Il comandante deve abbandonare la nave per ultimo, provvedendo in quanto possibile a salvare le carte e i libri di bordo, e gli oggetti di valore affidati alla sua custodia". "I tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo devono comportarsi secondo i principi di lealtà e correttezza [...] È fatto divieto ai tesserati, gli affiliati e gli altri soggetti dell'ordinamento sportivo di compiere, con qualsiasi mezzo, atti diretti ad alterare artificiosamente lo svolgimento o il risultato di una gara, ovvero ad assicurare a chiunque un indebito vantaggio nelle competizioni sportive." In un momento storico e in un paese in cui l'inosservanza, spesso ostentata, delle regole è diventata insana consuetudine, è proprio partendo dall'analisi di quelle regole che si può capire un paese, un'epoca. Quelle citate sopra non sono affermazioni affiancate casualmente. Sono rispettivamente frammenti dell'art 303 del codice di navigazione e degli artt. 2 e 3 del codice di comportamento sportivo del Coni. Sono la trasposizione scritta del perchè io non consideri eroi un giovane calciatore e un capitano di Marina. Per inciso Simone Farina, centrocampista del Gubbio, che a dicembre ha rifiutato una tentativo di combine di una partita di Coppa Italia, facendo emergere un nuovo scandalo scommesse del calcio nostrano, e Gregorio De Falco, capo della sezione operativa della Capitaneria di porto di Livorno, vent'anni in Marina prima d'imbattersi nella tragica notte dell'Isola del Giglio. Il fatto che Farina e De Falco vengano celebrati come eroi moderni, custodi di chissà quali virtù, è nel contempo il segno dello sbandamento e della vacuità della nostra morale sociale e del bisogno di figure positive da contrapporre ai (tanti) mostri sbattuti in prima pagina. In un'epoca normale, in un paese normale i Farina e i De Falco sarebbero figure dai contorni indefiniti, persone perbene e gentiluomini persi in un mondo fatto di loro simili che li rende indistinguibili. In un paese come il nostro, in un'epoca come quella che stiamo vivendo, i loro comportamenti, il loro modus vivendi, la loro coscienza diventano motivo di stupefatta ammirazione, di un'additata diversa moralità, premiata (almeno in un caso) con riconoscimenti via via più pomposi, come fosse rarità - e di fatto lo è - in un mondo che si autodichiara marcio, corrotto, svuotato di ogni etica. È l'asticella che misura l'altezza morale del nostro paese. Un paese che si stupisce di un politico che non lucra, di un medico che esercita con gli occhi su un paziente e non all'orologio o al calendario, di un passante che restituisce un portafoglio non suo, di un commerciante che denuncia uno strozzino, di un cittadino che paga le tasse, che saluta, ringrazia e non fotte il prossimo. Finchè le mosche bianche saranno i Farina e i De Falco, invece che gli Schettino, i Doni o i Gervasoni, le cose non potranno andare bene. Calerà lo spread, aumenteranno i posti di lavoro, magari crescerà persino il potere d'acquisto. Ma resteremo una società povera. La nostra crisi passa anche - e soprattutto - da qui.
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