L’Hip Hop contro la violenza sulle donne

Da Leragazze

In casa nostra è sempre circolata parecchia musica e di tutti i generi, dalla classica al jazz, dal rock psichedelico a quello hard. L’unico genere che non ci ha mai appassionato è il RAP. E ovviamente,  il RAP (rigorosamente romano) è diventata, purtroppo per noi, la musica più ascoltata dal nostro Figlio Grande.

Domani è la giornata internazionale contro la violenza alle donne. E il RAP che c’entra?

La scorsa estate è stato lanciato, contemporaneamente a Ramallah e Haifa dai DAM, un noto gruppo hip hop palestinese di Lod (Israele) e dal cantante Amal Murkus di Kfar Yasif in Galilea, un brano accompagnato da un video attraverso il quale questi artisti nutrono la speranza non solo di avere successo, ma soprattutto di scuotere la coscienza sociale dei  palestinesi.

La loro canzone  “If I could go back in time” (se potessi tornare indietro nel tempo) è la prima canzone che tratta del delitto d’onore.  Il video inizia con la scena di una ragazza ripresa nell’ultimo istante di vita con una pallottola che la colpisce sulla fronte, per poi andare indietro nel tempo passando per il suo rapimento da parte dei familiari.

Ispirato ad avvenimenti veri, il video è stato finanziato dall’ONU ed intende denunciare il delitto d’onore che purtroppo continua ad esistere nelle popolazioni mediorientali. Nei territori palestinesi (West Bank e Gaza dove vigono rispettivamente la legislazioni giordana ed egiziana) pochi assassini vengono arrestati nel caso di crimine d’onore, e se vengono giudicati, godono solitamente di tutte le attenuanti del caso.

Certo noi illuminati italiani abbiamo dovuto aspettare il 1981 per abolire l’articolo 587 del Codice Penale che puniva in modo decisamente più mite rispetto a un normale omicidio chi uccidesse il coniuge, la figlia o la sorella al fine di difendere l’onor suo o della famiglia. La riduzione di pena era legata ad un’illegittima relazione carnale che coinvolgesse una persona della famiglia, quasi sempre donna; di questa relazione si dava per acquisito che costituisse offesa all’onore. E tale pena mitigata si  applicava anche in caso di omicidio dell’altro protagonista dell’incauto rapporto (ovvero dell’amante).

Per memoria nostra e delle future generazioni vale la pena ricordarlo per esteso quest’articolo 587:

Chiunque cagiona la morte del coniuge, della figlia o della sorella, nell’atto in cui ne scopre la illegittima relazione carnale e nello stato d’ira determinato dall’offesa recata all’onor suo o della famiglia, è punito con la reclusione da tre a sette anni. Alla stessa pena soggiace chi, nelle dette circostanze, cagiona la morte della persona che sia in illegittima relazione carnale col coniuge, con la figlia o con la sorella.

E’ singolare constatare dalla lettura della legge in questione che il figlio maschio o il fratello non potevano evidentemente e “per costituzione” arrecare alcun’offesa all’onore.

Quale onore per noi donne!



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