Con un'operazione in notturna, la Turchia ha evacuato i 40 soldati che sorvegliavano la tomba di Süleyman Şah: un piccolo avamposto in territorio siriano in riva all'Eufrate, di grande rilevanza simbolica perché ospitava le spoglie mortali del nonno di Osman fondatore della dinastia ottomana e perché è stato ottenuto da Mustafa Kemal Atatürk dopo aver ripreso la Cilicia alla Francia (trattato di Ankara, 1921). Ossa e cimeli sono momentaneamente al sicuro in Turchia, troveranno nuova collocazione sempre in territorio siriano - ad Aşme - ma molto vicino al confine: in ogni caso fuori dalla portata dei miliziani dell'Isis, che già un anno fa avevano minacciato un attacco.
Perché proprio adesso la decisione di evacuare? Il motivo di fondo è il timore che lo Stato islamico, sconfitto a Kobane, potesse decidere di rifarsi con un'azione di grande impatto; per giunta, Ankara ha da pochi giorni formalizzato un impegno molto più fattivo nella coalizione anti-Isis,in virtù di un accordo con gli Usa per l'addestramento delle forze ribelli e a una partecipazione di sempre più alto livello nei vertici di coordinamento. Nell'imminenza delle elezioni politiche del 7 giugno, il costo di un nuovo scacco - dopo quello del personale diplomatico preso in ostaggio a Mosul lo scorso, poi liberato - sarebbe stato enorme: e infatti persino le strutture esistenti - comunque moderne - sono state smantellate, mentre la nuova collocazione è sempre in territorio siriano proprio per non dar troppo l'idea di una ritirata totale.
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