motivetto dei Righeira in testa, ricomincio a scrivere le recensioni delle sfilate parigine ( QUAL E' LA PIU' GRANDE SORPRESA CHE VI POTESTE ASPETTARE PER CAPODANNO? UN MIO NUOVO POST! DELLA SERIE "CHI PUBBLICA A CAPODANNO, PUBBLICA TUTTO L'ANNO (SO GIA' CHE NON FINIRA' COSI', MA VABBE').
NB.: TUTTO QUELLO CHE TROVERETE SOTTO E' STATO SCRITTO UN CASINO DI TEMPO FA, NON HO MAI FATTO IN TEMPO A FINIRE IL POST MA ORMAI NON SOLO LE COLLEZIONI SONO IN NEGOZIO, SI AVVICINANO I SALDI, QUINDI CREDO DI DOVER PUBBLICARE!
(Lasciate stare il fatto che l'estate sia già finita da un pezzo. Ci metto un po' a elaborare i miei post e questo l'ho cominciato più di tre mesi fa).
lo sai che non mi va...) da dove ci eravamo lasciati, cioè al secondo giorno, dopo la bellissima, barocchissima, Vuitton. E' il turno di Victor and Rolph Monsieur, Gaultier, Yamamoto, Van Noten e Vibskov.
Un blogger serio vi farebbe un accurato resoconto della collaborazione tra V&R e Piet Parra, di come Gaultier abbia perso il suo smalto (non è mai un buon segno che uno stilista passi dalle sfilate alle presentazioni), etc. etc.
Io, però (grazie al cielo), non lo sono.
Così eccoci arrivati, miracolosamente, alla penultima (ultima, per me) sfilata della giornata: quella di Dries Van Noten.
La sfilata è intitolata "The morning after". La mattina seguente. Tutto ruota intorno a un'idea di lusso rilassato ma sontuoso, con vestaglie in seta, maglie che cadono morbide, stampe paisley...capi dal sapore bohèmien, perfetti su una rockstar maledetta,
Dries non si è risparmiato i ricami, o i jeans tinti in maniera sembrare pantaloni in pelle, e neanche qualche incrostazione di gioielli sulla maglieria, per una collezione bella quanto immettibile.
(Foto da Sonnyphotos.typepad.com e Dazed&Confused)
Il terzo giorno si preannuncia interessante. Watanabe apre le danze al ritmo di musica Klezmer, e cosa meglio di questo genere ebraico per una sfilata nostalgica, ispirata ai migranti di inizi novecento? Capi che cadono comodi,come ci fossero stati passati da un cugino molto più grande, patches all'inverosimile e tessuti stropicciati, questa è la collezione. Se l'ispirazione è affascinante, il tutto si risolve, però, in un esercizio veloce e ripetitivo, ed meglio il dannatismo bohémien di Van Noten. Allo stesso modo non colpisce l'estetica "amish" e ripetitiva di Ann Demeulemeest er,ma questi sono gusti personali.
Da Margiela le cose non sono ciò che sembrano. I modelli sono musicisti, il poncho in pelle è costruito da vecchie bikers, il maglione da berretti bretoni e i primi completi che sfilano sono in realtà tute. Nonostante questi pezzi interessanti, si percepisce una certa stanchezza creativa: la maison sembra intrappolata tra la necessità di far quadrare i conti e quella di preservare uno spirito "decostruttivista". Ma qual è il fil rouge della collezione? Quale il messaggio?
(Margiela*2, da Dazed&Confused e Watanabe, da style.com)
La sfilata che viene dopo è quella, ignorata da tutti (Vogue, bloggers, style.com, etc.etc.) di Atelier Gustavolins. Gustavo, lo stilista, ha dato via al suo brand nel 2003, e ad oggi è l'unico membro latinoamericano (viene dal Brasile) della Chambre Syndacale blabla.
Se di solito si usa direUna collezione gradevole, ma uno stilista non si può permettere un'oraziana Galliano non convince più di tanto. Una sfilata carina, ma non eccezionale. Con tutto il rispetto per il bravo sarto Gaytten, che senso ha tenere in piedi la maison senza il suo fondatore, senza la sua carica propulsiva? Anche qua, insomma, vale il suddetto discorso sull' show per indicare una sfilata, con Atelier Gustavolins non è proprio il caso. La struttura è piccola, gli ospiti accalcati e stretti, sulla passerella (se così la possiamo definire) nessun eccesso o rivoluzione dei canoni della moda. Ma in fondo, non è un male: i 16 look sono androgini, i dettagli curati, materiali lussuosi e atmosfera rilassata. Caratteristiche le ampie giacche e sciarpe drappeggiate, i dettagli kimono, i pantaloni lounge e le sottili cinte in pelle.
Alla stessa maniera non mancano due capi più sperimentali (drappeggi arditi e inserti in pelle per un coprispalla), né cappotto oversized puliti, ma non troppo rigorosi.
aurea mediocritas, se vuole sfondare.
Juun J. non mi piace, quindi, democraticamente, non la recensisco (e diciamolo, basta con 'ste silhouettes ipertrofiche, bombate, strapazzate, impossibili! Eccheppalle! -parlo anche a te, Mr. Wang!).
Pure su Comme des Garçons Homme Plus non mi esprimo, ché è meglio. Certo, ammesso che non stiate cercando una giacca per il torero moderno, quello che non deve chiedere mai, che del bolero si è disfatto tempo fa. In quel caso, allora sì, guardatevi la sfilata, e poi correte a comprare la suddetta giacca da 10 Corso Como.
Ma ho lasciato le punte di diamante della giornata per ultime: ecco ora Krisvanassche, Cerruti, Givenchy e Berluti a rendere pimpante un giorno altrimenti poco emozionante (scusate la brutta rima). Aurea Mediocritas.
Kris Van Assche (riuscitò mai a scrivere il suo nome correttamente alla prima botta?)parte dall'interessante esperimento di mischiare più capi d'abbigliamento, e diverse "occasioni": la camicia si fonde alla maglia, la giacca elegante ospita un pannello di felpa e così via. Non mancano, per ribadire il concetto di fondere abbigliamento sportivo e formale, i richiami al mondo dello sportswear americano, con quel motivo a uccelli ripetuto ossessivamente e che tanto mi ricorda la scorsa FW di Dior Homme, disegnata, guarda caso, dallo stesso Kris.
I pezzi presi singolarmente riescono a entusiasmare un amante delle maglioncamicie (nuovo tipo di capo) come me (link alla maglioncamicia di Valentino), sacrificando poco sull'altare della creatività assoluta (=immettibilità/invendibilità), ma nell'insieme la collezione sembra un po' troppo fredda, asettica: è il punto di maggior debolezza del designer belga, la conseguenza negativa del suo metodico minimalismo.
(foto da Tumblr - i siti precisi 'nme li ricordo più, che ci devo fa')
Cerruti è la piacevole sorpresa della FW parigina. Ha detto lo stilista ad Angelo Flaccavento, in un'
Lo stilista, al debutto, è l'italiano Aldo Maria Camillo, che, dopo aver contribuito a rilanciare il menswear di Valentino, s i trova per la prima volta al timone di una maison.La collezione è pensata con il signor Nino come modello, pur avendo lui venduto il brand da anni. Camillo non ha voluto stupire, ma ha creato una collezione che fungesse da fondamenta per le future stagioni, un'idea.
Abbigliamento sartoriale, sì, ma reinterpretato in chiave fresca,nonchalante, grazie a una spasmodica attenzione al dettaglio: tessuti (in maggior parte Lanificio Cerruti, of course), lavorazioni sartoriali, abiti spezzati, inserti in pelle e maglie dal collo insolito, a metà tra polo e dolcevita, che sostituiscono la camicia.
Una di quelle rare collezioni che potrebbero essere prese e indossate così, all'istante, esattamente come in passerella, senza il rischio di essere scambiati per un'Anna dello Russo con qualche pelo in più.
intervista per Moda24: "
Forse, con il senno di poi, avrei potuto calcare un po' la mano, però in questo stadio per me era essenziale creare un codice e definire una silhouette, che ho voluto lunga e sensuale. Nel poco tempo a mia disposizione, penso di aver posto una base. Sono felice, inoltre, di aver coinvolto il signor Nino e il suo lanificio, perché il lusso di poter creare le proprie stoffe è ciò che ha sempre reso unico Cerruti. Insomma, un solido inzio per una marca che promette bene.
[...]
Quando sono arrivato non c'era nulla. Ho formato l'intero team e creato un atelier interno, in modo da sviluppare i prototipi in casa e poter sperimentare ".
(foto da Dazed&Confused, Vogue.it e Purple.fr)
Givenchy mi sorprende per la seconda volta (bellissima la SS13, su cui avevo scritto un pezzo lunghissimo poi perso tra le note dell'Ipad), molto bellina anche Berluti...
Ecco, qui ero arrivato a scrivere, e così vi lascio:)
*= Dopo aver scritto tutta 'sta stronzata mi meriterei il premio di blogger dell'anno, altro che... vabbè, non faccio nomi. Coff*Chiara*Coff*Ferracne.