Dopo la morte della guida nordcoreana Kim Jon Il, la direttrice esecutiva del KPI Christine Ahn ha intrattenuto un colloquio telefonico con Han S. Park, professore di Affari Internazionali e direttore del Centro Studio delle questioni globali (Globis) presso l’Università della Georgia. Nato in Cina (Manciuria) da genitori coreani immigrati, il dottor Park ha ricevuto la sua formazione in Cina, Corea e Stati Uniti, con lauree specialistiche in Scienze Politiche presso la Seoul National University (BA), l’American University (MA) e l’Università del Minnesota (Ph.D.)
Professor Park, può cominciare col riassumere in breve l’esperienza da Lei acquisita in seguito a diversi viaggi nella Corea del Nord?
Sono nato in Cina, durante la guerra civile cinese e la lotta per l’indipendenza. La mia famiglia si trasferì a sud, in quella che oggi è la Corea del Sud, attraverso Pyongyang, quando avevo otto anni. Abbiamo vissuto a Pyongyang circa un anno, prima della spartizione del paese. La mia famiglia ne aveva abbastanza delle scene raccapriccianti della guerra civile cinese e ha cercato di evitarla, anche se, quando siamo tornati in Corea, ci siamo trovati nel bel mezzo della guerra di Corea, ancora più selvaggia a causa delle aggressioni di massa dall’aviazione, che non era presente durante la guerra di Cina. Ho finito la mia formazione universitaria in Scienze Politiche alla Seoul National University e sono andato negli Stati Uniti nel 1965 per continuarla.
Poiché mi ero formato come filosofo politico, sono stato incuriosito dall’ideologia Juché della Corea del Nord. Nel 1980, per studiare l’argomento di mio interesse, ho scritto a molte persone, le quali mi hanno consentito di effettuare un primo viaggio nella Corea del Nord, nel 1981. Da allora ho studiato l’evoluzione di queste idee. Dopo tutto questo tempo ho una conoscenza abbastanza completa dell’ideologia e del contesto sociale e politico in cui essa è nata ed è operante.
Ho visitato la Corea del Nord per la seconda volta nel 1990, quasi dieci anni dopo. Da allora mi ci reco annualmente, anche quattro volte all’anno. Ho visto il paese nel corso del tempo, esaminandone la cultura e la lingua. Credo di conoscere la Corea del Nord piuttosto bene, e come studioso, sono stato in grado di trarre delle conclusioni in ordine ai fatti che la riguardano.
L’obiettivo della mia vita è aiutare le persone a convivere pacificamente. Dal momento che la Corea è il mio paese di origine e la mia patria, rivolgo una grande attenzione alla Corea. Nel corso degli anni sono stato testimone della politica statunitense nei confronti della Corea, anche nel periodo in cui fummo molto vicini allo scontro militare. Nel 1994 sono stato direttamente coinvolto nella visita di Jimmy Carter per disinnescare le tensioni crescenti (con gli Stati Uniti) e l’anno successivo l’ho nuovamente aiutato a visitare la Corea del Nord. Credo che attraverso la pace sia possibile migliorare la comprensione reciproca. La divergenza di opinioni è una cosa molto benefica nella società umana. Essere in grado di accogliere la diversità è fondamentale per la pace. Se si dispone di uniformità non si ha bisogno di pace. L’obiettivo comune delle Coree e degli Stati Uniti dovrebbe consistere nello sviluppo di relazioni pacifiche, piuttosto che in un’alleanza fondata su un paradigma di sicurezza, la quale si fonda a sua volta su una cultura della paura reciproca. Al contrario, un paradigma di pace è un accordo tra differenze. Maggiore è la differenza, maggiore è il potenziale per la pace. Ci sono grandi differenze tra Nord e Sud Corea, ma vanno utilizziate per il processo di integrazione. Il grave errore è non essere in grado di comunicare. E’ molto importante per gli Stati Uniti e la Corea del Sud capire la Corea del Nord e viceversa, motivo per cui ho dedicato tanto tempo per l’organizzazione di delegazioni di alto livello per lo scambio di opinioni.
Lei è stato in Corea del Nord negli ultimi 30 anni. Cosa ci può dire dell’eredità di Kim Il Sung e Kim Jong Il?
Quando si guardano le tre generazioni di dirigenti, si deve guardare tanto la situazione interna quanto il contesto regionale e globale. La Corea del Nord è un paese piccolo, sicché essa ha dovuto interagire a fondo con le forze esterne a causa di una sua mancanza di risorse. In realtà, il destino del popolo coreano nel suo complesso e dei suoi regimi, nel nord e nel sud, sta raggiungendo un livello positivo. La Corea del Nord deve essere sensibile all’ambiente esterno, che è in gran parte ostile al suo Stato sovrano.
Kim Il-Sung era un eroe nazionale molto stimato. Ho sviluppato un interesse precoce per lui, in parte perché mio padre è nato lo stesso anno, nel 1912. Entrambi vivevano nel nordest della Cina. Kim Il-Sung disponeva di una grande quantità di basi nel nordest della Cina, da dove condusse la guerriglia contro il Giappone. Anche se non erano amici, avevano molti amici in comune, che ho incontrato e intervistato. Dopo aver ascoltato le loro storie, ho concluso che il giovane Kim Il-Sung era davvero un uomo straordinario. Nella Corea del Sud molti dicono che Kim Il-Sung è una falsificazione e che divenne un eroe solo quando fu formalmente eletto al governo nord-coreano. Naturalmente, ci sono state molte lotte di potere, ma la maggior parte degli avversari di Kim Il-Sung sono stati eliminati dopo la fine della Guerra di Corea.
Kim Il-Sung godeva di un enorme rispetto da parte del popolo della Corea del Nord. Si è mosso con abilità tra i sovietici e i cinesi, prima di muoversi tra gli Stati Uniti e il blocco globale comunista. Era molto abile a mantenere la sovranità della Corea del Nord e non si è mai sottomesso a Stalin o a Mao Tse Tung, che aveva anche perso un figlio nella guerra di Corea. Kim Il-Sung non era un capo di Stato ordinario per la Corea del Nord. Naturalmente, all’interno di un sistema politico, i suoi luogotenenti hanno voluto rappresentare, a volte con descrizioni comiche, le imprese che hanno portato Kim Il-Sung a conseguire l’indipendenza dal Giappone. Lo hanno fatto per rappresentare ulteriormente le qualità di superuomo di Kim Il-Sung, ma ciò è accaduto anche in altri sistemi politici, come nella Corea del Sud con Rhee Syngman o negli Stati Uniti con George Washington.
Il governo di Kim Il-Sung è coinciso in gran parte con l’ordine internazionale della Guerra Fredda. Dovette navigare fra le tensioni delle superpotenze all’interno del blocco comunista, dove riuscì a muoversi abilmente per mantenere la sovranità della Corea del Nord e la fiducia in sé, che lo spinse a sviluppare l’ideologia Juché. Kim Il-Sun fu un governatore autocratico, centralizzatore ed autoritario. La gente lo seguiva perché era particolarmente abile in molte cose, dalle tecniche agricole alla politica estera. Il mondo era molto più semplice, nel senso che c’erano comunismo e democrazia, e le sfide interne non erano molto complicate. Non c’era disaccordo all’interno dei circoli di potere sul che fare e sul come fare. Aveva molto intelletto e abbastanza idee per gestire il sistema politico nel modo in cui voleva.
La morte di Kim Il-Sung, nel 1994, coincise con la scomparsa dell’epoca della Guerra Fredda, dell’Unione Sovietica e del sistema comunista. Non abbiamo più avuto un sistema bipolare, ma un sistema dominato dagli Stati Uniti come unica superpotenza. Di conseguenza Kim Jong-Il ha dovuto affrontare il dominio americano e, purtroppo per lui, gli Stati Uniti avevano un’alleanza tripartita con Giappone e Corea del Sud. Tutti e tre i paesi erano economicamente e militarmente superiori alla Corea del Nord, per cui Kim Jong-Il ha dovuto fare in modo che il suo paese non potesse essere minacciato con la forza. Questa fu per lui una sfida formidabile. Al fine di mostrare la capacità di autodifesa del suo paese, dovette mostrarne le capacità sotto forma di esperimenti nucleari. Doveva promuovere le armi non solo con mezzi militari, ma col militarismo, sicché introdusse la politica Songun (“prima l’esercito”). Per chiarire, il Songun non prevede di seguire ciecamente i militari; semmai significa fornire all’esercito maggiori poteri per la difesa nazionale e per la costruzione della Patria. A differenza del padre, Kim Jong-Il dovette navigare in una difficile situazione interna, anche a causa della degradata situazione economica (creata dalle sanzioni degli Stati Uniti) e delle successive intemperie del 1990, che causarono la scarsità degli alimenti fondamentali. Furono queste le circostanze in cui Kim Jong-Il dovette governare.
Kim Il-Sung è stato indicato come la “Grande Guida”, il più alto livello possibile di guida. Quando mi chiedono chi sia la vera guida della Corea del Nord, io dico Kim Il-Sung, perché le sue direttive sono ancora molto attuali. Kim Jong-Il è stato chiamato “Diletta Guida”, un titolo importante per garantire la sua funzione di capo, che è stata generalmente accettata dal suo popolo, e per assicurare il processo del controllo militare. Quando Kim Jong-Il assunse il potere, cercò di definire la sua “eredità personale”. E’ stato in grado di estendere l’ideologia Juché per includere il Songun, ed è stato amato dal suo popolo, come testimonia il dolore per la sua morte. Oggi il giovane Kim Jong-Un è stato molto abilmente nominato “Grande Successore”. Questa è un’etichetta affascinante, perché un successore non ha bisogno di creare cose nuove, ma piuttosto cerca di dare continuità all’eredita del padre e del nonno. Tra Kim Il-Sung e Kim Jong-Il ci sono direttive, principi e concezioni filosofiche già stabilite. La terza generazione è quella che deve attuare queste linee politiche.
Nel frattempo, nel contesto internazionale, non solo siamo fuori dalla guerra fredda, ma siamo anche in un’epoca che sta mettendo in discussione il dominio globale degli Stati Uniti. E’ un’epoca globale completamente diversa. Durante il secondo periodo della dirigenza di Kim Jong-Il, il processo decisionale era in gran parte collettivo. Anche se gli altri decisori non sono conosciuti, il centro del potere era il Partito del Lavoro. Kim Jong-Il è diventato sinonimo di centro del partito, quello che prende le decisioni. Nella Corea del Nord ci sono dodici o tredici persone che prendono le decisioni e tutti questi individui sono al loro posto. Il ruolo di Kim Jong-Un consiste nello sviluppare questa politica, cosicché le cose rimarranno come prima, non solo a Pyongyang, ma anche nella politica estera.
Professor Park, per quanto riguarda l’eredità di Kim Jong-Il, molti cosiddetti esperti di Corea dicono che sotto la sua guida i militari hanno guadagnato più potere del Partito del Lavoro. Cosa ne pensa di questa analisi?
In qualsiasi sistema, si ha una tensione militari-civili. Tuttavia nella Corea del Nord il civile non è separato dal militare. Sono d’accordo che la Commissione Militare ha ottenuto molto potere ed autorità e Kim Jong-Il è stato presidente della Commissione Militare. Questa però non si contrappone al partito politico, il Partito del Lavoro, ma deve essere considerata in stretta relazione col partito stesso. Non c’è distinzione tra capi militari e membri del partito, ci sono un sacco di mescolamenti e sovrapposizioni. Molte persone hanno ipotizzato che ci possa essere una giunta militare dopo Kim Jong-Il. Un colpo di stato militare è impensabile per molte ragioni, come come la prospettiva di una rivolta contro la leadership come nel mondo arabo.
Professor Park, la mia preoccupazione è che l’amministrazione Obama cada nella stessa trappola di Clinton dopo la morte di Kim Il-Sung, quando tutti avevano anticipato la fine della Corea del Nord, che aveva portato gli Stati Uniti a venir meno all’accordo per un cambio di regime.
Francamente, a guidare la politica estera degli Stati Uniti nei confronti della Corea del Nord sono gli interessi del complesso militare industriale. Vogliono che la Corea del Nord sia militarmente più forte di quanto non è. La Corea del Nord non è una minaccia per gli Stati Uniti, ma questi ultimi ci hanno costruito una leggenda. Perpetuare il mito secondo cui la Corea sarebbe il male ed avrebbe intenzione di colpire gli Stati Uniti è proprio quello che serve per giustificare il costoso sistema di difesa missilistica. L’unica cosa che può annullare questo è l’opinione politica, che è la vera sfida fra coloro che prendono le decisioni ed hanno i loro fini, i quali consistono nel tutelare ad ogni costo i loro affari economici e militari.
Professor Park, in qualità di esperto di ideologia Juché, come spiega il fatto che la Corea del Nord dipenda dagli aiuti esteri e tuttavia conservi un’immagine di autosufficienza?
E’ una lettura sbagliata dell’autosufficienza Juché, che non è isolazionismo e non significa certamente escludere elementi stranieri… Il principio è, politicamente parlando, la fiducia in se stessi. Ciò significa che la Corea del Nord è sovrana ed assume ogni iniziativa nel corso della sua azione politica. Sono seduti al posto del conducente.
L’autosufficienza non significa che non importino cibo, perché non hanno abbastanza terra per coltivare cibo per sfamare tutti. E’ più che altro il principio di non voler essere controllati da altri. La Corea del Nord e la Corea del Sud hanno intrapreso una guerra di legittimità, tanto che la Corea del Nord ha voluto stabilire il proprio corso in modo univoco e diverso da quello del Sud. Come sappiamo, la Corea del Sud è tutt’altro che sovrana, soprattutto militarmente e nelle decisioni di politica estera.
Come risponde alle accuse secondo cui Kim Jong-Il sarebbe stato un dittatore che ha affamato il suo popolo?
Come politologo ed analista, dico sempre che bisogna capire che Kim Jong-Il è stato una guida politica, il cui ruolo è stato innanzitutto quello di mantenere il sistema politico del suo Paese. Se quest’ultimo è esposto a minacce, il governo farà di tutto per la sicurezza, anche a scapito di battute d’arresto nell’economia. Per i Nordcoreani la loro sicurezza nazionale non è in vendita. Gli incentivi economici e gli aiuti non potranno mai comprare la sicurezza nazionale. E questo è il caso di tutti i paesi, inclusi gli Stati Uniti. Ci sono molteplici cause che hanno causato la carestia durante il governo di Kim Jong-Il. In nome dell’autosufficienza l’espansione dell’agricoltura e l’aumento della produttività ha causato negli anni ’70 e ’80 un forte disboscamento, che ha causato la rimozione di terreno e ricorrenti inondazioni.
Quindi come possiamo fare per modificare la politica dell’amministrazione Obama?
Sia il presidente sudcoreano Lee Myung Bak sia il presidente Obama hanno sviluppato un odio personale per Kim Jong-Il; ma, poiché il nuovo capo di Stato è giovane ed è un volto nuovo, è il momento opportuno per l’apertura di un nuovo capitolo. Ciò che è spiacevole è che il Dipartimento di Stato ha detto che avrebbe aspettato fino a dopo il funerale per inviare un messaggio per il nuovo anno, cosa piuttosto stupida. Deve prendere decisioni, soprattutto perché è chiaro che vi sarà continuità, nonostante il cambio simbolico nella guida del Paese.
Se Lei potesse dire qualcosa nell’orecchio di Obama, cosa gli consiglierebbe di fare?
In politica estera, nel secondo mandato il presidente è più interessato a soluzioni di lungo termine, quindi mi aspetto di più dal secondo mandato di Obama, compresi i negoziati diretti con la Corea del Nord. Spero che Washington non sia più ostaggio di Seul, dove le prossime elezioni potrebbero portare a qualcosa di nuovo. Sono molto fiducioso su questo, perché la base conservatrice è stata disintegrata.
(Trad. di Marco Bagozzi)
Fonte: http://kpolicy.org/documents/interviews-opeds/111228christineahnhanspark.html