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L'eroe in viaggio fra picchi e valli

Creato il 06 gennaio 2012 da Colorefiore @AmoreeDintorni

L'EROE IN VIAGGIO FRA PICCHI E VALLIIL SALE DELL’ANIMA, LO ZOLFO DELLO SPIRITOPICCHI E VALLI
Ho intitolato questo scritto Picchi e valli, e mi sono riproposto di tenere separate queste immagini per metterle in contrasto il più nettamente possibile. Rientra nel distinguere e nel tenere separato anche l’emozione dell’odio. Così io mi esprimerò con odio e con incalzante polemica, con eris, con polemos, che secondo Eraclito, l’antenato più antico della psicologia, è padre di tutte le cose. Il significato attuale del termine «picco» fu elaboratoda Abraharn Maslow, che a sua volta riecheggiava un’immagine archetipica,perché i picchi sono stati sempre connessi con lo spirito fin dal Monte Sinai edal Monte Olimpo, dal Monte Patmos e dal Monte degli Olivi, e dal Monte Moriahdel primo patriarca Abramo. E si potrebbe facilmente enumerare ancora una dozzinadi monti dello spirito. Non servono grandi spiegazioni per capire chel’esperienza del picco è un modo per descrivere l’esperienza pneumatica, e chelo scalare le vette significa essere in cerca dello spirito, oppure è la spintadello spirito alla ricerca di se stesso. Il linguaggio che usa Maslow perindicare l’esperienza del picco – «auto-convalidante, auto-giustificante, cheporta in sé il proprio intrinseco valore», la somiglianza con Dio, la vicinanzaa Dio, l’assolutezza e l’intensità – è un modo tradizionale di descrivere leesperienze spirituali. Maslow merita la nostra gratitudine per averreintrodotto pneumna nella psicologia, anche se questa sua operazione comportala vecchia confusione tra pneuma e psiche. Ma che ne è della psyche della psicologia?
Un’esposizione più ampia richiedono, invece, le valli,proprio come tutto ciò che ha a che fare con l’anima ha bisogno di essereimmaginato con la maggior accuratezza possibile. Il termine vale, «valle», civiene dai romantici: Keats lo usa in una lettera, e io ho ripreso questo suobrano come motto psicologico:
«Chiamate, vi prego, il mondo "la valle del fareanima". Allora scoprirete a che serve il mondo».
Nell’uso religioso corrente della nostra cultura, valle èun luogo emozionale depresso – la valle di lacrime; Gesù la percorse, questavalle solitaria, la valle dell’ombra della morte. L’Oxford English Dictionaryalla voce «Valley» dà come prima definizione: «long depression or hollow»:lunga depressione o zona concava. Tra i significati di vale e valley sonocomprese intere sottocategorie che si riferiscono a tutte quelle cose tristi,come il passare degli anni e la vecchiaia, il mondo visto come luogo dipreoccupazioni, di dolore, di pianto, oppure come scena di ciò che è mortale,terreno, umile, basso.
Esiste anche un’associazione delle valli con il femminile(mentre non c’è per i picchi) e la troviamo nel Tao tê ching,VI; nelle metaforemorfologiche freudiane, dove la valle boscosa percorsa da un fiume e popolatadi vita animale è un equivalente della vagina; e anche nella mitologia, che cipresenta le valli come i luoghi delle ninfe. Una delle spiegazioni etimologichedella parola «ninfa» considera queste figure come la personizzazione di quellevelature, di quelle nuvole di foschia che quasi si aggrappano alle valli, aifianchi delle montagne e alle sorgenti. Le ninfe velano la nostra visione, ciimpediscono di guardare lontano, ci rendono miopi, ci trattengono – nientevisioni che spaziano lontano, niente proiezioni o profezie, come dai picchi.
Anche il quattordicesimo Dalai Lama del Tibet usa lacoppia picco/valle. In una lettera (a Peter Goullart) scrive: «Il rapporto chelega l’altezza alla spiritualità non è puramente metaforico. È una realtàfisica. Su questo pianeta la gente più spirituale vive nei luoghi più alti. Ecosì anche i fiori più spirituali... Gli aspetti più alti e lievi del mioessere io li chiamo spirito, mentre quelli oscuri e pesanti li chiamo anima.
«L’anima si trova a suo agio nelle profonde valliombrose. Là crescono torbidi e pesanti fiori impregnati di nero. Scorrono cometiepido sciroppo i fiumi, e si riversano in immensi oceani di anima.
«Lo spirito è una terra di picchi alti, bianchi, e dilaghi e fiori scintillanti come gioielli. La vita è rarefatta e il suono percorregrandi distanze.
« Esiste una musica d’anima, un cibo d’anima, una danzad’anima e un amore d’anima...
«Quando l’anima trionfò, i pastori vennero allelamasserie, perché l’anima è comunitaria e ama l’unisono, il brusio. Ma l’animacreativa anela allo spirito, e viene il giorno in cui dai labirinti dellelamasserie, i più belli fra i monaci dicono addio ai compagni, e intraprendonoil viaggio solitario verso i picchi, per congiungersi là con il cosmo...
Nessuno spirito rimugina sull’elevata desolazione; ladesolazione è infatti delle profondità. così come il rimuginare. A questealtezze lo spirito lascia l’anima molto indietro...
«La gente deve scalare la montagna non semplicementeperché essa è lì, ma perché la divinità piena di anima deve essere congiuntaallo spirito».
Vorrei far notare una o due piccole curiosità contenutein questa lettera, che possono aiutarci a penetrare meglio nel contrasto fraanima e spirito. In primo luogo, avete notato quanto sia importante essereletterali e non «puramente metaforici», quando si assume il punto di vistaspirituale? E questo punto di vista, inoltre, richiede la sensazione fisicadell’altezza, l’« es-altazione ». Avete notato poi che sono i più belli deimonaci a lasciare i confratelli, e che la loro unione è con il cosmo, un’unioneche è paragonata alla neve? (Un tempo, nella nostra tradizione occidentaledella caccia alle streghe, in un periodo ossessivamente preoccupato diproteggere l’anima dagli spiriti malvagi – e viceversa –, il diavolo veniva riconosciutoper il pene gelato e per lo sperma freddo). Avete notato, infine, i due tipi disimbolismo dell’Anima: i fiori oscuri, grevi, torbidi presso i fiumi di tiepidosciroppo, e i fiori dai petali verginali dei ghiacciai?
Sto cercando di far in modo che siano le immagini dellinguaggio a delineare la nostra distinzione. È questo il modo di procederedell’anima, la via dei sogni, delle riflessioni, delle fantasie, delle rêverie,dei dipinti. Possiamo riconoscere ciò che è spirituale dallo stile delleimmagini e del linguaggio; e la stessa cosa vale per l’anima. Dare delledefinizioni di spirito e di anima – l’uno astratto, unificato, concentrato;l’altra concreta, molteplice, immanente – pone la distinzione e il problema nellinguaggio dello spirito. E come se avessimo già lasciato la valle; stiamofacendo delle distinzioni come un perito agrimensore che rileva che cosaappartiene a chi, secondo logica e legge e non secondo immaginazione.
Dal punto di vista dell’anima e della vita nella valle,salire sulla montagna è sentito come una diserzione. I Lama e i santi «diconoaddio ai loro compagni». Dal momento che io sono qui come avvocato difensoredell’anima, ho il compito di presentare il suo punto di vista, che si manifestanella lunga, concava depressione che è la valle, quel chiuso abbattimentointeriore che accompagna l’esaltazione dell’ascensione. L’anima si sentelasciata indietro e la vediamo reagire con i risentimenti di Anima. Gliinsegnamenti spirituali mettono spesso in guardia l’iniziato contro irimuginamenti introspettivi, la gelosia, il rancore e la meschinità, control’attaccamento a sensazioni e ricordi. Questi ammonimenti presentanoun’accurata fenomenologia di come si sente l’anima quando lo spirito le dice addio.
Se una persona è in terapia e contemporaneamente segueuna disciplina spirituale – Vedanta, esercizi di respirazione, meditazionetrascendentale, ecc. – può accadere che il maestro spirituale consideril’analisi come un perder tempo in sciocchezze e illusioni. L’analista invecepuò considerare gli esercizi spirituali come una falla nel vaso psichico,oppure una fuga nella fisicità (una somatizzazione, una sorta di sofisticataconversione isterica) o nella metafisica. Ma entrambe le condizioni crescono nellastessa siepe, perché entrambe fisicalizzano, sostanzializzano, ipostatizzano,considerano i loro concetti come cose. Entrambe perdono il «come se»,l’approccio metaforico mercuriale, dimenticando che anche la metafisica è unsistema della fantasia, sebbene debba per sfortuna considerare se stessaletteralmente reale.
Oltre a queste reciproche accuse di futilità, c’èun’altra questione essenziale che, nelle nostre poltrone psicoanalitiche, ciponiamo: chi sta facendo il viaggio? Non si tratta qui di una discussione sulvalore relativo di dottrine o mete, né di un’analisi delle visioni viste edelle esperienze vissute. Il punto essenziale non è l’analisi del contenutodelle esperienze spirituali, perché esperienze simili le abbiamo vistenell’ospedale provinciale, nei sogni, nei viaggi della droga. Avere visioni èfacile. La mente non cessa mai di stillare e far sgorgare all’esterno la linfae il succo della fantasia, e di congelare poi questo gioco in paranoidimonumenti di verità eterna. E allora quegli eventi di luce, di sincronicità, divisione spirituale, apparentemente sconvolgenti, che si hanno durante unviaggio con l’LSD non sono forse banali – vedere l’universo rivelato nellacucitura di un’asola o nel disegno del linoleum – banali almeno quanto ciò chesuccede durante una normale seduta terapeutica, in cui si cerca di districare igrovigli della scena domestica quotidiana?
La questione di cosa sia banale e cosa significativodipende dall’archetipo che dà significato, e questo, dice Jung, è il Sé. Unavolta costellato il Sé, il significato ne consegue. Ma come per ogni eventoarchetipico, anch’esso ha il suo lato sciocco e indifferenziato. Si può esseresopraffatti da una pienezza di significato mal riposta, inferiore, paranoide,così come si può essere sopraffatti dall’eros, e la nostra anima (Anima) esseresottoposta agli spasimi di un amore disperato, ridicolo. La sproporzione tra ilcontenuto banale di un evento sincronistico da una parte, e dall’altra l’enormesensazione di significato che ad esso si accompagna, dimostra ciò che intendodire. Come una persona che è sprofondata in un innamoramento, così la personache è sprofondata nel significato inizia quel processo di autovalidazione e diautogiustificazione di quelle banalità che appartengono all’esperienzadell’archetipo presente in ogni complesso e che formano parte della sua difesa.Non fa molta differenza, quindi, dal punto di vista psicodinamico, che sisprofondi nell’Ombra e si giustifichino i nostri disordini della moralità,oppure nell’Anima e si giustifichino i nostri disordini della bellezza, o nelSé e si giustifichino i nostri disordini del significato. La paranoia è statadefinita un disordine del significato: può essere riferita, cioè, all’influenzadi un archetipo indifferenziato del Sé. Fa parte di questo disordine proprio lasistematizzazione, che vorrebbe, attraverso lo strumento difensivo delladottrina della sincronicità, dare un profondo ordine significativo a una banalecoincidenza...
Il rapporto tra l’analista dell’anima e l’eventospirituale non riguarda dottrine e contenuti. Il nostro interesse è per lapersona, per chi sta salendo la montagna. Ci domandiamo anche: chi è già lassùe chiama?
Questa domanda non è poi così diversa da quella insitanelle discipline spirituali, ed è cruciale. Non è infatti il viaggio con le suestazioni e i suoi percorsi, non il grado dell’ascensione, né i gradini dellascala, e nemmeno il picco e l’esperienza del picco, né il ritorno – è lapersona dentro la persona che ci spinge a compiere l’impresa. Ed ecco chericadiamo nella storia, l’Io storico, la nostra forza di volontànord-occidentale, proprio quella forza di volontà che portò verso laCalifornia, tanto per cominciare, missionari e cacciatori, bovari, allevatoridi bestiame, piantatori, gente dell’Oklahoma e dell’Arkansas, coltivatori diaranceti e di vigne, seguaci di qualche setta, cercatori d’oro, lavoratoridelle compagnie ferroviarie. Tutto questo può essere lasciato sulla porta, comesi fa con un paio di scarpe vecchie e polverose al momento di entrare in unastanza di meditazione profumata e ovattata? Si può chiudere la porta in facciaa chi in primo luogo ti ha condotto fino alla soglia?
Il movimento da un settore all’altro del cervello, dallatediosa vita quotidiana del supermercato alla supercoscienza, dalle coseinsulse, trascurabili, alla trascendenza, in due parole, l’approccio della«modificazione dello stato di coscienza», nega questo Io storico. È unapproccio che risale a Saulo che divenne Paolo, la conversione nell’opposto,disarcionato in un lampo.
Il compromesso tra lo spirito che si spinge verso l’altoda una parte e la ninfa, la valle, o l’anima dall’altra, lo potremmo immaginarecome il matrimonio Puer-Psiche. Di esso si è parlato in molti modi – peresempio, nel Mysterium coniunctionis di Jung come di una congiunzione alchemicadi sostanze personizzate, oppure nella favola di Eros e Psiche di Apuleio.Immaginiamo anche noi, secondo questi esempi, in uno stile personizzato.Potremo allora sentire i diversi bisogni presenti in noi come la volontà dipersone distinte, dove Puer è il Chi nel volo del nostro spirito, e Anima (opsiche) è il Chi nella nostra anima.
Ora, il punto essenziale di Anima è proprio quello che siè sempre detto a proposito della psiche, cioè che è insondabile, inafferrabile.Perché l’Anima, «l’archetipo della vita», come l’ha chiamata Jung, è quellafunzione della psiche che è la sua vita effettiva, la confusione in cui essa sitrova attualmente, la sua scontentezza, le sue disonestà e le sue elettrizzantiillusioni, insieme alle speranze di un esito migliore come se il passato nonesistesse. Le questioni che essa presenta sono infinite, come profonda èl’anima, e forse proprio questi «problemi» labirintici infiniti sono la suaprofondità. L’Anima c’ingarbuglia, ci distorce, ci contorce fino al punto dirottura, realizzando la «funzione di relazione», un’altra definizione di Jung,che diventa convincente soltanto quando ci rendiamo conto che relazionesignifica perplessità.
Questa confusione della psiche è ciò che la coscienzapuer ha bisogno di sposare per poter intraprendere la «guerra dei sessi». Gliavversari dello spirito sono in primo luogo i contrasti sotto la sua pelle: gliumori del risveglio, i sintomi, le prevaricazioni in cui resta impigliato e lavanità. Il Puer ha bisogno di combattere l’irritabilità di questa «donna»interiore, la sua passiva pigrizia, la sua predilezione per piaceri e lusinghe– tutto ciò che l’analisi definisce «autoerotismo». Questo combattere è uncombattere con, più che un combattere contro Anima per vincerla o allontanarla;è un abbracciarsi stretto, teso, devoto in molte posizioni di rapporto, dove lafollia del Puer si scontra con la confusione e la deviazione psichica e dovequesta follia è riflessa in quello specchio distorto. Non si tratta di uncombattere chiaro e lineare. Non si sa nemmeno quali armi usare, né dove sia ilnemico, perché il nemico sembra essere la mia stessa anima, il mio cuore e lepassioni alle quali sono più affezionato. Al Puer non rimane altro che la suafollia, alla quale, attraverso la lotta, è ricorso tanto spesso che impara aprendersene cura come di qualcosa di prezioso, come l’unica cosa che esso everamente, la sua unicità e il suo limite. Il riflesso nello specchio dell’animaci consente di vedere la follia dei nostri slanci spirituali, e l’importanza diquesta follia.
Ecco in che cosa consistono esattamente la lotta conl’anima e la psicoterapia come luogo di questa lotta: scoprire la propriafollia, il proprio spirito con la sua unicità; e vedere la relazione tra ilproprio spirito e la propria follia; che c’è follia nel proprio spirito espirito nella propria follia.
Lo spirito ha bisogno di un testimone di questa follia.O, in altre parole, il Puer prende alla lettera i suoi impulsi e la sua meta,se non c’è la riflessione che rende possibile una comprensione metaforica deisuoi impulsi e della sua meta. Essendo testimone, in quanto recettivasperimentatrice e immaginatrice, delle azioni dello spirito, l’anima può contenere,nutrire ed elaborare nella fantasia l’impulso del Puer, conferirgli sensuositàe profondità, coinvolgerlo nelle illusioni della vita, prendersene cura nelbene e nel male. Allora l’individuo in cui queste due componenti si stannosposando comincia a portare con sé il proprio specchio riflettente e la propriaeco. Diventa consapevole di cosa significhino in termini di psiche le proprieazioni spirituali. Lo spirito rivolto verso la psiche, anziché abbandonarla infavore dei luoghi alti e dell’amore cosmico, trova sempre maggiori possibilitàdi vedere in trasparenza le opacità e gli offuscamenti della valle. La luce delsole penetra nella valle. La Parola prende parte al pettegolezzo e alchiacchiericcio.
Lo spirito chiede alla psiche di aiutarlo e non didistruggerlo, di soggiogarlo o di accantonarlo come stranezza o follia. Eall’analista che agisce in nome della psiche non chiede di mettere l’animacontro l’avventura del Puer ma di preparare il desiderio che ciascuno hadell’altro...
Una volta che lo spirito si sia rivolto verso l’anima,questa può considerare in modo nuovo le proprie necessità: non più deitentativi di adattarsi alle esigenze di civilizzazione di Era, o all’insistenzadi Venere che l’amore è il solo Dio, o alle cure mediche di Apollo, o persinoal fare anima di Psiche. La psiche non presenta i suoi sintomi e le suerichieste nevrotiche perché s’impari soltanto l’amore, o in funzione dellacomunità, o di matrimoni e famiglie migliori, o dell’indipendenza. Talirichieste cercano anche ispirazione, ampi orizzonti, eros ascendente,vivificazione e intensificazione (non rilassamento), radicalità, trascendenza esignificato – in breve la psiche ha bisogni spirituali, che la nostra partepuer può soddisfare. L’anima chiede che le sue preoccupazioni non sianoliquidate come cose banali, ma vengano viste in trasparenza alla luce diprospettive più elevate e più profonde, le verticalità dello spirito. Quando cirendiamo conto che i nostri malesseri psichici indicano una fame spirituale cheva oltre ciò che offre la psicologia, e che la nostra aridità spiritualesegnala un bisogno di acque psichiche oltre a ciò che offre la disciplinaspirituale, allora cominciamo a mettere in moto sia la terapia sia ladisciplina spirituale.
Il matrimonio Puer-Psiche porta, innanzitutto, a unaumento di interiorità. Costruisce uno spazio circondato da pareti, il talamo ocamera nuziale, che non è né picco né valle, bensì un luogo dove entrambipossono essere guardati attraverso le finestre, o tenuti fuori chiudendo laporta. Questa accresciuta interiorità comporta che ogni nuova ispirazione delPuer, ogni idea fervida, in qualsiasi momento della vita di chiunque, vengaresa psichica. Sarà all’inizio trascinata per le vie labirintiche dell’anima,che la lascia senza fiato e la fa rallentare e la nutre da molti lati (le«molte» nutrici e le «molte» menadi), facendo evolvere lo spirito da una maniaa senso unico per i movimenti ascensionali al polytropos, la multi-lateralitàdel vecchio  eroe mercuriale Ulisse.L’anima adempie il servizio di dare obliquità alla freccia puer, portando allecoazioni sulfuree dello spirito il sale durevole dell’anima.
(Saggi sul Puer, pp. 88-91, 96-99, 101-105)
L’articolo è tratto dal testo “Fuochi blu” di J. Hillman,ed è pubblicato per gentile concessione della Casa Editrice Adelphi cheringraziamo.
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