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L’etichetta e l’indice glicemico: la consapevolezza del cibo che acquistiamo.

Creato il 22 ottobre 2012 da Luigi2010

Indice_glicemico

In Italia , troviamo ben esposti ( va bene, certo , sul retro della confezione , a volte in lettere molto piccole , …) sia gli ingredienti usati (a volte pure le quantità degli stessi ) sia le tabelle nutrizionali per 100 gr. di prodotto , che sono senz’altro utilissimi per orientare il consumatore attento ad una scelta più consapevole. Nonostante ciò , nel mondo occidentale , ed in Italia in particolare , l’abuso del cibo, degli alimenti con cui ci nutriamo, sono la causa di un sacco di problemi: sappiamo per es. che oggi , circa sei milioni e mezzo di italiani rischiano di diventare diabetici (e solo la metà ne è consapevole…) e che l’O.M.S. cioè l’organizzazione mondiale della sanità , ritiene che nel 2030 il diabete diventerà la quarta causa di morte in Europa. Sappiamo anche che il diabete , come l’obesità , l’ipertensione arteriosa , l’ipercolesterolemia (cioè l’eccesso di colesterolo del sangue) tutte conseguenze della scorretta alimentazione, fanno parte di quella sindrome patologica definita come “sindrome metabolica” che risulta essere chiamata in causa per l’insorgenza di molte patologie gravi che colpiscono, spesso con esito infausto, le popolazioni occidentali ,come infarti del miocardio e tumori.

Certo , manca una reale consapevolezza sugli effetti dei cibi sul nostro stile di vita , spesso sedentaria e frenetica nello stesso tempo e, soprattutto, manca una vera e pratica educazione alimentare. Non molti , per es. sanno cosa è l’indice glicemico di un alimento. Infatti tale valore indica la velocità con cui un alimento è in grado di aumentare la concentrazione degli zuccheri nel sangue (glicemia) dopo il pasto. Tale valore quando è alto ( alto indice glicemico) è sinonimo di carboidrati (nutrienti contenuti nei cibi con zuccheri o amidi) assimilati ed assorbiti velocemente che , altrettanto velocemente , fanno alzare la glicemia. Al contrario i cibi con carboidrati che vengono assorbiti ed assimilati più lentamente (con basso indice glicemico) determinano una più lenta e graduale crescita della glicemia.

Da tale indice si ricava poi il carico glicemico di un alimento , cioè il dato realmente utile per capire in pratica , ( moltiplicando l’indice glicemico di un alimento con la quantità di carboidrati contenuta nella quantità dello stesso alimento che si intende consumare diviso 100) , quanto questo incida sull’aumento della glicemia . Nel diabete di tipo 2 ( la grande maggioranza dei diabetici è affetta da questa forma) il malato , pur producendo l’ormone deputato ad abbassare la glicemia , determinando l’ingresso degli zuccheri nelle cellule(ormone che si chiama insulina), queste ultime non sono recettive al suo stimolo come le cellule di un individuo sano , per cui la glicemia non si abbassa ,mantenendo dei valori troppo elevati. Tralasciando le conseguenze di tale evenienza che possono diventare molto gravi se non curate con farmaci (come ad es. la medformina), possiamo però intuire il vantaggio di mantenere più bassa la glicemia pur utilizzando una quantità di alimento che sazia, cioè utilizzare un alimento a basso indice glicemico ed a basso carico glicemico. L’ esempio viene facile con la pasta , il tipico piatto italiano: Se utilizzo una pasta con indice glicemico 50 ed una quantità di carboidrati pari a 70 gr. per 100 grammi di prodotto, per nutrirmi con un piatto da 100 gr. di tale pasta ottengo un carico glicemico di valore 35 . Se invece utilizzo una pasta con indice glicemico 23 ed una quantità di carboidrati pari a 58 gr. per 100 gr. di prodotto pur nutrendomi con 100 gr. di tale pasta il carico glicemico a cui sottopongo il mio organismo diventa 13,34, cioè quasi 2 terzi in meno rispetto alla prima , con ovvie conseguenze positive sul metabolismo “alterato” di un diabetico.

Pur non esaminando in maniera più approfondita le variabili che incidono sull’indice glicemico di un alimento, possiamo intuire le potenzialità di una chiara indicazione sulle etichette dei prodotti contenenti carboidrati dell’indice glicemico degli stessi per poter indirizzare le scelte alimentari non solo per i diabetici, ma per tutti i consumatori, in quanto un consumo eccessivo di cibi ad alto indice glicemico, oltre a favorire un eccesso di glicemia, porta d’ingresso per il diabete di tipo 2, determina nel tempo aumento di peso ( in quanto i carboidrati non consumati per scopo energetico dalle cellule , vengono immagazzinati nell’organismo sotto forma di grassi ), con tutte le conseguenze che si scatenano con la suddetta sindrome metabolica.

Alcune nazioni, come l’Australia o il Canada, chiaramente consapevoli dell’importanza di tale valore, fanno apporre sulle etichette degli alimenti la sigla “alimento ad alto/basso indice glicemico “ determinando una collocazione più precisa dello stesso , e determinando per ricaduta la quantità di prodotto che è conveniente consumare (poco/tanto). Un Passo avanti notevole rispetto al nostro paese , in cui, nonostante l’ importanza dell’impatto dell’alimentazione sulla nostra salute, anche nei prodotti specifici per diabetici manca completamente qualsiasi indicazione a tale indice. A questo punto infatti , capirete tutti quanto sarebbe di grande aiuto alla salute del consumatore (ed alla diminuzione della spesa sanitaria , ancor più in questo periodo …), oltre ad una maggiore informazione , specificare addirittura il valore numerico dell’indice glicemico sulla confezione del prodotto , facilitando enormemente scelte ancora più consapevoli nel nostro stile di vita.


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