Oscar Wilde fece confusione fra vita e opera, tentando di gestire artisticamente la propria esistenza. Fu un personaggio molto in vista, l’esponente principale del Decadentismo inglese, come Baudelaire lo fu per la Francia e D’Annunzio per l’Italia; anzi, possiamo dire che Wilde fu l’estetismo inglese.
Con Decadentismo intendiamo un genere letterario e un atteggiamento che impregnò di sé tutta la fine del secolo. Il termine fu usato per la prima volta da Verlaine, riferito alla pittura impressionista.
In Inghilterra il Romanticismo viene messo in crisi dal compromesso vittoriano che si basa sulla grandezza inglese, sul filantropismo, sulla fiducia nella scienza. Gli ideali di uguaglianza e libertà sono messi da parte, impera il romanzo di Dickens e Thackeray, incentrato sullo step up e sempre a lieto fine. La spina dorsale dell’Inghilterra economica è la classe mercantile che fa suo il moralismo calvinista e puritano. Il giudizio della società diventa più importante di quello divino, il sesso è un tabù. È promulgata una legge contro gli omosessuali maschi (non contro le femmine perché nessuno ha il coraggio di spiegare alla regina che esistono anche donne omosessuali) Wilde finirà in galera, a Reading Gaol proprio perché ammetterà di essere omosessuale.
Poiché, dunque, tutti gli ideali romantici sono in crisi, si tenta di sostituire a essi le sensazioni, nasce così l’estetismo. Le sensazioni non sono più intese come la parte più bassa dell’uomo ma sono rivalutate in una prospettiva gnoseologica come forma di conoscenza. Il decadentismo inglese è una nuova fiammata romantica che brucia di sensazioni.
Wilde, nato nel 1854, è culturalmente anglo irlandese, è influenzato dalla cultura dublinese della metà dell’ottocento, dai movimenti estetizzanti di Oxford e dalla Francia. In lui manca completamente la componente puritana, il suo approccio alla vita è nel senso del godimento.
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