Economia criminale: non si riesce a combatterla? Bè allora almeno inseriamola nel Pil così lo facciamo salire un po’. In base al nuovo Sistema europeo dei conti nazionali e regionali (SEC 2010), pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 26 giugno 2013 e in vigore da questo settembre, anche l’economia criminale sarà inserita nel calcolo del Prodotto interno lordo e contribuirà, nella finzione finanziaria, a risollevare i conti pubblici dei paesi europei. Traffico di droga, servizi di prostituzione, contrabbando di alcol e sigarette dovranno essere contabilizzate per il calcolo del complessivo Pil. Quanto al gioco d’azzardo, i suoi proventi sono sempre stati inseriti nelle entrate fiscali italiane. Un giro d’affari colossale di circa 170 miliardi di euro all’anno (lo ha calcolato nei giorni scorsi la Cgia di Mestre) che con un gioco di prestigio si trasformerà per incanto in una fonte di ricchezza per la nostra nazione.
Le nuove linee dell’Eurostat segnano un’entrata trionfale dell’economia criminale nei risicati Pil dell’Unione Europea. Basta con le restrizioni e le limitazioni, basta con la trita e ritrita battaglia per la legalità. L’Europa che guarda al futuro impone ai suoi Stati membri di contabilizzare anche i proventi delle attività illegali: un escamotage che, pare, possa alzare di botto il livello del Pil europeo tra l’1% e il 2%.
In realtà l’inserimento nei conti pubblici dell’economia criminale pare fosse già previsto nelle regole contabili del 1995, “in ottemperanza al principio secondo il quale le stime devono essere esaustive, cioè comprendere tutte le attività che producono reddito, indipendentemente dal loro status giuridico‘”.
L’Istat – che nelle sue rilevazioni già inserisce solitamente nel calcolo del Pil italiano il cosiddetto “sommerso economico” (cioè la ricchezza che deriva dalla produzione di beni e servizi connessa al fenomeno della frode fiscale e contributiva) – ha subito messo le mani avanti, spiegando ai colleghi statistici europei che la ricchezza derivante dall’economia criminale è difficile da calcolare in quanto le attività illecite per definizione “si sottraggono a qualsiasi forma di rilevazione, e lo stesso concetto di attività illegale può prestarsi a diverse interpretazioni”.
Niente paura: per garantire la massima omogeneità tra gli stati membri, le regole SEC 2010 dell’Eurostat hanno circoscritto i settori dell’economia criminale utili a rimpinguare il Pil europeo: i Paesi membri dovranno inserire una stima nei loro conti (e quindi nel Pil) soltanto per tre voci: traffico di sostanze stupefacenti, servizi della prostituzione e contrabbando (di sigarette o alcol).
L’economia criminale in Italia
Ma quanto vale l’economia criminale in Italia? Secondo un recente studio della Cgia di Mestre in Italia l’economia criminale italiana vale circa 170 miliardi di euro all’anno, pari al Pil dell’intero Lazio.
L’economia criminale è particolarmente fiorente in Lombardia (11.575), Lazio (9.188), Campania (7.174), Veneto (4.959) e Emilia Romagna (4.947). Ma non si può certo dire che le altre regioni italiane siano esenti.
Il calcolo dell’associazione di Mestre non include i reati violenti come furti, rapine, usura ed estorsioni, ma soltanto le transazioni illecite concordate tra il venditore e l’acquirente, come ad esempio contrabbando, traffico di armi, smaltimento illegale di rifiuti, gioco d’azzardo, ricettazione, prostituzione e traffico di stupefacenti. Questa imponente mole di prodotti e servizi illeciti, denuncia la Cgia, viene immessa sul mercato e finisce per drogarlo e stravolgerlo, ma paradossalmente l’Europa richiede venga inserita nei conti pubblici come una fonte di ricchezza.
Il fenomeno dell’economia criminale pare non conosca crisi anche in periodi di stagnazione e deflazione come questo: tra il 2009 e il 2013 le segnalazioni di attività illecite all’Unità di informazione finanziaria (Uif) della Banca d’Italia sono aumentate di quasi il 212%. Un segnale molto preoccupante nel quale però, evidentemente, l’Europa ha visto un lato positivo.
Le associazioni di consumatori
“Rimaniamo interdetti di fronte alla notizia che l’Eurostat abbia deciso di annoverare attività criminali come la prostituzione, il traffico di stupefacenti e il contrabbando tra le attività che contribuiscono al calcolo del Pil”, hanno commentato i rappresentanti delle associazioni di consumatori Federconsumatori e Adusbef, che hanno definito le nuove norme Eurosat “una trovata di cattivo gusto, che eleva le attività illegali in mano alle mafie al rango di produttrici di ricchezza nazionale. Oltre che dal punto di vista statistico, l’errore appare intollerabile soprattutto dal punto di vista etico”.
Ma quanta importanza ha ormai l’etica nelle scelte economiche dell’Europa e dell’Italia?