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L’Europa non è un tabù

Creato il 22 febbraio 2012 da Albertocapece

L’Europa non è un tabùCon l’imposizione alla Grecia di un comitato di controllo che di fatto esautora il governo e riduce la democrazia stessa a un residuo formale sotto tutela della finanza, è tutta l’idea di Europa che crolla sotto il peso di un progressivo sgretolamento della solidarietà continentale, senza la quale la Ue perde completamente di senso. Siamo di fronte alle macerie di un’ispirazione, alla mostruosa mutazione di un progetto nato per avvicinare i popoli e scongiurare conflitti che invece diventa motore di impoverimento e di nuove ostilità.

L’Europa non ha retto alla crisi. Da tempo divenuta un guscio di apparati privo di idealità,  divorata al suo interno dal verme del liberismo, avvilita da classi dirigenti mediocri e poco avvedute, non più tenuta assieme da un nemico esterno, ha finito per essere disgregata proprio da quegli strumenti che avrebbero dovuto garantirne la crescita. L’euro in primis, moneta senza stato e senza banca, nato per armonizzare le economie e impedire la preponderanza del centro nei confronti della periferia, che si è dimostrato uno strumento efficacissimo per ottenere l’esatto contrario.

Un contrario che ormai è in gestione totale alla finanza e all’egoismo degli stati che ancora esprimono una qualche sostanziale sovranità: di fatto la Germania e in misura assai minore la Francia e la Gran Bretagna che compensa la sua marginalità grazie al legame strettissimo con gli Usa. Tutto il resto del continente è commissariato, al punto che Monti nei suoi continui peregrinaggi tra borse e poteri non fa altro che ribadire la differenza tra la Grecia e l’Italia, dove i massacri sociali non trovano opposizione e rivolta. Ha una ragione precisa per dirlo mentre applica alla lettera e ciecamente le indicazioni della Bce, della Merkel e dell’Fmi con il consenso di apparati politici ormai privi di rappresentatività effettiva: l’Italia non costituirà un problema anche in  caso di default.

Il fatto è che il prestito alla Grecia è funzionale solo al salvataggio delle banche compromesse con i titoli di Atene: dovranno pagarlo amaramente i cittadini, ma  questo -come del resto moltissimi osservatori dicono, con in testa quelli tedeschi – non servirà affatto a salvare il Paese dal default che è già nei numeri. E’ utile solo alla finanza e a rimandare il crollo fino all’ appuntamento elettorale in Germania. Dopo si vedrà di chi saranno i cocci, ovvero le vite di milioni di persone. E non è affatto detto che il circolo vizioso di austerità e recessioni non trascini a breve con sé anche il Portogallo, ma a più lungo termine anche noi.

Questa di certo non è l’Europa che si attendeva e si sperava e nemmeno quella che si era avuto l’illusione di creare fino ad oggi: ne è solo la degenerazione monetaristica dentro la quale le tradizionali classi dirigenti dei Paesi in crisi cercano esclusivamente una via di salvezza per se stesse. Credo che occorra cominciare a riflettere seriamente se tutto questo ha un senso, se il gioco vale la candela. Se un’Unione che non ha alcun interesse ai popoli e anzi li impoverisce, li umilia, toglie loro sovranità e destino, convenga a qualche popolo. E, su un piano anche più brutalmente concreto, se la Ue aiuti le economie o invece non le sterilizzi in attesa che il più forte finisca per assorbirle come appendici a basso costo.

E’ chiaro che ormai non si può rimanere fermi: o si va avanti verso una unione effettiva e una vera moneta unica, cose che le attuali destre al governo cercano di evitare perché in grado di arginare l’imperio della finanza, oppure tanto vale dichiarare il fallimento di un progetto rimasto a metà. Un secolo e mezzo fa abbondante Cattaneo scriveva:   «L’oceano è agitato e vorticoso, e le correnti vanno a due capi: o l’autocrate, o gli Stati Uniti d’Europa » Ma oggi pare che proprio quei vagheggiati Stati Uniti, siano diventati l’autocrate, che l’antica fanciulla sia ormai rapita dal toro di Wall Street. Così per usare l’ originale linguaggio che piace all’esecutivo dei milionari, così come ai politicanti di mezza tacca: se le conquiste di decenni di lotte e di civiltà non sono un tabù, non può esserlo nemmeno quella controfigura di Europa, nata da un impulso di civiltà e tramutatasi in una forma di imbarbarimento.

 


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