Quello dei “teen idols” (da ‘eidolon’, che in greco significa immagine che diventa simbolo, emblema, ma anche ombra fittizia) rientra a giusto titolo nei cosiddetti “fenomeni di massa”, ma vogliamo tralasciare qualsiasi lettura troppo complicata di tipo sociopsicofilosofico, ci interessa di più mettere a confronto diverse generazioni di adolescenti -parlando prevalentemente al “femminile”- che sono poi coloro che si rapportano, in qualità di “fans”, con i loro “idoli”. C’è da dire che, nel tempo, le manifestazioni collettive più comuni sono rimaste immutate, si entra a far parte del “fandom” di un artista, si adottano forme espressive, lessicali e codici propri a tale “comunità” e di fatto lo si elegge ad “amico di famiglia”, “confidente” o rifugio e supporto nei momenti “critici”, non sarebbe di per sé troppo grave, se non fosse che, talvolta, certe “passioni” apparentemente innocenti per la “star” di turno, possono degenerare in un attaccamento morboso, assumendo i contorni di una totale ossessione, con tanto di sofferenza, polemiche e sostituzione della realtà con un mondo parallelo e un amore “immaginario” ed esclusivo da vivere nella propria “cameretta-reliquiario” tappezzata di manifesti, locandine, articoli di giornale e foglietti con l’autografo dell’ispiratore di tanta venerazione, spesso idealizzato e di cui si pretende di conoscere per filo e per segno ogni piega della personalità. Eppure le “teen agers” degli anni ’80 non erano le stesse di oggi, ha parlato del “come eravamo” in una recente intervista su “Dipiù” Clizia Gurrado, oggi 45enne, che ha avuto il suo quarto d’ora di celebrità nel lontano 1985, quando, ancora liceale, pubblicò un “best seller” che vendette 500.000 copie, dal titolo “Sposerò Simon Le Bon”, da cui fu poi tratto un film.

Le figlie delle 15enni di allora non hanno molto da spartire con le genitrici, basta seguire i concerti dove c’è una loro vasta concentrazione, a me è capitato qualche giorno fa, a Milano, all’ “Estathè Market Sound”; arrivano a gruppetti, sguardo diretto, “culotte” estiva o “hot pant” balneare, canotta aderente e più che mai “rivelatrice”, ventre scoperto con ombelico trafitto da anellini e sciarpette, quella sera, dei “Kolors” annodate, oltre che al collo o all’avambraccio, anche sotto la coscetta, con sexy-effetto giarrettiera, le studiano tutte, le “porcelline inside”, hanno una fantasia incontrollata, quando poi un gruppetto compatto di loro si è messo a gridare insistentemente e impudicamente “Nudo!nudo!” al “frontman” Stash Fiordispino, mi si è aperto un mondo che forse non conoscevo abbastanza. Altro che “sposare”!Se ho ben inteso, non disdegnerebbero un “giro di valzer” (diciamo così) col bel ganzo, ma di progetti a tempo indeterminato non c’è ombra e vista l’irrealizzabilità pratica dei loro propositi, probabilmente qualcuna finirà, prima del rientro a scuola, fra le braccia di qualche suo coetaneo (7-10 anni meno del proprio idolo) simil-Stash solo per ciuffo e abbigliamento – ho notato che, in giro, qualche furbetto si sta “attrezzando” in questo senso – a “concretizzare” con la “copia” quanto solo vissuto, nell’irrealtà, come in un “film” con l’ “originale”.
Ripenso con tenerezza ai miei 14 anni, allora il massimo a cui mi spingessi era immaginare di partecipare a una rapina al fianco di Diabolik e diventare la sua nuova Eva Kant.
Che ci volete fare, non esistono più le adolescenti di una volta …
[Articolo di Fede]
