Fa dietro front e va nell'ingresso.
Prende le chiavi di casa sulla mensola e infila il giubbino."Ah, menomale, meglio che tu lo sia! No, perchè io non ho proprio dormito stanotte, sono così...""Agitata!" conclude lei alzando gli occhi al cielo.Stè ridacchia divertito.Ata sbuffa spazientita."Dai, ti do un passaggio alla stazione, prima che cambi idea." le propone poi.Lei accetta di buon grado, non le va di andare a piedi, anche se avrebbe una gran voglia di dargli un pugno in faccia e spegnere quel sorrisetto beffardo."Ciao mamma, ci vediamo più tardi".Sua madre s'aggrappa alla porta, mentre loro cominciano a scendere le scale."Sì, ma chiamami appena hai finito. Non farmi stare in ansia!"
La stazione è molto affollata.
Giovani e non diretti in città.Fa la fila per il biglietto, l'oblitera e aspetta.Arriva il treno.Le porte si aprono e tutti si affrettano a salire, si spingono e corrono verso i pochi posti liberi.Ata resta in piedi.' Ti pareva! 'Con un sospiro si appoggia alla parete vicino alla porta.Si guarda intorno.Un lieve sorriso sulle labbra.Li riconosce subito.Non ha bisogno di ascoltare, le basta vedere.Prima sovrappensiero, poi un sussulto, gli zaini aperti in fretta, i libri estratti con mani nervose, la ricerca affannosa della pagina, del rigo, della parola che sfugge, poi il naso al soffitto, le labbra che si muovono in silenzio, un sospiro sollevato, il libro che si chiude e un'immaginetta che cade a terra (forse della Madonna, di San Gennaro o del proprio cane), il recupero agitato, un sospiro, una preghiera, un bacio e a posto, tra le pagine da benedire.I ragazzi che devono dare un esame.Ata si volta verso il finestrino della porta.Osserva il paesaggio che scorre davanti a lei.Non ripete, la mente si rifiuta.Non ha nessuna immaginetta con sè, non l'ha mai avuta, non ha mai pensato che potesse servire.Chissà, forse per questo è ancora qui."Ti accompagnerei, se potessi." le aveva detto Filippo. "Non posso, però, ho un matrimonio".Peccato.Ma, forse, è giusto così.Questa è una sua battaglia personale e deve combatterla da sola.Il treno si ferma, è giunta in città.
S' incammina a passo lento verso la sua facoltà.Ha tutto il tempo, è in anticipo.Il caos la investe. I rumori del traffico, la gente che cammina e che parla al telefono, un'auto della polizia che sfreccia a sirene spiegate...Atmosfera diversa da quella che respira nel suo piccolo paese.Non sa se vivrebbe mai in città, ma le piace venirci ogni tanto.Si sente libera, autonoma, sola con se stessa.Qui non è figlia, sorella, cognata, zia, vicina... è solo Ata.Giunge in facoltà.Cerca d'ignorare i giovani volti davanti a lei."Scusi," domanda in segreteria, " sa dirmi qual è l'aula in cui si terrà l'esame di filosofia?"Il segretario la guarda con sufficienza.
"Quarto piano, numero 7".
"Ma è oggi?"
Assurda e infantile speranza.
Altra occhiata di sufficienza.
"Certo, oggi".
"Grazie".
Deglutisce a fatica e si avvia lungo il corridoio.
Giunge davanti all'ascensore.
C'è un avviso.
Si prega di non superare il numero di tre persone. Nel caso si bloccasse l'ascensore, le spese di riparazione saranno a carico di coloro che la occupavano nel momento dell'arresto.
"Eh, ci manca solo questo!" mormora tra sè.
Aspetta che gli altri salgano e decide di salire al prossimo giro.
Al quarto piano c'è un grande giardino.
Esce e si lascia baciare da un timido raggio di sole.I ragazzi vanno su e giù, ridono, parlano, studiano...
In fondo, c'è un gruppo seduto sul muretto, in silenzio, davanti all'aula dove si terrà il suo esame.
Si tira indietro una ciocca di capelli, sospira, si avvicina, si siede accanto a loro e aspetta.
Le sembra di sentire l'ansia di ognuno di loro, è anche la sua.
Li osserva e si rende conto che non sono tutti giovanissimi, ci sono anche persone sposate tra loro.
Bene.
Un lieve sorriso sulle labbra, i lineamenti si distendono.
Arriva il professore con i suoi assistenti.
Tutti entrano nell'aula e prendono posto.Un brusio nervoso, seguito, poi, da un silenzio teso.
Il professore inizia l'appello.
"Ata!"
"Presente!"