“L’uomo è antiquato” diceva Gunther Anders (pseudonimo di Gunther Stern) nell’opera della sua vita intitolata proprio così: L’uomo è antiquato. Considerazioni sull’anima nell’epoca della seconda rivoluzione industriale pubblicato per la prima volta nel 1956, mentre nel 1980 uscì il secondo volume sull’antiquariato umano con il sottotitolo: Sulla distruzione della vita nell’epoca della terza rivoluzione industriale. Nei suoi libri e nella sua “filosofia d’occasione” – forse l’unico vero modo per fare sul serio filosofia, lo sosteneva anche il mio Croce - Anders analizzava la “vergogna prometeica” cioè la subalternità dell’uomo, novello Prometeo, al mondo delle macchine da lui stesso creato. Quando Anders scriveva, la subalternità dell’uomo alla macchina non era ancora realizzata. Certo, due guerre mondiali non erano passate invano e la potenza della bomba atomica mostrava la capacità dell’uomo di distruggere se stesso con la propria intelligenza. Tuttavia, tra la metà del Novecento e oggi c’è pur sempre una bella differenza: sono tante le macchine che oggi ci sono e ieri non esistevano. Le nuove invenzioni e “diavolerie” della tecnica e della scienza hanno aumentato la subalternità e la dipendenza dell’uomo dalle sue invenzioni e – come diceva Anders - il “dislivello” tra l’uomo e i suoi prodotti meccanici ed elettronici che oltrepassano l’umano facendo dell’uomo qualcosa, appunto, di antiquato. La profezia di Anders si è completamente realizzata.
Leggo da la Repubblica: “Più dispositivi elettronici che esseri umani. Tra i tanti dati che emergono dal Global Mobile Data Traffic Forecast di Cisco, questo è uno dei più emblematici. E si aggiungono a quelli che vedono uscire dai negozi più smartphone che personal computer. Il mondo digitale si sposta insomma dalle scrivanie alle tasche. Con grande soddisfazione di Apple, certificata da Gartner come primo produttore al mondo di smartphone dopo il sorpasso a Samsung. E i suoi 100 milioni di utenti iCloud, con l’ad Tim Cook che dice: “I tablet toglieranno terreno ai Pc”.
Non c’erano smartphone, né tablet ai tempi di Gunther Anders ma il mondo si avviava ad essere una Grande Macchina e l’uomo cominciava ad essere qualcosa di antico, vecchio, antiquato, superabile. “Siamo quindi in uno scenario da Terminator, con le macchine che controllano il mondo?” ci si chiede nell’articolo del quotidiano romano. “Non proprio ma i numeri sono impressionanti. Parlando con BusinessWeek, il vicepresidente di Cisco Suraj Shetty ha detto: “Il traffico mobile continuerà ad esplodere, e non si vede all’orizzonte un calo dell’espansione”. Ma – aggiungiamo - non è solo una questione di mercato o di nuovi mercati. Non riguarda solo i clienti, gli acquirenti, i consumatori. Riguarda prima di tutto le macchine che hanno la “capacità” di riprodursi. Anche questo aveva previsto Anders: la macchina è ripetibile, standardizzata, riproducibile in esemplari sempre identici e possiede una specie di eternità che invece l’uomo non ha. E’ un dato di fatto che gli oggetti che “possediamo” sopravvivono a noi stessi. La loro “vita” è più lunga della nostra. Loro sono eterni mentre noi siamo mortali. E conta poco l’osservazione che l’innovazione produce sempre nuovi oggetti e nuove macchine che fanno invecchiare in un colpo solo gli oggetti precedenti e le macchine di ieri perché ciò che conta per davvero è proprio la innovazione continua che è frutto essa stessa della Grande Macchina nella quale viviamo illudendoci di comandarla mentre ne siamo comandati. Ancora, come si usa dire in questi casi, un dato: “Secondo Cisco, nel 2011 il traffico dati mobile è cresciuto del 133%, più che raddoppiato rispetto al 2010. Per quest’anno è previsto un bis di questa tendenza, e nel 2016 si prevede che sarà 18 volte più grande, con Europa occidentale e Asia orientale a generare metà del traffico, e come principali motori Africa e Medio oriente, zone in cui il traffico aumenterà di 36 volte”. L’uomo, anzi, gli uomini sono al completo servizio del Marchingegno Mondiale e non ne possono fare a meno.
Ancora: “Cisco vede all’origine della crescita la diffusione in aumento esponenziale dei dispositivi mobili. In cinque anni, secondo il report, il 15% degli utenti di dispositivi mobili avrà almeno un apparecchio connesso alla Rete, e il 9% ne avrà addirittura tre o più. Inoltre, se nel 2011 solo lo 0,5% dell’utenza ha utilizzato più di un gigabyte di banda mobile, Cisco prevede che in cinque anni la percentuale salirà al 60%, per un totale di 100 milioni di persone nel 2012. L’associazione per la promozione del wireless CTIA ha certificato che negli Usa, nel 2012 i contratti mobili stipulati hanno superato la popolazione. Un numero che può essere ritenuto un valido tornasole per un trend mondiale”. A questo punto è chiaro: c’è una inversione tra i mezzi e i fini. Cosa di cui oggi parla un filosofo italiano come Emanuele Severino – tra poco lo introduciamo - ma che l’irregolare Anders aveva previsto già nel suo primo libro: non siamo noi a servirci dei mezzi ma sono i mezzi che si servono di noi. Ci illudiamo di utilizzare i mezzi prodotti per raggiungere degli scopi ma sono invece gli scopi che sono diventati i mezzi per il raggiungimento e l’accrescimento dei mezzi. La Grande Macchina ne sa più di noi e ci illudiamo anche quando pensiamo che la nostra capacità di immaginare sia infinita e più grande di tutto perché invece è vero il contrario: la nostra immaginazione è limitata e finita là dove la capacità dei mezzi di produrre se stessi è più potente e infinita. Il “dislivello” tra la macchina e l’umano è più profondo di quanto non si pensi e immagini. C’è un “salto”. L’uomo appartiene ad un’altra “epoca”. E’ antiquato.
La Apple supera Samsung. Poi magari Samsung supererà Apple. La casa della mela bianca è il primo produttore al mondo di smartphone e il terzo vendor, passando dal 15.8% del mercato al 23.8% in un anno, 35.46 milioni di smartphone venduti in tre mesi fino a dicembre 2011, Samsung ne ha venduti 34 milioni. Questa è la fotografia scattata da Gartner sul mercato degli smartphone, un testa a testa tra California e Corea, che vede vincere la mela bianca. Il mondo umano è globalmente al servizio dei “suoi” mezzi. “Nell’ultimo quarto del 2011 sono stati venduti 149 milioni di smartphone, il 47.3 in più rispetto all’anno precedente. Il 50.9% sono dispositivi Android, cresciuti del 30.5%. Il terzo incomodo nel mercato è Nokia, appena scesa in campo con i suoi dispositivi Windows Phone, per ora all’1,9% . Ma con la dismissione di Symbian e la riconversione all’Os Microsoft, e un numero di smartphone nuovi in fase di lancio, la situazione evolverà senza dubbio”. Certo che evolverà, ma forse noi non siamo più in grado di capire come evolverà. Forse non lo possiamo capire se non facciamo ricorso all’intelligenza delle stesse macchine. Ormai il vero soggetto della storia è la Macchina. Emanuele Severino direbbe che l’organizzazione scientifico-tecnologica del mondo è il nuovo Leviatano che tutti servono nell’illusione di servirsene.
Le forze che guidano il mondo dopo il 1989, anno della fine del comunismo sovietico, sono il capitalismo, la democrazia, la cristianità, l’islam e un misto di capitalismo e comunismo come è venuto fuori in Cina. Su questi temi Severino interviene spesso non solo con libri ma anche con articoli sul Corriere della Sera. L’ultimo “pezzo” intitolato “La decadenza del capitalismo ridotto come una foglia secca” è uscito proprio sabato scorso. Il senso dell’articolo di Severino, che riprende in piccolo il suo pensiero filosofico – anche se Severino sarebbe dell’idea di dire che il “suo” pensiero filosofico in fondo non è “suo” ma è la voce stessa dell’Essere o la “tendenza fondamentale del nostro tempo” - è questo: il capitalismo, vittorioso sul comunismo, vorrebbe dominare il mondo ma è a sua volta sottomesso alla tecnica. E ciò che vale per il capitalismo – tra le “forze” citate la più forte - vale per tutti: “Queste forze si servono della tecnica; ossia la tecnica è ciò che più serve per realizzare gli scopi, peraltro tra loro contrastanti, che esse intendono realizzare. Nella maggior parte dei Paesi economicamente avanzati, quel che oggi serve per uscire dalla crisi ha lo scopo di rimettere in sesto la forma capitalistica della produzione della ricchezza (una forma che è il quadro, o il contenitore, in cui ricevono senso anche le varie istanze di “rigore”, “equità”, “crescita”). La tecnica è ciò che più serve per perpetuare tale forma”. Nessuno può fare a meno della potenza tecnica ma questa necessità di avere dalla propria parte la potenza tecnica genera l’inversione tra mezzi e fini: così sia l’Occidente sia l’Islam pur avendo fini diversi sono accomunati dalla medesima necessità di appropriarsi della tecnica per poter prevalere sull’altro. L’inversione tra mezzi e fini, però, non può essere senza conseguenze sugli stessi fini. Il risultato è che il capitalismo non è più capitalismo, l’Islam non è più Islam e tutto diventa qualcosa di diverso da ciò che vorrebbe essere, mentre su tutto e tutti domina la potenza della Tecnica o della Grande Macchina.
Se questo è vero in grande, sarà ancora più vero in piccolo. Anche le nostre vite sono trasformate dall’inversione che c’è tra i mezzi, di cui pensiamo di essere i padroni e gli “utilizzatori finali”, e i fini della nostra esistenza: la nostra vita ha bisogno per raggiungere i fini che ci prefiggiamo di dotarsi di una serie di mezzi, macchine, innovazioni che più sono indispensabili e più influiscono sugli scopi della vita modificandoli. Pensare la nostra vita – non la vita in generale, ma la nostra quotidianità - senza la tecnica di cui ci serviamo non è più possibile. Abbiamo bisogno dell’auto, del computer, del telefonino e di tutto ciò che c’è nel computer e dall’altra parte del capo del telefonino per continuare a vivere secondo i nostri desideri, i nostri bisogni, le nostre aspettative. Se uno di questi “aggeggi”, per un motivo o per un altro, non funziona, ci troviamo in difficoltà fino a perdere tranquillità, sicurezza, sonno.
Tuttavia, chiediamoci: ma non è stato sempre così? Pensare che il fine del mondo non è ciò che noi illusoriamente riteniamo tale ma il mondo stesso non è, forse, la cosa più vecchia della storia umana? La differenza risiede nella convinzione fallace della modernità ossia che l’uomo possa essere totalmente autonomo e artefice assoluto del proprio destino. Una convinzione che era un mito e che ritenuta vera si “rovesciata” in un altro mito: dalla totale autonomia alla totale schiavitù. Ma mentre picchietto i tasti del mio computer portatile e mi appresto a spedire con una “chiavetta” il “pezzo” al giornale, là fuori, in quel mondo chiamato “realtà” piove come piove da sempre e poi uscirà il sole che da sempre brilla sulle sciagure e gioie umane, qualunque sia il Leviatano che le domina o il Dio che le illumina.
tratto da Liberal del 21 febbraio 2012