Siamo a metà. Due eventi della rassegna sono già passati. Abbiamo ascoltato la testimonianza di Antigone, abbiamo mangiato, abbiamo parlato a tu per tu con i detenuti, sia in carcere che davanti ad un piatto. Abbiamo guardato un film, Il Profeta, ben due volte: la prima su uno schermo malandato, seduti su sedie di plastica, la seconda in un cinema troppo vuoto per la portata del trema trattato.
Al Santa Caterina la platea composta da qualche curioso, alcuni rappresentanti delle autorità e 120 detenuti, commentava ad alta voce le scene. Finito il film basta fare mezza domanda per suscitare una valanga di commenti “ma queste cose non succedono più. Non è fantascienza, ma è il carcere degli anni 80″. Oppure “qui a Fossano non è così, c’è integrazione sociale, non ci sono scontri tra etnie”. Ancora “ma questo film non da buono esempio”. Gia, non dà il buon esempio il Profeta, raccoglie forse la realtà della vita reclusa per poi esasperarla a piacere del pubblico, andando in contro agli stereotipi e persino al di là, dando nuovi spunti.”I conflitti esistono in tutte le carceri, non vogliamo nasconderlo: ci sono nelle famiglie, dove la gente si vuole bene, come potrebbero non esserci in celle dove si è costretti a vivere in sovraffollamento?”. Sembra però che il lavoro, i corsi, il processo di reinserimento, la voglia di uscire e non tornare mai più dentro prevalgano, per lo meno nel carcere di Fossano, dove si trovano i detenuti in fine pena o con una pena non inferiore ai 3 anni.
La sera alcuni detenuti hanno il permesso di uscire: Ciko, che dopo 7 anni scontati in Italia e all’estero vuole solo riabbracciare la famiglia, seduta tra il pubblico che lo guarda commossa; Alex, che non esce da 18 mesi e non fa che sorridere e ringraziare tutti per la fiducia concessa. Altri avrebbero dovuto portare la loro testimonianza, ma gli impicci burocratici valgono di più della fiducia a volte e quindi se ne sono stati dentro. Toccanti i racconti, e fondamentale il confronto: carcere dei film/carcere delle persone; il mondo che immaginiamo/il mondo che è. Purtroppo però la timidezza o la soggezione del pubblico hanno fatto si che le luci cadessero sugli occhi commossi dei detenuti, felici di raccontare a cuore aperto la loro vita, ed il film continuasse nel silenzio della sala.
Essendo però convinti che buona parte dei semi lanciati prima o poi germoglierà, continuiamo. Provocheremo, giocheremo e romperemo le scatole ancora sulla questione carcere, ovvero sulla questione bene/male, giusto/sbagliato, legalità/illegalità e sulla presunzione che fa’ da linea di demarcazione. E quindi portiamo il Circo dentro. Non un circo qualunque, ma uno sfacciato, sfrontato, artistico, zingaro e poetico. Il circo Paniko, o meglio una parte, passerà due giornate in carcere ad insegnare arti circensi. L’allegra brigata giocolieri+detenuti si unirà poi a Matteo Castellano e a La Moncada per un concerto/festa/testimonianza al Q’s Café. Ergo, Venerdi 18 non ci sono scusanti, tutti al QS! Info