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L’etica non è altro che “ospitalità”!

Creato il 15 marzo 2010 da Pinomario
Se fossimo capaci di non dipendere sempre dalle labbra di presunti e presuntuosi esperti televisivi, di ipotetiche guide politiche, di cesellatori del nulla, di cattedratici fasulli, di illusionisti e di imbonitori. Se fossimo capaci di “congedare” tanti sedicenti “padri”, “umani, troppo umani”, e invidiosi della nostra autonomia, e, come Diogene con l’uomo, andassimo alla ricerca dei soli maestri degni di questo nome, quelli che, come Socrate, non reputano un pregio il nostro essere attaccati alle loro gonnelle e non considerano principale virtù l’obbedienza, ma godono nel vederci camminare con le nostre gambe, sulle “nostre” strade. Se non ci lasciassimo possedere dalla frenesia di essere alla moda, a ogni costo, anche nelle letture, cercando solo il libro “di cui si parla”, come se fosse l’ultimo modello di telefonino, allora forse ci potrebbe capitare di notare tra i tanti libri delle grandi librerie, oggi per fortuna tanto diffuse, anche un libretto del vecchio Kant (1700), - quel filosofo che, tra l’altro, invitava gli uomini a uscire dallo stato di minorità “imputabile a se stesso”, - dal titolo Idee per una storia universale (in Kant, Scritti di storia, politica e diritto, Laterza). Se non avessimo timore di apparire “anacronistici”, e ci lasciassimo tentare dalla curiosità – essenziale qualità intellettuale oggi troppo facilmente rimpiazzata dal voyerismo mediatico -, allora ci darebbe da pensare il breve discorso fatto in quel libretto. Un libro che, come scrive Bauman (L’etica in un mondo di consumatori, Laterza), “diversamente da altri libri dello stesso autore…se ne stette per due secoli a raccogliere polvere nelle biblioteche universitarie…letto solo da devoti archivisti del pensiero…ed esiliato nelle note a piè di pagina...delle monografie dotte”. Un piccolo saggio che pone la questione della cittadinanza mondiale, oggi così centrale nelle analisi delle sfide poste all’umanità dalla mondializzazione e dalla interdipendenza planetaria.Si tratta di brevi riflessioni che potrebbero costituire – e sarebbe bello se così fosse! - un cibo nutriente anche per tanti giornalisti, politici, governanti, opinionisti a buon mercato, per i tanti megafoni della voce del padrone, per religiosi di ogni religione e sedicenti cristiani sempre a braccetto con forze e gruppi nazionalisti, xenofobi o addirittura razzisti, per credenti fanatici e integralisti, e per gli sprovveduti teorici dello scontro di civiltà! Ma forse a tutti questi manca proprio la curiosità intellettuale e l’interesse profondo per la condizione umana! E allora potremmo cominciare con il leggerlo noi!Ebbene una delle riflessioni condotte da Kant in quel breve saggio appare – a pensarci su - talmente ovvia che si fa fatica a capire come non sia ancora capace di illuminare opinioni e scelte di chiunque abbia solo l’uso della ragione!Kant nota che il pianeta su cui viviamo è una sfera: osservazione evidentemente banale ma – come capita spesso a tante “verità” apparentemente accettate, addirittura “urlate”  o ciecamente credute – difficile da “espandere” nelle sue conseguenze, a quanto pare! Infatti se tutti siamo d’accordo di trovarci e di muoverci su una sfera, non sembriamo tutti convinti di essere, per questo, “destinati” a vivere l’uno a fianco dell’altro, l’uno in compagnia dell’altro. Non tutti siamo convinti – a volte perché cinicamente illusi - che su una superficie sferica, anche se cercassimo di allontanarci da un lato ci avvicineremmo dall’altro, in altre parole ogni tentativo di porre distanze è destinato a fallire! Insomma se ci lasciassimo guidare dalla ragione e non dagli “effetti speciali” di fumose ideologie, capiremmo che la stessa nostra autoconservazione ci spinge verso quella che Kant considera l’unificazione del genere umano in una unica cittadinanza, comunque strutturata. È quasi una legge della natura, secondo Kant, a cui presto o tardi dovremo abituarci. Come scrive anche Bauman, commentando quelle riflessioni di Kant, prima o poi non rimarrà nessuno spazio libero in cui, quelli tra noi che trovano i luoghi già popolati troppo limitati – o troppo scomodi, o ingombranti, o sgradevoli o troppo stretti, o troppo colorati(!), o troppo pluralisti(!), ecc.-, possano avventurarsi o arroccarsi!

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