Un cambiamento disattesoUn lettore attento e che segue le nostre pubblicazioni constaterà che, nell’edizione del fascicolo speciale dello scorso anno, il mio pezzo introduttivo aveva il medesimo titolo. Perché? Ritenevo gli esami di Stato dello scorso anno come gli ultimi da condursi senza una chiara certificazione delle competenze accertate e raggiunte dai candidati. E ritenevo invece che, con la tornata del 2015, andando a regime sia le Indicazioni nazionali per i licei che le Linee guida per gli istituti tecnici e professionali, adottate con il riordino avviato nel 2010, questa tanto attesa e necessaria certificazione avrebbe dovuto finalmente effettuarsi.E ciò anche in considerazione del fatto che sia le Indicazioni che le Linee guida – quest’ultime con definizioni indubbiamente più mirate e articolate – indicano quali sono le competenze da certificare in termini di “risultati di apprendimento” al termine del quinquennio [1]. In effetti, è semplicemente fuori del tempo che i nostri giovani, licenziati dal secondo ciclo di istruzione, non possano far valere sia per gli studi ulteriori che per il mercato del lavoro – scelte oggi a dimensione europea – un titolo di studio che, invece di indicare i punteggi conseguiti, sempre di difficile comprensione, “dichiari” chiaramente “che cosa sanno fare”.Insomma, pare che questa certificazione delle competenze… non s’ha da fare! Riprendere la nota intimazione manzoniana può sembrare eccessivo, ma il fatto è che ormai da ogni parte della nostra amministrazione si richiamano le istituzioni scolastiche e gli insegnanti all’insegnamento finalizzato alle competenze, al loro accertamento e alla loro certificazione, ma… sembra che da questo richiamo la conclusione degli studi secondari di secondo grado sia esclusa! Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?Eppure, la legge parla chiaro! Siamo nel lontano 1997 – lo scorso millennio – e nella legge di riforma degli esami di maturità, un concetto tutto di impronta gentiliana ma fuori della storia e della società, che ormai preferisce giovani competenti, che sappiano più “fare” che “essere” – pur se l’essere è sempre condizione del fare – abbiamo scritto all’articolo 6: “Il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell’esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni, al fine di dare trasparenza alle COMPETENZE, CONOSCENZE e CAPACITA’ acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea”.Tre concetti nuovi, rivoluzionari rispetto a una tradizione consolidata da decenni, concetti sui quali il Regolamento attuativo della legge doveva stendere parole chiare e definitive. Ma il Regolamento, dpr 323/98, all’articolo 1, comma 2, così recita: “L’analisi e la verifica della preparazione di ciascun candidato tendono ad accertare le CONOSCENZE generali e specifiche, le COMPETENZE in quanto possesso di abilità, anche di carattere applicativo, e le CAPACITA’ elaborative, logiche e critiche acquisite”. In effetti, era un po’ poco! Si trattava, invece, di dare indicazioni chiare alle scuole e alle commissioni d’esame, poste di fronte a un cambiamento che avrebbe dovuto essere epocale! Com’è noto, i generici bizantinismi non aiutano a modificare le cose.Chi scrive – allora ancora in servizio come dirigente tecnico – provò a mettere nero sul bianco, anche e soprattutto perché occorreva dare alle commissioni, che nella tornata del ’99 avrebbero dovuto operare secondo le nuove disposizioni, indicazioni operative che avessero un minimo di chiarezza. Un “nero sul bianco” che in quell’anno divenne un “dischetto” con tutta una serie di interventi autorevoli ed esempi operativi. L’anno successivo – gli insegnanti più anziani lo ricorderanno – i contenuti e le finalità del nuovo esame di Stato divennero una sorta di leit motif in una serie di trasmissioni televisive interattive con le scuole effettuate su Rai-Sat-3. Si trattò di dodici lezioni settimanali che ebbero luogo tutti i venerdì dal gennaio all’aprile.Pertanto, stante il fatto che ormai era una tradizione consolidata nelle nostre scuole ragionare e operare in termini di “sapere”, “saper fare” e “saper essere”, si potevano assumere e condividere, a proposito delle “parole nuove” che intendevano caratterizzare il cambiamento dal concetto di maturità a quello di competenza, le seguenti definizioni:CONOSCENZA come acquisizione di contenuti, cioè di dati, informazioni, termini, regole, procedure, metodi, tecniche, concetti, principi…, come insiemi di date conoscenze afferenti ad una o più aree disciplinari;COMPETENZA come utilizzazione delle conoscenze acquisite, necessarie per risolvere situazioni problematiche o produrre nuovi “oggetti”, in quanto applicazione concreta di una o più conoscenze teoriche;CAPACITA’ come utilizzazione responsabile e significativa di determinate competenze in situazioni organizzate in cui interagiscono più fattori e/o più soggetti e si debba assumere una decisione.Si trattava, ovviamente, di approfondimenti concettuali che potremmo definire provvisori, tuttavia aderenti a quanto indicato dalle definizioni date dal Regolamento. Non si trattava, infatti, delle definizioni che sono state date negli anni successivi anche e soprattutto con il concorso delle interlocuzioni avute con i partner europei nel contesto dell’Unione. Un modello di certificazione provvisorio… ancora in adozione!In effetti, in quegli anni, la ricerca e la letteratura in merito alle competenze non era affatto univoca e la stessa Unione europea, nata a Maastricht qualche anno prima, nel 1992, pur nelle sue diverse articolazioni, non dava indicazioni univoche precise in merito. In tale carenza dottrinale, nostrana ed europea – se si può dire così – il Ministero scelse la via più facile, quella di rinviare di due anni una vera e propria certificazione di competenze e di prendersi e dare alle scuole un periodo di riflessione.Fu così che, quando si trattò di definire un primo modello di certificazione conclusivo del nuovo esame di Stato con il dm 450/98, si optò per un modello in cui si indicassero semplicemente i risultati ottenuti in termini numerici del punteggio ottenuto dal candidato. Le commissioni, comunque, avrebbero potuto attestare le “ulteriori specificazioni valutative con riguardo anche a prove sostenute con esito particolarmente positivo”. Quindi, di una certificazione vera e propria e definitiva, neanche l’ombra! Il Ministero si prendeva il tempo per riflettere e decidere. E nel medesimo decreto, infatti, leggiamo: “I modelli delle certificazioni integrative del diploma hanno carattere sperimentale e si intendono adottati limitatamente agli anni scolastici 1998/1999 e 1999/2000”. Sono passati ormai sedici anni, ma di certificazione e relativi modelli ancora non si parla! E il dm 26/2009, che rinnova quello di undici anni prima, ovviamente nulla dice in proposito.Il ritardo in materia è grave in quanto non consente ai nostri diciannovenni in uscita dal sistema di istruzione di produrre un documento che certifichi ciò che veramente sono in grado di fare. E non c’è giustificazione alcuna al riguardo, perché nel corso degli anni la ricerca educativa comunitaria – e si ricordi che l’Unione europea e le sue istanze non sono organismi “altri” dai nostri, perché, com’è noto, anche noi ne facciamo parte e i documenti europei sono prodotti anche con il nostro contributo. Le competenze nei documenti dell’Unione europeaE’ opportuno quindi segnalare che, in materia di competenze il Parlamento europeo e il Consiglio hanno recentemente prodotto documenti definitivi, che ogni Stato membro dovrebbe considerare e far propri.Il primo documento è la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea del 18 dicembre 2006, che detta le competenze chiave di cittadinanza in grado di garantire a ciascun cittadino dell’Unione anche e soprattutto l’apprendimento permanente: 1) comunicazione nella madrelingua; 2) comunicazione nelle lingue straniere; 3) competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia; 4) competenza digitale; 5) imparare a imparare; 6) competenze sociali e civiche; 7) spirito di iniziativa e imprenditorialità; 8) consapevolezza ed espressione culturale.Il secondo documento è la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea del 23 aprile 2008, con cui viene istituito il Quadro europeo delle qualifiche (European Qualifications Framework, EQF) per l’apprendimento permanente. Si tratta di un sistema comparativo che permette di confrontare ed equiparare titoli di studio e qualifiche professionali dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea. In altri termini, un cittadino europeo che circoli per studio o per lavoro in ciascuno dei Paesi membri, sa che il suo titolo corrisponde a un preciso livello europeo debitamente riconosciuto.In tale Raccomandazione i risultati di apprendimento sono definiti in termini di CONOSCENZE, ABILITA’ e COMPETENZE. Si noti che la scansione di cui alla citata legge 425/97 e successivo Regolamento aveva adottato un ordine diverso e precisamente CONOSCENZE, COMPETENZE e CAPACITA’, un ordine che, ovviamente, oggi, va assolutamente corretto, anche perché la Raccomandazione dà definizioni formali ormai definitive, che ciascun sistema di istruzione sia generalista che di formazione professionale dei 28 Paesi membri deve fare proprio. Pertanto, con l’EQF si definisce, in modo chiaro e trasparente, il livello di apprendimento e di competenza raggiunto da un qualsiasi cittadino europeo in un certo ambito di istruzione e/o di formazione.I livelli adottati sono 8. Mi limito a riprodurre il primo, relativo a un’istruzione minimale di base, e l’ultimo, relativo ad alte specializzazioni.Livello 1 – CONOSCENZE generali di base. ABILITA’ di base necessarie a svolgere mansioni/compiti semplici. COMPETENZE: lavoro o studio, sotto la diretta supervisione in un contesto strutturato.Livello 8 – Le CONOSCENZE più all’avanguardia in un ambito di lavoro o di studio e all’interfaccia tra settori diversi. Le ABILITA’ e le tecniche più avanzate e specializzate, comprese le capacità di sintesi e di valutazione, necessarie a risolvere problemi complessi della ricerca e/o dell’innovazione e ad estendere e ridefinire le conoscenze o le pratiche professionali esistenti. Le COMPETENZE: dimostrare effettiva autorità, capacità di innovazione, autonomia, integrità tipica dello studioso e del professionista e impegno continuo nello sviluppo di nuove idee o processi all’avanguardia in contesti di lavoro, di studio e di ricerca.Le definizioni che oggi finalmente possiamo dare in via definita dei tre termini/concetti di CONOSCENZE, ABILITA’ e COMPETENZE sono le seguenti:CONOSCENZE – insieme organizzato di dati e informazioni relative a oggetti, eventi, procedure, tecniche, regole, principi, teorie, che il soggetto ap-prende, com-prende, archivia e utilizza in situazioni operative quotidiane procedurali e problematiche;ABILITA’ – atti concreti singoli che il soggetto compie utilizzando date conoscenze e dati strumenti; di fatto un’abilità costituisce un segmento di competenza;COMPETENZA – “la comprovata capacità di usare conoscenze, abilità e capacità personali (il Sé), sociali (il Sé e gli Altri) e/o metodologiche (il Sé e le Cose) in situazioni di lavoro o di studio e nello sviluppo professionale e/o personale. Nel Quadro Europeo delle Qualifiche le competenze sono descritte in termini di responsabilità e autonomia”. NB: Le virgolette stanno a indicare che si tratta del testo ufficiale della Raccomandazione europea, fatta eccezione degli scritti tra parentesi. Le Raccomandazioni europee nella normativa italianaLe due Raccomandazioni sono state fatte proprie dal nostro Governo.La Raccomandazione relativa alle competenze di cittadinanza la ritroviamo adottata dal dm 139/2007, relativo all’innalzamento e adempimento dell’obbligo di istruzione decennale, e dal dm 9/2010, relativo al modello di certificazione.Nel dm 139/2007 le otto competenze chiave di cittadinanza europee sono state così “curvate” alla specificità del nostro “sistema educativo di istruzione e formazione: 1) Imparare ad imparare; 2) Progettare (riguardano lo sviluppo del Sé in quanto persona); 3) Comunicare; 4) Collaborare e partecipare; 5) Agire in modo autonomo e responsabile (riguardano lo sviluppo del Sé in rapporto con gli Altri); 6) Risolvere problemi; 7) Individuare collegamenti e relazioni ( riguardano lo sviluppo del Sé in rapporto con la realtà naturale e sociale).I tre vettori relativi allo sviluppo della Persona riprendono in effetti quanto sancito del dpr 275/99 relativo all’autonomia delle istituzioni scolastiche, che all’articolo 1, comma 2 così recita: “L’autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di EDUCAZIONE, FORMAZIONE e ISTRUZIONE mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire loro il successo formativo, coerentemente con le finalità e gli obiettivi generali del sistema di istruzione e con l’esigenza di migliorare l’efficacia del processo di insegnamento e di apprendimento”. L’educazione riguarda lo sviluppo/crescita del soggetto all’interno di un contesto sociale organizzato; la formazione riguarda il suo personale sviluppo/crescita e apprendimento; l’istruzione riguarda l’acquisizione di quelle personali conoscenze, abilità e competenze che gli consentiranno di accedere con successo al mondo del lavoro [2].E’ opportuno ricordare che nel citato dm 139/2007 vengono anche individuate 16 competenze culturali così distribuite: 6 competenze afferenti all’asse dei linguaggi; 4 competenze afferenti all’asse matematico; 3 competenze afferenti all’asse scientifico-tecnologico; 3 competenze afferenti all’asse storico sociale. Si tratta da competenze che vengono accertate e certificate al termine dell’obbligo di istruzione decennale.La Raccomandazione relativa all’European Qualifications Framework è stata è stata recepita dall’“Accordo Stato Regioni (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Conferenza Permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano) per la referenziazione del sistema italiano delle qualifiche al Quadro Europeo delle Qualifiche (EQF – European Qualifications Framework), di cui alla Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 aprile 2008”, siglato il 20 dicembre 2012.Dal citato Accordo si evincono le seguenti corrispondenze tra i livelli europei e i nostri titoli di studio:livello1 – diploma di licenza conclusiva del primo ciclo di istruzione;livello 2 – certificato delle competenze di base acquisite in esito all’assolvimento dell’obbligo di istruzione;livello 3 – qualifica di operatore professionale;livello 4 – diplomi conclusivi del secondo ciclo di istruzione; diploma professionale di tecnico; certificato di specializzazione tecnica superiore;livello 5 – diploma di Istruzione Tecnica Superiore;livello 6 – laurea; diploma accademico di primo livello;livello 7 – laurea magistrale; diploma accademico di secondo livello; master universitario di primo livello; diploma accademico di specializzazione (primo livello); diploma di perfezionamento o master (primo livello);livello 8 – dottorato di ricerca; diploma accademico di formazione alla ricerca; diploma di specializzazione; master universitario di secondo livello; diploma accademico di specializzazione (secondo livello); diploma di perfezionamento o master (secondo livello).Nell’Accordo leggiamo anche che occorre “adottare le misure necessarie affinché, a far data dall’1 gennaio 2014, tutte le certificazioni delle qualificazioni rilasciate in Italia… riportino un chiaro riferimento al corrispondente livello del Quadro Europeo delle Qualificazioni per l’apprendimento permanente”.Gli 8 livelli europei sono scanditi secondo tre descrittori, ormai adottati anche nel nostro Paese: CONOSCENZE, ABILITA’ e COMPETENZE; e di ciascun livello si indicano le rispettive corrispondenze.Per quanto riguarda la conclusione del primo ciclo italiano, gli esiti di apprendimento indicati dall’Unione europea sono i seguenti:
- conoscenze: conoscenze generali di base;
- abilità: abilità di base necessarie per svolgere mansioni/compiti semplici;
- competenze: lavorare o studiare sotto supervisione diretta in un contesto strutturato.
- conoscenze: conoscenze pratiche di base in un ambito di lavoro e di studio;
- abilità: abilità cognitive e pratiche di base necessarie per utilizzare le informazioni rilevanti al fine di svolgere compiti e risolvere problemi di routine, utilizzando regole e strumenti semplici;
- competenze: lavorare o studiare sotto supervisioni diretta con una certa autonomia.
- conoscenze: conoscenze pratiche e teoriche in ampi contesti in un ambito di lavoro e di studio;
- abilità: una gamma di abilità cognitive e pratiche necessarie per creare soluzioni a problemi specifici in un ambito di lavoro e di studio;
- competenze: autogestirsi all’interno di linee guida in contesti di lavoro o di studio solitamente prevedibili, ma soggetti al cambiamento; supervisionare il lavoro di routine di altre persone, assumendosi una certa responsabilità per la valutazione e il miglioramento delle attività di lavoro e di studio.