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L’era della fede politica e delle rendite di posizione è finita. Anche dalle nostre parti

Creato il 03 giugno 2013 da Antonioriccipv @antonioricci

Si l’era della fede politica e delle rendite di posizione ed opposizione è finita.

Termina così il suo intervento Ilvo Diamanti su La Repubblica di oggi.

“È finita una lunga stagione politica, durata quasi settant’anni. Segnata da sentimenti di appartenenza e ostilità partigiana. E da grande stabilità elettorale. Quell’epoca pare alla fine, come l’Italia della continuità. Dal 1948 al 2008 ha presentato una mappa del voto coerente e con poche novità. Perché gli italiani, in fondo, votavano allo stesso modo, da un’elezione all’altra”.

Continua: “Quell’Italia non c’è più. Al suo posto, un Paese fluido. Dove le certezze politiche si sono sciolte, insieme a quelle di voto. In effetti, è successo tutto in fretta. Anche se l’incubazione è stata lunga e laboriosa. Però la grande glaciazione elettorale, infine, si è consumata. Disciolta. Quasi all’improvviso. Alle elezioni politiche dello scorso febbraio. Quando circa il 40% degli elettori ha votato diversamente rispetto alle precedenti elezioni politiche del 2008. Oppure non ha votato. (Oss. Elettorale LaPolis-Università di Urbino). Così è finita la Fede – politica. E si è logorato il voto “fedele”. Dato, magari, senza passione. Per abitudine o per ostilità verso gli altri. Si tratta di un mutamento profondo, destinato a durare. Perché la “prima volta” rende possibili altre (s)volte. Altre scelte, ogni volta diverse. Significa, cioè, aprirsi al cambiamento come regola”.

L'era della fede politica e delle rendite di posizione è finita. Anche dalle nostre parti

Anche a livello locale: le elezioni amministrative hanno amplificato questo nuovo orientamento. Perché il declino delle fedeltà tradizionali ha liberato gli elettori da vincoli di continuità, a ogni livello. Così, più ancora che in precedenti occasioni, sono divenuti determinanti motivi “specifici”. Legati all’offerta politica “locale”. Cioè: i candidati sindaci ma anche, e forse di più, i candidati consiglieri, presenti nelle liste. La capacità dei partiti di mobilitarsi sul territorio. E la ricerca delle – talora la caccia alle – preferenze.

Conclude: “Tutto ciò induce a confermare che l’era della “fede” politica è finita. Insieme alle fedeltà partitiche e antipartitiche. E alle “rendite” di posizione e di opposizione. In futuro è, dunque, probabile che circa metà degli elettori scelga, di volta in volta, se e per chi votare. Per cui nessuno può sentirsi al sicuro. Il che renderà più importanti le campagne elettorali, oltre alla capacità dei soggetti politici di offrire “buone ragioni” per votare per loro. E, prima ancora, per votare. Perché se votare non è più una fede, a non-votare non si fa peccato”.

Tutto molto chiaro.

L’importanza delle idee, delle persone nelle liste elettorali, del cambiamento, del radicamento, del lavoro quotidiano, delle buone campagne elettorali sono fondamentali.



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