I cittadini di Ghana e Bangladesh amano di più il Capitalismo degli spagnoli, giapponesi e americani. Un recente sondaggio illustra la disaffezione dell’Occidente di fronte a questa “ideologia” – guida di questa parte di mondo.
Un “misero” 54% del popolo americano crede ancora nel capitalismo. La casa spirituale, gli Stati Uniti d’America, sembrano pertanto voltare le spalle alle stesse fondamenta della sua economia e se ci fosse un partito anti – capitalista avrebbe un’intenzione di voto nei sondaggi del 46%.
La recente crisi finanziaria ha certamente intensificato il declinante scenario, ma le origini della cattiva reputazione odierna potrebbero non essere obiettive, considerando che il Capitalismo ha rappresentato per due secoli l’esempio di benessere, longevità e sviluppo.
Movimenti come Occupy Wall Street e partiti politici europei di estrema destra e estrema sinistra hanno cavalcato il risentimento verso questo modello di sviluppo che ha fatto però della sua critica il suo nome e la sua forza.
Il Capitalismo, infatti, non è un sistema scientifico ma soltanto un insieme di domande, problematiche e asserzioni riguardanti il comportamento umano. La critica della fine del XIX secolo ha coniato il termine e l’etimologia della parola capitalista e capitalismo.
Joseph Schumpeter sostenne nel 1942 che il capitalismo era più efficiente di qualsiasi alternativa, ma condannato dalla sua giustificazione complessa ed astratta che il comune cittadino alla fine non avrebbe difeso.
Come dargli torto. La nostra immagine del capitalista è un milionario del XIX secolo con un cappello a cilindro nero con un lustrascarpe ai suoi piedi che ingurgita brandy e fuma sigari. Oppure un miserabile plutocratico tale come Montgomery Burns, antagonista de “I Simpsons”.
La parola stessa Capitalista viene cosi spiegata nel vocabolario Treccani:
In senso stretto, il proprietario di capitali; in senso più ampio, l’appartenente alla borghesia imprenditoriale, contrapposta al proletariato e identificata con la classe che gode il frutto di ricchezze accumulate, e direttamente o indirettamente reinvestite nella produzione.
Citare questo importante vocabolario potrebbe trarre in inganno viste le idee sinistroidi italiane. Proviamo con l’ Oxford Dictionary, sicuramente più magnanimo:
Capitalism: an economic and political system in which a county’s trade and industry are controlled by private owners for profit, rather than by the state”
Nessuna definizione ha un’accezione molto positiva.
Nel Pianeta Terra Occidentale, poche persone descriverebbero se stessi come capitalisti oppure di avere molte proprietà e soldi per ottenere dei profitti. La maggior parte si definisce Wage Slave: persona il cui sostentamento dipende completamente sulla remunerazione percepita.
Il Capitalismo sembra essere un sistema i cui benefici ne gode sempre qualcun’altro e mai noi stessi. Sembra quasi che il Signor Burns è il beneficiario numero uno ed è cosi antipatico che nessuno vuole mai esserlo.
Né il capitalismo può essere facilmente correlato all’etica cristiana che permea ancora le società occidentali. Gesù Cristo non celebrava i banchieri, ma cacciava i mercanti dal tempio. Lui avvisava gli uomini ricchi dall’avidità: “vendete tutto quello che avete e datelo ai poveri”.
Il ruolo modello è quello del buon samaritano, colui che disinteressatamente aiuta gli altri invece di se stesso. La razza umana adulta enfatizza ai propri figli, i principi di condivisione e di giustizia. Dona ai pargoli cibo e regali in maniera equa cercando di essere giusto.
Nessuna sorpresa quando gli umani in età adulta con furiosissimo sdegno guardano le ricchezze accumulate da pochi mentre gli altri raccattano le briciole.
Secondo un sondaggio riportato dal settimanale britannico The Economist, l’ineguaglianza viene vista come il peggior problema per il 56% delle persone dei paesi cosiddetti ricchi
Ma c’è una dissonanza cognitiva in tutto questo. Domandiamo alle persone cosa pensano di un sistema che dona loro il diritto di proprietà. La risposta sarà altamente favorevole. Ugualmente se chiedessimo di apprezzare un sistema competitivo e aperto che permetterebbe loro di poter cercare il miglior ristorante o il miglior oggetto tra tanti.
Anche questo è l’essenza del capitalismo e tutti lo vorrebbero. Differenti percezioni di uno stesso meccanismo economico .
Un problema di terminologia per cui il Signor Burns è il brutto del capitalismo mentre il consumatore e i beni di largo consumo sono i belli.
Ma l’essenza della parola non è il solo problema. Negli ultimi trent’anni, il capitalismo è stato sempre meno associato al mercato e sempre di più al sistema bancario e finanziario.
Il capitalismo finanziario ha un’eredità meno affascinante. Non produce iPad, ma complessi e strutturati prodotti con oscuri acronimi.
Quando i governi e banche centrali sono corse in soccorso dei titani della finanza, l’idea di un libero mercato è volata fuori dalla finestra. Un sistema che privatizza i profitti e nazionalizza le perdite è impossibile da giustificare.
L’umore degli elettori del Pianeta Terra è direttamente collegato con la “remunerazione percepita”, in altre parole con in loro reddito reale, in funzione di poter mangiare nei migliori ristorante e comprare tanti oggettini.
La finanza è spesso polvere e senza essenza concreta. Inutile salvarla. Il Capitalismo per diventare una bella parola deve probabilmente essere salvato dai banchieri.
Nessuna cosa è più utile del superfluo
Oscar Wilde
Nella foto Morgomery Burns e l’aiutante Smithers Credit by it.wikipedia.org