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L'eredità di Eszter di Sàndor Màrai, edito da Adelphi nel lontano 1999 nella traduzione di Giacomo Bonetti. Il primo libro che leggo di quest'autore slovacco, di certo non l'ultimo. Attendo con ansia di stringere le manacce sul più famoso Le braci.Non so quanto a lungo si possa chiacchierare di questo romanzo senza sviscerarlo del tutto. È piuttosto breve, e la narrazione procede lineare, nonostante parta all'inizio con una Eszter anziana, vicina alla morte, che anticipa il momento in cui Lajos l'ha “spogliata di tutti i suoi beni”, punto saliente del romanzo. Penso che potrebbe diventare la recensione più breve che io abbia mai scritto, ma non mi va di accorparla a un'altra della stessa lunghezza, e di farne poi un post di recensioni cumulative. Non credo le mie remore dipendano dal nome troppo alto dell'autore, e nemmeno dall'affetto che potrei aver provato per i personaggi. Eszter mi è francamente insopportabile. E non è neanche che il libro mi sia piaciuto a livelli estremi. Eppure, non so, non posso dedicarvi meno di un post. Vai a capirmi.Dicevo, dunque, che questo libro inizia con un Eszter anziana. È sola e abbandonata, dalle sue parole traspirano rassegnazione e povertà. Da anni cerca di raccontare quanto è accaduto quella domenica lontana in cui Lajos le ha portato via tutto ciò che aveva. E dopo questa piccola parentesi, torna indietro a raccontare, fin dal momento in cui ha ricevuto la lettera in cui Lajos annuncia il proprio arrivo imminente. La donna, confusa, corre a dare la notizia a Nunu, l'anziana zia con cui vive. E lei sembra accoglierla con tranquillità, ma le consiglia subito di nascondere l'argenteria. E di chiamare rinforzi negli amici, per il giorno in cui Lajos suonerà alla loro porta.Lajos non è una vera persona. Non è particolarmente astuto, né avvenente, né forte, checché ne dicano i personaggi. La sua forza, tutt'al più, sta nella sua totale mancanza di orgoglio. E non avendo affatto a cuore la propria immagine, può abbassarsi al peggio. Ma è un nemico facile da schiacciare, in potenza. Leggendo, mi dava l'impressione che bastasse una risata per frantumarlo.E dunque, giunge la domenica fatidica, Eszter e Nunu attendono Lajos insieme a un paio di amici. Eszter torna indietro, racconta di come Lajos sia entrano a far parte della loro vita, del legame col fratello e coi familiari tutti. Del matrimonio con la sorella, di vecchie ferite. Poi Lajos arriva, e le cose continuano ad accadere.Ciò che non ho amato di questo romanzo è la conclusione. Non so cosa mi aspettassi, e annunciare con prepotenza ciò che avrei cambiato non è tra le mie competenze. Ma ho avuto l'impressione che tutta la storia fosse stata costruita per una fine diversa.Poi certo, mi è piaciuto, e anche molto. Mi ha tirata fuori da uno di quegli orridi periodi di non-lettura. Ovvio che lo consiglio comunque, nonostante mi abbia delusa alle ultime pagine, quelle che le precedono ne valgono assolutamente la pena.Però.
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