E in attesa che questi “nuovi” protagonisti della scena politica italiana si decidano – dopo quasi due mesi di chiacchiere – a fare un governo che porti il paese fuori dalla crisi, apprendiamo dati allarmanti sull’economia del nostro paese. Della disoccupazione e dei licenziamenti abbiamo già parlato. Un altro dato importante riguarda l’erosione sul potere d’acquisto dei nostri stipendi causata dell’euro. Ebbene – studio Adepp (Associazione degli Enti Previdenziali Privati) - dal 2005 al 2010, la moneta unica ha ridotto il potere d’acquisto dei cittadini da un minimo del 10% a un massimo del 18%. Un’enormità. I più fortunati sono i tedeschi. Per loro 100 euro del 2005, valgono oggi 100 euro. Appena sotto i francesi con 89 euro, gli italiani con 87 euro e gli altri a ruota.
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Praticamente, grazie all’euro tanto amato da gente come Prodi e altrettanto odiato da gente come la Thatcher (che a tal proposito disse: “L’euro è un pericolo per la democrazia, sarà fatale per i paesi più poveri. Devasterà le loro economie“), l’italiano ha perso ben 13 euro per ogni 100 euro di stipendio. Su uno stipendio di 1000 euro, il potere d’acquisto si è ridotto a 870 euro; riduzione peraltro ulteriormente accentuata dall’aumento dei prezzi e della pressione fiscale che non dà tregua.
Intanto però l’Europa si permette di finanziare presunte riforme delle politiche culturali nella regione del Mediterraneo meridionale, al fine di rafforzare le capacità del settore culturale pubblico e privato quale vettore di democratizzazione e sviluppo economico e sociale delle società. A leggere i paesi interessati (tra cui Tunisia, Egitto, Palestina e Marocco), v’è più di una perplessità sul successo dell’iniziativa. E salvo per Israele, non ho grande fiducia che questi finanziamenti produrranno risultati. Sarebbe stato meglio che quei 12 milioni di euro fossero stati investiti per produrre occupazione in Europa.