Una volta ci si sarebbe appellati ai misteri della psiche umana, in epoca berlusconiana si sarebbe strizzato un occhio, oggi ci si domanda chi mai abbia consigliato a Bersani di prendersi come portavoce per le primarie la signora Alessandra Moretti che sarà pure di gradevole presenza, ma ha una sgradevole incompetenza su tutto ciò che riguarda la politica.
Se vuole essere una risposta a Renzi e alle modalità mediaset della sua campagna, è sbagliata in pieno perché si mette sullo stesso piano, quello dell’immagine e del “ggiovane” dietro cui c’è poco o niente, mentre semmai la mossa vincente sarebbe stata quella di distinguersi col valore aggiunto della pacatezza e della preparazione. Invece la signora col nome della birra, che tra l’altro ha trascorsi di vibrante e glamuriforme appoggio a Forza Italia, proprio non ne azzecca una. Non sa quante volte è stato ministro Bersani, non sa cosa faceva il padre, sembra credere che gli immigrati votino alle elezioni politiche, twitta alla disperata, ma senza rendersi conto degli interlocutori e scambia Renzi per un gruppo di appoggio al sindaco di Firenze. Il minimo che si possa dire è che sia un po’ confusa nell’espressione, peccato mortale per un portavoce.
Sarà che ormai quando sento i politici che sono vicini alla gente, refrain continuo del repertorio morettiano, mi viene l’orticaria. Ma per il resto, non è che poi debba poi dire molto, il solito frullato misto di banalità sotto il grande ombrello dell’ Agenda Monti, i soliti litigi tanto più aspri quanto basati sul nulla e senza il rischio il rischio che qualcuno vada davvero a scoprire le carte, la partita politica è già truccata. E dunque comincia l’era delle agendine.