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L’eresia di un Trentino tutto biologico

Da Trentinowine

Non me ne vorranno gli altri commentatori, ma mi sono permesso di fare un copia-incolla di questo commento postato poche ore fa da Albino Armani e di riproporlo qui come post autonomo (mi auguro non me ne voglia nemmeno Albino). Ma mi sembra che la sua analisi e la sua provocazione siano particolarmente interessanti e possano aprire una nuova discussione. Questo in sintesi il suo ragionamento: i costi di produzione del bio sono inferiori rispetto a quelli tradizionali e il Trentino è già attrezzato e pronto per convertirsi. Ma, soprattutto, il resto del Paese da noi si aspetta proprio questo. Può bastare come provocazione? Io penso di si.

(di Albino Armani) – Il bio sta al Trentino più di quanto possa stare al Veneto, secondo me. Per un fatto di percezione

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comune. Un cliente romano crede il Trentino sia quasi magico, con le mucche e le montagne: lo si può solo deludere ma è cosi, nonostante il fondovalle, l’inceneritore futuro, ecc ecc..
Abbiamo comunque tutti seguito in passato le indicazioni dell’Esat che ci imponeva i diffusori di feromoni e l’abbattimento dell’uso di insetticidi, anche con l’aiuto dei finanziamenti provinciali.
Quello che non è (ancora) avvenuto è la monetizzazione di questo vantaggio competitivo, ma facciamo mea culpa come produttori ed imbottigliatori: eravamo quasi bio ma non l’abbiamo detto a nessuno!!
Per me il bio dovrebbe diventare un diritto di tutti e non un concetto per pochi illuminati per giunta caro impestato; per far questo dovrebbe essere trasversalmente usato su tutti i prodotti che si fregiano di una igp o di una doc. Questa provocazione non è fuori di testa, basta analizzare bene i costi che avrebbe in Trentino questo passaggio e noteremmo come non sarebbero proibitivi ma che, addirittura, si abbasserebbero. Ecco l’eresia: un prodotto bio costa meno! ho fatto un’analisi su vigneti condotti in biologico nell’area Prosecco dove con Maurizio Donadi ( http://www.labasseta.it ) portiamo avanti un progetto di Prosecco biologico: i costi non aumentano, almeno nelle annate normali. Il maggior costo del bio sugli scaffali nasconde un controsenso: in realtà non si paga il maggior costo dell’uva ma l’esigua dimensione delle aziende che lo propongono, quando va bene, oppure la cresta della distribuzione che col bio (vero o presunto) ha fatto fortuna.
Se un intero territorio o una intera denominazione diventassero bio riusciremmo a produrre addirittura a costi inferiori!
So di sollevare un vespaio ma io credo che solo alzando il livello del coinvolgimento riusciremo a trarre un beneficio economico dalla naturalità, riscattandola dal ruolo marginale in cui giace e trasformandola in un formidabile vettore di valori tutti da comunicare e da cui anche altri settori, penso al turismo, trarrebbero vantaggi.
Il Trentino con la sua rete di controlli ha una buona carta da giocare ed i viticoltori, almeno quelli professionali, sono formati e veloci nel recepire i cambiamenti: Tiziano (Mellarini) ci facciamo un pensierino?

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