Sono circa tre milioni le persone in Italia che soffrono di ipersonnie, patologie che predispongono al sonno durante il giorno. 25mila sono gli ammalati di narcolessia e tra i due e i tre milioni quelli colpiti dalla sindrome delle apnee notturne. Entrambe le patologie sono sotto diagnosticate, al punto che si stima sia solo del 25% la percentuale di persone sofferenti di ipersonnia curate adeguatamente. Sono i dati ricavati dalle associazioni Malati di Ipersonnie e Associazione Italiana Medicina del sonno. La narcolessia insorge dopo i dieci anni e prosegue per tutta la vita con picchi principalmente tra i quindici e i venticinque anni. Chi ne soffre è letteralmente in balia degli umori di Morfeo. Può addormentarsi ovunque: durante una conversazione, un concerto, aspettando l’autobus… Si manifesta con un’incontrollabile tendenza ad addormentarsi di giorno, aldilà del numero di ore passate a riposare durante la notte. Il sintomo più eclatante è la “cataplessia”, ovvero la perdita del tono muscolare causata da manifestazioni emotive come riso, collera, eccitazione e sorpresa, che precede l’assopimento vero e proprio. La malattia può essere la conseguenza di lesioni cerebrali, ma può anche essere trasmessa per via ereditaria. L’apnea notturna è invece l’interruzione del respiro durante il sonno, di solito legata all’eccesso di peso. È caratterizzata da episodi che si ripetono anche centinaia di volte con brevi intervalli di 10-30 secondi. Durante questi episodi l’ossigenazione del sangue tende a ridursi pericolosamente. Studiosi dello Sleep Disorders Center di Salt Lake City (USA) sono arrivati alla conclusione che le probabilità di soffrire di apnea ostruttiva notturna sono più elevate per le persone che assumono contemporaneamente farmaci antipertensivi e antidepressivi. Secondo le ricerche condotte dall’ospedale universitario di Barcellona è circa il 20% della popolazione mondiale a soffrirne.
La narcolessia in un film di Gus Van Sant: