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L’hijab come capro espiatorio

Creato il 18 febbraio 2015 da Barbaragiorgi @gattabarbara
teallamenta.blogspot.com

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L’ISIS dichiara guerra all’Italia e scatta l’ansia collettiva.

Stato d’animo comprensibilissimo, visto che Abu Bakr e compagnia bella non sono certo a giocare a Risiko o Monopoli, qua e là per il mondo. Anzi, vi dirò che mi viene da pensare alla famosa avanzata dell’Impero Ottomano in Europa e all’assedio e battaglia di Vienna del 1683  (però all’epoca non c’erano affaroni sugli  F35).

Mi risulta invece un po’ meno comprensibile il fatto che, dentro il calderone dell’ansia collettiva, si debbano prendere di mira persone che con l’Isis c’entrano come i cavoli a merenda. Tipo delle normalissime studentesse di religione islamica, che scelgono di indossare il velo. Che non è il burqa (coprente tutto il viso), né il niqab (si intravedono solo gli occhi). Ma è l’HIJAB,  quel velo che fa vedere tutto il viso: occhi, naso, bocca,  denti, lingua e gengive. Anche nei e brufoli.

Però, il preside di un polo scolastico in provincia di Udine, ne ha proibito l’uso in classe, per sicurezza del clima scolastico, per non creare situazioni di ulteriore scontro interculturale (uno studente islamico è stato picchiato da un italiano). Potete leggere qui:

http://www.corriere.it/scuola/15_febbraio_16/friuli-divieto-velo-islamico-in-classe-634123ac-b5e5-11e4-bb5e-b90de9daadbe.shtml?cmpid=SF020103COR

Questo divieto sarebbe da ricondurre al fatto che l’hijab è un SIMBOLO. Di che? Della loro cultura? Della religione e cultura islamica? No. Non lo è per niente. L’hijab è spesso e volentieri indossato o rifiutato per scelta personale. Siamo noi che lo vediamo come un simbolo del male, come qualcosa che allontana l’altr*  da noi, come un muro (di nostra ignoranza). L’obbligo del velo non è un dettato dell’Islam in generale, ma di alcuni specifici Paesi o  contesti familiari di immigrati, chiusi ed etnocentrici.

Dovremmo tener presente che l’Islam non è un solo-unico-omologato mondo religioso-politico-sociale. L’Islam è fatto di correnti, sfumature, percorsi principali e secondari, a seconda dei Paesi, dei momenti storici (basti pensare all’Iran), dei contesti, delle classi sociali, delle diverse interpretazioni e applicazioni del Corano. E pure del vissuto personale, diverso – ad esempio – tra un musulmano che vive nel Paese di origine ed un musulmano immigrato (con ulteriore differenza tra integrati o meno nella cultura di accoglienza).

Ma non teniamo presente nulla di questo.

Perché, in questo preciso momento storico-politico, ci servono CAPRI ESPIATORI: prendersela con un velo può aiutare ad esorcizzare le nostre paure ed angosce nei confronti di una cultura che consideriamo con timore. Ed è lì, tutto lì, l’errore. Noi vediamo in un velo l’intero Islam e – errore ancora più grande – vediamo nell’Islam tutto il pericolo dell’Isis.

Vorrei dire a coloro che criticano l’uso del velo islamico di non aver timore di un pezzo di stoffa.

Vorrei dire loro di temere e combattere le proprie paure nei confronti dell’Altro.

Paure che nascono dalla nostra ignoranza e dall’incapacità di vedere-conoscere-sapere.

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CONTATTI   18 Febbraio 2015:   50.022

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