Non è necessario essere persone con conoscenze politiche ed economiche particolari per prevedere che l’Europa, tra breve, non sarà in grado di far fronte all’epocale flusso migratorio in atto, assicurando a tutti gli immigrati clandestini un tetto, un posto di lavoro ed un’adeguata assistenza sanitaria.

Aumentano gli episodi di xenofobia contro gli immigrati clandestini
La politica dell’accoglienza ha già deteriorato in alcune zone dell’Italia e non solo dell’Italia, le condizioni di vita degli abitanti, il che ha provocato le prime significative reazioni da parte di cittadini e governi; in Germania, secondo il Ministero dell’Interno, si sono avuti più di 200 attentati alle strutture di accoglienza, in Italia si sono avuti numerosi episodi di xenofobia, in Francia a Calais si è dovuto ricorrere ad interventi di pubblica sicurezza per impedire gli ingressi nell’euro tunnel, in Macedonia si è tentato di bloccare gli immigrati clandestini che attraversavano quei territori e in Ungheria si sta costruendo un muro per bloccarne il passaggio verso il Nord Europa. L’Inghilterra ha annunciato di voler sospendere il trattato di Schengen, impedendo la permanenza nel paese a qualunque cittadino extraeuropeo od europeo non in possesso di un regolare contratto di lavoro inglese.
Tutto questo ha portato i così detti buonisti a correre ai ripari, bollando come xenofobe queste manifestazioni d’intolleranza e predicando la politica dell’accoglienza come l’unica in grado di gestire il problema dell’immigrazione; a ben guardare questi atteggiamenti servono a mascherare il fallimento di coloro che avrebbero dovuto intervenire per pacificare le aeree di guerra e per adottare piani di sviluppo nei paesi più poveri, con in testa proprio la Comunità Europea, l’Onu e la Nato.
Le ragioni che hanno provocato l’ondata di immigrati clandestini
Le giustificazioni che vengono fornite dalla stampa e dai media allineati, affinché si accetti, nostro malgrado, l’ondata di immigrati clandestini che si muove dalle coste libiche, sono in estrema sintesi due:
- dobbiamo accogliere quelle popolazioni che scappano da territori sconvolti da guerre spesso fratricide;
- non possiamo intervenire direttamente in Libia contro i trafficanti di essere umani, poiché anche quella nazione è teatro di guerra tra molte fazioni con cui non è attualmente possibile stringere accordi.
Premesso che queste ragioni dovrebbero portare al respingimento degli immigrati clandestini aventi come sola motivazione il miglioramento della loro situazione economica, è di origine siriana la gran massa d’immigrati che fugge dalla guerra nel loro paese. Sorgono allora due domande, se questo quadro è vero:
- Chi ha provocato la crisi libica.
- Cosa si oppone alla pacificazione della Siria
Romano Prodi, in un’ intervista al Manifesto, che suggerisco di leggere dichiara: «Lanciare una guerra contro la Libia, oltre tutto sapendo che era ben armata, per portarvi la democrazia è stato un errore madornale. Ero perfino troppo ottimista nelle mie previsioni, quando evocavo i rischi di balcanizzazione del paese; in realtà abbiamo assistito a una vera e propria frammentazione». Ma chi ha lanciato la guerra?
L’intervento militare in Libia del 2011 è iniziato il 19 marzo ad opera di alcuni paesi aderenti all’Organizzazione delle Nazioni Unite, autorizzati dalla risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza. L’intervento è stato inaugurato dalla Francia con un attacco aereo diretto contro le forze terrestri di Gheddafi attorno a Bengasi, attacco seguito, qualche ora più tardi, dal lancio di missili da crociera tipo Tomahawk da navi militari statunitensi e britanniche su obiettivi strategici in tutta la Libia.
E adesso questi signori ci vengono a dire che non si può intervenire perché è difficile raggiungere accordi con le fazioni in lotta? Ci sarebbe poi da passare il panno ruvido sulla faccia di personaggi come Sarkozy, viste le sue dichiarazioni a proposito della richiesta italiana su come ridistribuire le quote immigrati tra i vari paesi della UE.
Il processo di pacificazione in Siria non riesce a procedere per l’ingenuità diplomatica degli Stati Uniti che, prima hanno contribuito a destabilizzare il paese e, adesso, non riescono a decider con chi accordarsi; traggo da un articolo apparso su eastjournal.net il seguente pensiero: “Con un radicale cambio di rotta sulla Siria, la diplomazia americana ha deciso di riabilitare il presidente Assad.
L’idea è stata avanzata dal segretario di Stato John Kerry nel corso di un’intervista alla CBS, anche se con prudenza. In pratica gli Usa vorrebbero includere il regime di Damasco nel processo di pacificazione e stabilizzazione della Siria. Una posizione diametralmente opposta a quella seguita finora, visto che gli Usa già a fine 2011 avevano riconosciuto il Consiglio Nazionale Siriano come legittimo rappresentante del Paese.
Cosa ha spinto Washington a fare questo passo? E quali potranno essere gli sviluppi nel prossimo futuro?….La proposta di Kerry ha messo in allarme tutti i Paesi del Golfo, che vedono come il fumo negli occhi l’eventualità che Assad resti dov’è. I suoi legami con l’Iran da un lato e con gli Hezbollah libanesi dall’altro, infatti, sono una delle principali fonti di preoccupazione per gli Stati sunniti della regione.
Se gli Usa hanno l’urgenza di arginare l’IS o, più probabile, non possono permettersi di vedersi costretti a un intervento di terra, quindi sono disposti ad accettare una continuità di regime a Damasco, l’ordine delle priorità per Arabia Saudita, Qatar e Emirati è l’esatto opposto. Alcuni segnali fanno pensare che gli interessi americani e arabi sunniti sulla Siria possano a breve divergere ancora più di quanto già non siano distanti ora.
E noi per l’inadeguatezza e incapacità di governi e istituzioni internazionali dovremmo sopportare questa epocale ondata di immigrati clandestini e starcene zitti per non prenderci l’accusa di xenofobia?
