Sandor Marai lo conoscevo dalla lettura de Le braci e anche in quest’altro suo libro sono presenti alcune sue caratteristiche riconoscibili.
Il tono minore, l’atmosfera della sconfitta e la sensazione di una vita ormai passata senza aver prodotto grandi emozioni.
Tutto questo è presente ne L’eredità di Eszter, ma non solo.
In realtà tutto ciò costituisce solamente la colonna sonora del libro; la storia invece proietta il lettore lungo una serie di emozioni che lo portano a schierarsi per la Eszter che da protagonista racconta al passato quella che è stata la sua vicenda personale.
E’ proprio la diversa sensibilità di ogni lettore a fare in modo che le riflessioni della protagonista vengano interpretate e vissute in modo individuale.
Ne risulta un romanzo che ciascuno può raccontare in maniera più o meno diversa.
La vicenda in sé sarebbe anche abbastanza semplice; rimane il fatto che la signora Eszter possa essere considerata una sprovveduta, una passionaria delusa, una donna eternamente innamorata oppure una persona che coscientemente sacrifica il poco benessere che le ha concesso la vita per il bene degli altri, siano pure personaggi pieni di egoismo e senza grandi riguardi verso il prossimo.
La mia impressione è cambiata più volte nel corso della lettura e il mio stato d’animo nei confronti del comportamento e delle riflessioni di Eszter è passato via via prima da un senso di affetto e complicità, poi per una profonda irritazione nei confronti di Lajos per finire con una sensazione di distacco dovuta a decisioni in un certo senso comprese anche se non condivise.
In ogni caso il giudizio sul libro è molto positivo e la genuinità delle emozioni è assicurata.
Tempo di lettura: 2h 38m