A me piace pensare che la morte è come noi vogliamo che sia, dopo morti intendo.Per qualcuno il nulla, per qualcun’altro una grande festa infinita, per altri ancora una vita diversa o tribolata.Detto questo, penso che questo libro, non solo colpisce in profondità rispetto al tema affrontato, ma stravolge le abituali narrazioni sulla questione zombie. Dico solo che, non si parla di morti viventi che vagano in cerca di un morso, per loro ‘vitale’, ma di persone che hanno bisogno di essere seguite e amate ancor più di prima, che donano ai vivi un inedito spazio-tempo per poter allungare la convivenza, per aver tempo di separarsi o per non voler separarsi.Il romanzo è credibile, a partire dalla bravura dell’autore nel lavoro di narrazione ma anche nell’idea di creare uno scenario che non è apocalittico, come spesso accade in questi casi(quasi sempre) ma che riguarda solo alcuni morti in una Stoccolma sull’orlo del caos.
Un libro horror che non è horror, vien da dire.
In quarta di copertina si parla de ‘lo Stephen King svedese’ e questo ovviamente è un pò forte come giudizio.E’ vero che ricorda, per stile e atmosfere, il re del brivido ma la strada è lunga e forse, non è esattamente la stessa.Sicuramente, gotico svedese è appropriato.Non ho letto il suo primo romanzo Lasciami entrare(lo farò quanto prima), quindi non faccio comparazioni, che comunque non mi piace fare.
Un’istantanea: Continuavano a girare in tondo e le loro ombre scivolavano sulle facciate degli edifici.I morti viventi ballavano.
Fa.Ro.