione aveva la stilizzata forma di una testa di animale e, con tale significato, si poneva a buon diritto all’inizio della serie, così come l’Ariete simbolicamente ancora apre la ciclica sequenza zodiacale.
La bacchetta magica del Mago, come si è detto, è in realtà il Caduceo di Hermes-Mercurio, un emblema che in primo luogo caratterizza il personaggio richiamando la filososofia greco-alessandrina, l’alchimia e le conoscenze racchiuse nel Corpus Hermeticum, e che intende mostrare come dall’iniziale monade possa derivare la duplicità cosmica rappresentata dalla coppia di serpenti che si attorcigliano e si affrontano in un eterno e irrisolto duello simbolico. Tali due opposti e complementari princìpi originano dall’Uno e si devono riconciliare armonicamente in un’ideale unità cosmica che dinamicamente si sublima nell’asse della bacchetta, ovvero idealmente nell’asse di rotazione della Terra, ovvero nella colonna vertebrale dell’Uomo-Cosmo.
Ed è proprio sull’Uomo che la prima lama degli Arcani Maggiori focalizza l’attenzione, in quanto prima manifestazione dell’intelligenza divina sul pianeta forgiata per dominare le altre creature: Adamo il Rosso. Il primo uomo è quindi un Mago, chiamato a essere il signore della natura, di cui egli stesso fa parte, e a metterne in ordine gli Elementi. Ma se davvero la bacchetta è l’emblema dell’asse cosmico, ecco che il Mago rappresenta effettivamente l’astronomico punto Gamma, in cui l’Equinozio di Primavera dà inizio al ciclo annuale delle stagioni. I due Equinozi si fronteggiano dunque simbolicamente come i due serpenti del Caduceo che si muovono a spirale intorno all’asse di rotazione terrestre.
Dall’Equinozio di Primavera inizia e procede la quatripartizione ciclica spazio-temporale delle stagioni che nel primo Tarocco è evidenziata dagli oggetti presenti sul tavolo del Mago e che richiamano gli Elementi della tradizione filosofica e alchemica nonché di quella astrologica. Il legno della lancia è l’emblema dell’Elemento Fuoco, la spada ricorda l’Aria, la coppa l’Acqua e la pietra la Terra. Come si è detto, essi sono naturalmente anche i simboli presenti negli Arcani Minori e nelle comuni carte da gioco: Bastoni, Spade, Coppe e Denari, convertiti poi nei rispettivi semi francesi Fiori, Picche, Cuori e Quadri.
Il Mago è parte essenziale della natura ma è chiamato anche a dominarne gli elementi con tutta l’abilità di cui è capace, talvolta dando spettacolo di questa sua arte e diventando un vero Bagatto.
In altri casi il Mago rappresenta invece soprattutto l’iniziato ai misteri della natura e ne segue i quattro imperativi attribuiti a Zoroastro: Sapere (Coppa-Acqua), Potere (Pietra-Terra), Osare (Lancia-Fuoco), Tacere (Spada-Aria).
Le straordinarie leggende dell’antica Irlanda parlano di questi quattro simboli come dei preziosi doni portati dai Tuatha Dé Danaan dal lontano arcipelago iperboreo. Dalla città di Finias portarono la lancia magica di Lug dal Lungo Braccio; da Gorias proveniva la sua Spada invincibile che altri videro proprietà di Nuadu Mano d’Argento; da Murias arrivò il Calderone di Dagda, che come un corno dell’abbondanza poteva sfamare moltitudini senza mai svuotarsi; l’ultimo tesoro dei figli di Danu fu portato da Falias nella forma di Lia Fail, la Pietra del Destino che risuonava di gioia sotto i piedi di un legittimo re. Questa mistica e divina eredità dei Druidi, dei maghi, degli stregoni, dei poeti e dei maestri di scienza trovò eco in innumerevoli miti di ogni epoca e luogo: dalla lancia di Longino che versò il sangue di Cristo sul Golgota al Sacro Graal che lo stesso sangue accolse; dalla preistorica pietra Stone of Scone che gli inglesi portarono da Tara a Westminster per le incoronazioni legittime alla mitica spada Excalibur dei miti arturiani; dalla Durlindana del paladino Orlando alla spada di Viviana, Signora del Lago.
I ciclici ritmi astronomici, fondamento dell’astrologia, furono secoli fa tradotti nei simboli dei Tarocchi e nei miti dei popoli che ne fecero leggenda e scienza; gli alchimisti vi riconobbero le leggi che regolano ancora il cosmo; i mistici vollero vederci le allegorie dei segreti della vita.
Giovanni Pelosini