Non ho più l’età per fare certe cose.
Quando questa frase ce la diciamo da soli va bene, ma se sono gli altri a farcelo notare, io mi arrabbio sempre parecchio.
Per fortuna conosco un sacco di persone in gamba che sono rimaste tali e quali al di là del passare del tempo e delle esperienze vissute. Certo, magari si sono sposati, hanno avuto figli, hanno cambiato lavoro, casa, abitudini. Eppure le vecchie passioni, pur maturate e affinate, sono sempre le stesse.
Se a uno piace leggere fantascienza a 18 anni, perché dovrebbe sentirsi un cretino se lo fa ancora a 50 anni? Dove sta scritto che è una cosa sconveniente o immatura?
La realtà è che non c’è un’età giusta e una sbagliata per conservare e “nutrire” certi interessi. Conosco uomini e donne ben oltre gli “anta” che fanno ancora cosplay, giochi di ruolo, che leggono fumetti o che guardano i cartoni animati.
Ovviamente il problema è soprattutto italiano, paese in cui le persone strambe vengono additate, giudicate e quindi emarginate. Oppure frequentate per essere schernite.
Ok, certi eccessi sono effettivamente pacchiani. Tuttavia è un problema generico. Vedi quelle 60enni grasse e sfatte che insistono con l’andare in giro in minigonna e calze a rete. Ok la libertà, ma anche un minimo di buon gusto non farebbe male. Uno specchio in casa spesso aiuta.
Ma è proprio il buongusto, oggettivo o soggettivo che sia, a rappresentare l’unico limite che concepisco. Tutto il resto è fuffa. Non siamo stati progettati geneticamente per essere dei cazzoni da giovani, dei seriosi lavoratori nella mezza età e dei vecchi piagnoni quando diventiamo anziani. Chi si lascia fregare da certe convenzioni inizia a morire prima del tempo. Certo che la società ci spinge proprio in questa direzione: a spendere soldi per cose che non ci appagano, per frequentare gente noiosa, lontanissima dai nostri interessi, roba che a dircelo a vent’anni non ci avremmo mai creduto.
E tutto per cosa? Per guadagnare una presunta rispettabilità.