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“L’estate del coniglio nero” di Kevin Brooks, Piemme

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

coniglionerocopUn thriller per dirsi ben riuscito deve essere in grado di inchiodare alle pagine, deve contrastare la necessità del lettore di chiudere il libro, creare suspense e ansia nel rincorrere, una dopo l’altra, le righe che tracciano la storia.
Sicuramente “L’estate del coniglio nero”, noir per giovani adulti scritto da Kevin Brooks e pubblicato da Piemme nella collana Freeway, possiede queste caratteristiche e, riesce, dopo un avvio appena un po’ più lento del resto dello svolgimento, a rapire e tenere alta e serrata l’attenzione.
Ma credo anche che sia un’opera che riesce ad andare oltre. Oltre l’emozione di un racconto avvincente, oltre la frenesia di sapere il colpevole e tracciare le fila, interconnesse delle vicende.

L’essere in grado di andare oltre, di fuggire quindi anche alle definizioni – a volte troppo facili e rapide – di genere, è la caratteristica che rende un libro ricco. Ricco di emozioni, ma anche di spunti, di suggestioni, di atmosfere.
La complessità, se riesce ad andare di pari passo con l’accessibilità e quindi ad aderire più al senso che alla forma, è indubbiamente nota positiva in una pubblicazione per ragazzi, i quali non sono, nella maggior parte dei casi, lettori sciocchi, non si accontentano.
E, soprattutto, sanno riconoscere quando un romanzo aderisce davvero al loro mondo, ne porta le impronte, o quando il parlare dei giovani è solo un artefatto, che procede per luoghi comuni.

Ecco, il primo aspetto che vorrei sottolineare del romanzo, prima ancora di approfondirne trama e tematiche, è proprio, a mio parere, la capacità di incontrare lo spirito dei ragazzi, coetanei dei personaggi.
Non tanto per verosimiglianza dei fatti  - ché sempre di un’opera di fiction si tratta – quanto per finezza psicologica nel saper andare dritti al cuore di un senso di smarrimento, di una perdita, sovente, ma anche di una ricerca, a suo modo, di valori che non rispondono più, come forse un tempo, a dettami calati dall’alto, ma hanno bisogno di trovare nella relazione con l’altro, e nella rispondenza al proprio universo interiore, il proprio significato.
“L’estate del coniglio nero” si fa così anche ritratto generazionale, soprattutto dei legami che intercorrono tra i membri della generazione raccontata,  grazie all’abilità dell’autore nel caratterizzare i suoi protagonisti e comprimari, assieme all’ambiente – tessuto di legami sociali e interpersonali – che li vede muovere.
I ragazzi di Brooks non sono, perlomeno non tutti, ragazzi perduti, sono però ragazzi in difficoltà, che devono molti dei loro problemi alla società, ai loro genitori, alla difficoltà di vedersi e incontrarsi davvero su un piano intimo e profondo. Sono ragazzi che non hanno ereditato tutti i codici per accedere alla realtà, e allora di quella realtà diventano vittime. E facendosi vittime si tramutano, come spesso accade, in carnefici.
Solo Pete, il protagonista e narratore, probabilmente si salva. E lo fa non perché privilegiato di fatto ma perché, forse, più accudito emotivamente.
Pete ha più strumenti: una famiglia accogliente nella quale esiste un dialogo, un buon livello di maturità, una capacità maggiore degli altri di andare oltre le apparenze, un sistema di riferimenti che si evince, fin dalle prime pagine, abbastanza solido.
Eppure anch’egli arranca nel tessere legami autentici, anche lui fatica nella definizione di amicizia, di amore, anch’egli tende a naufragare in un grigiore di intenti e di progetti che pare avvolgere tutto l’ambiente d’intorno, una periferia americana dove le differenze sociali pesano e incidono sulla vita della gente.

Pete ha sedici anni, figlio di una tranquilla coppia benestante – padre poliziotto ma non autoritario, madre protettiva ma non ossessiva.
E’ un’estate torrida che si trascina lenta nel piacere e l’indolenza del far nulla, quando una telefonata inaspettata interrompe la noia.
A chiamare è Nic, vecchia amica e vecchia fiamma, la quale, in procinto di trasferirsi all’estero con la famiglia, invita Pete ad una rimpatriata. Saranno in cinque: oltre al ragazzo e la ragazza, Eric – gemello di Nic, borioso e sfuggente – Pauly – infido e insicuro – e infine Raymond –non invitato ufficialmente ma unitosi al gruppo per insistenza di Pete.
Raymond infatti è un tipo strambo, che passa le sue giornate in giardino e conversa con un coniglio nero, ma è anche l’amico più caro di Pete, l’unico con il quale, anche col trascorrere degli anni, egli non abbia mai perso legame.

Il programmo è semplice, nulla di troppo trasgressivo: i cinque si vedranno nel covo di quando erano ragazzini – un capanno fatto di vecchie travi e immerso nella boscaglia – per bere e fumare, dopodiché andranno a terminare la serata nel luna park ambulante che staziona in città.
Ma la serata prende fin dal suo inizio una piega poco promettente.
Dall’incontro con la banda dei bulli delle case popolari capeggiati da Campbell “il duro” fino alla lite con Nic, in seguito a delle avances fatte dalla ragazza in una condizione un po’ brilla, dalla fuga la luna park per ritrovare Raymond fino al sospetto di misteriose relazioni tra i suoi ex amici, per Pete si tratterà di una sequenza delirante di eventi, tra allucinazioni, flash back, postumi di sbornia e inquietanti presagi.

E se anche fosse vero che perfino la peggior giornata vede il suo tramonto, così non sarà per il giovane protagonista che dovrà, al risveglio, affrontare fatti ben più drammatici dei suoi confusi ricordi e indistinti timori.
Ben due sono infatti le persone, che dopo la notte brava al luna park si rivelano disperse: la prima è Stella, bellezza locale diventata famosa grazie a pubblicità e serie TV, e il secondo è lo stesso Raymond.
Va da sé che, vista la fama di strano personaggio che da sempre aleggia sul ragazzo, le due sparizioni vengono subito collegate e i sospetti della prima scomparsa ricadono rapidamente sul secondo.
Ma per Pete le cose non quadrano ed è sicuro che la polizia, padre compreso, siano prossimi a prendere una cantonata. Raymond, è certo, non farebbe male a una mosca.
E poi…chi ha ucciso e decapitato il coniglio nero che lui stesso al mattino ha trovato appeso al cancello della casa dell’amico? Perché durante la notte al luna park Eric e Campbell, così diversi tra loro per carattere e appartenenza sociale, erano intenti a confabulare? Cosa si agita nell’intimo di Pauly, emarginato che gioca a fare il buffone per entrare nelle grazie dei prepotenti? Perché Eric ha mentito sull’orario del suo rientro a casa la mattina dei fatti? E cosa è accaduto a Nic dopo averla vista flirtare a notte fatta  con un giostraio?

Tanti gli interrogativi di una vicenda che agli occhi altrui parrebbe già risolta…Pete, con coraggio, tenacia e intelligenza, correndo rischi anche drammatici, si getterà nella risoluzione del caso, deciso a riscattare e trovare l’amico e ad ascoltare tutti i campanelli d’allarme che gli risuonano dentro.
E se qualche punto rimarrà aperto è probabile che non sia per incapacità dell’autore di venire a capo della sua stessa storia, quanto perché uno dei significati, appunto, di quella storia è raccontare il fluire e l’incerto della vita, la crudeltà di una società che non è quasi mai in grado di proteggere i suoi figli, soprattutto quelli che chiama diversi.

Un romanzo fluido e scorrevole, molto ben costruito, che lascia che il lettore si accori e che, allo stesso tempo, non perda alcun passaggio, che entri perfettamente nella psiche dei personaggi che vede correre sulla carta.
Una storia intensa, non troppo generosa con i suoi protagonisti, che non si macchia né di buonismo né di moralismo, né di facili verità né di improbabili quadrature dei cerchi.

Di temi e contenuti importanti ce ne sono tanti. Dall’amicizia alla ghettizzazione della diversità, dal malessere sociale alla difficoltà di entrare in relazione , dall’incapacità di accettare se stessi e gli altri alla brama di apparire e essere accettati, dalla faticosa costruzione di un insieme di valori che non sa su cosa poggiare all’assenza, di fatto, di figure genitoriali che si facciano esempio e guida affettiva.
Il male di crescere, il male di amare ma, sotto e non troppo nascosta, anche la spinta irresistibile a non arrendersi, a ricercare la verità – la propria – e a diventare adulti con coraggio, pagando tutti i pegni, tutte le perdite e tutte le mancanze.

(età consigliata: dai 14 anni)

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