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L’Icastica di Hirst

Creato il 25 settembre 2014 da Wsf

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E’ inutile dire il contrario.

Questa seconda edizione di Icastica é stata per molti versi contrassegnata dalla polemica contro “The black sheep”. Una protesta pacifica, che ha avuto una grande adesione facebookiana, non replicata con altrettanta partecipazione attiva nelle piazze d’Arezzo.

Damien Hirst nasce a Bristol nel’65, capofila del gruppo degli young british artist, pone come manifesto della sua poetica: The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living ovvero, (L’impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo).

Mi fa piacere aprire questo articolo con una serie di domande che sono presenti all’interno del libro di Gordon Burn: “Manuale per giovani artisti. L’arte raccontata da Damien Hirst”; un modo per comprendere le dinamiche del processo creativo e del concetto di esposizione della morte come inno alla vita.

L’unica cosa che mi ha scioccato é stato quando hai portato Jay Joplin nell’obitorio di Leeds e ti sei messo a prendere a pugni i cadaveri”.

Esatto, é la stessa cosa. In un certo senso è come diventare aggressivi con qualcuno che è morto a cui tu vuoi bene, credo. “alzati”. Per me non era scioccante. Ero infastidito davanti ai cadaveri. Non erano solo dei corpi esanimi, capisci cosa voglio dire? Non c’é niente dietro il tabù. Non ti spiegano niente della morte. La prima volta che andai lì, i tizi che lavoravano all’obitorio frugavano le tasche dei nuovi arrivati. Lo facevano tutti é così”.

Che significa?

Significa che non c’é morte. Nella vita siamo distanti dai cadaveri e quindi pensiamo che la morte sia li. C’è una specie di rispetto. Invece quando vai all’obitorio e li guardi ti accorgi che non sono persone. E tutti quanti frugano nelle tasche, muovono le teste, fanno “Wheeeey!”. Non c’é morte. E’ da un’altra parte”

Pag 48 – 49 “Manuale per giovani artisti. L’arte raccontata da Damien Hirst”

Ma sei d’accordo con il fatto che l’arte diventa molto più significativa, più memorabile se sbriciata in un contesto sociale come Pharmacy che osservata con cura in una galleria?

Si riduce tutto alla morte. Voglio dire, stiamo morendo. E’ una carneficina, una carneficina cazzo. Che stiamo facendo, moriamo? E’ delizioso, è bellissimo, è favoloso. Non devi comprar un microscopio per renderti conto di quanto sia meraviglioso. La forza motrice, la roba in cui viviamo, si decompone. E le cose in decomposizione sono coloratissime, è incredibile, a qualsiasi livello. E stiamo morendo. Non ha senso. Si riduce tutto a celebrare la vita. E’ la vita. Nell’attimo in cui all’improvviso dici: “oh – oh” e stringi la mano all’uomo davanti a te diventi triste. Tutti diventano tristi. Non puoi farci niente. Però ascolta gli uccellini, esci e strappa dell’erba comprati un microscopio e guardala. Prendi il microscopio più potente che c’è e guardala … E’ vera. Esiste. Davanti a te hai tutto quello che hai sempre desiderato.

E se ci limitassimo a lasciare le cose che succedano anziché cercare di farle succedere?

E se sei un artista? Oppure se capisci che non sei un bravo architetto o un bravo attore? Ma sei un bravo artista. Cosa succederebbe se ai tuoi occhi essere artista è proprio quello che sei tu? Che ciò che produci al mondo è arte. E’ come se qualcuno se ne stesse in una casa vuota e priva di idee e arrivi tu, cambi mobili e all’improvviso diventa stupenda. Cosa succederebbe se fosse questo il tuo lavoro? Andrà tutto bene. L’arte è questo. Una delle cose più forti al mondo. Esiste.

Pag. 75 – 76 “Manuale per giovani artisti. L’arte raccontata da Damien Hirst”

Eri consapevole che facendo i lavori con le farfalle, gli squali e le mucche stavi portando qualcosa di nuovo che avrebbe costretto il mondo – per lo meno il mondo dell’arte – a fermarsi a guardare?

Solo con il lavoro delle mosche. Solo con quello. E’ la solita storia dell’essere artista e curatore, con la gente che ti invita a deciderti se fare l’uno o l’altro. A me è capitato molto in fretta. Stavo facendo anche altre cose, che personalmente consideravo stronzate come quei collage così datati. Mi trovavo in un college modernissimo e cercavo di essere alla moda dipingendo delle stupide scatole di corn flackes attaccandole al muro pensando, beh, Tony Cragg l’ha già fatto. E tutte le volte che cercavo d’introdurre quest’idea alla Kurt Schwitters fallivo miseramente. Voglio dire, per per me passare dalle scatole di corn flakes alla testa di mucca con le mosche è stato un passo da gigante. E’ stato molto difficile . Sono il critico più severo di me stesso. Attorno a me c’erano Gary Hume e tutti gli altri che facevano cose così perfette e attuali. Allora ho curato freeze cercando di spostare la mentalità di Kurt Schwitters dal passato al futuro. Per me fare il curatore era una tentazione perché non riuscivo a fare quello che volevo. Credevo in ciò che facevo quand’ero al college. Ma era difficile conservare quell’idea e portarla avanti. Tutte le volte che ci provavo finivo con delle scatole di cartone del cazzo sul muro. Facevano cagare. Tony Cragg le aveva fatte anni prima, La situazione era questa. Poi ho fatto i puntini, solo allora le cose si sono stabilizzate. Ma quell’idea non so da dove cazzo sia venuta.

Pag. 117 “Manuale per giovani artisti. L’arte raccontata da Damien Hirst”

Di Hirst mi colpisce la capacità che possiede nel comprendere appieno il secolo in cui viviamo. Perché ogni opera da lui creata è un superamento di tutta l’arte precedente. Una ricerca intimistica, quasi mecenatica, una dissezione ed esposizione del nostro mondo. “Produci consuma e crepa, stronzo”, misto a quel vagito di wharoliana celebrità, che invece di durare 15 minuti finisce con il perdurare in eterno dentro a teche di formaldeide.

L’allontanamento del pennello dalla tela creata da Pollock e il suo action painting qui diventa vetro, aldeide fòrmica, oggetto/momento da mostrare al mondo.

Sono due secondo me le opere più importanti per cercare un filo conduttore: lo squalo sotto formaldeide (The Physical Impossibility Of Death In the Mind Of Someone Living) e “for the love of god”.

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Una cosa che pare essere assente in alcune e presente in altre installazioni é la totale non concessione del concetto d’ invecchiamento, che si trasforma in un momento di realtà fisica da rinchiudere dentro ad spazio materiale. Una violazione della società del nulla o forse, più semplicemente un superamento di tutto ciò che é stato. Questo è il messaggio che mi sento di attribuire alle opere di Hirst.

Il sottotesto presente dietro ogni sguardo é la comprensione di aver assistito ad un momento di puro teatro, una presa in giro… che ti fa dire:

“for the love of god Damien, What the fuck have you done”

“Per l’amor di Dio Damien, che cazzo hai fatto!!”

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Menzione a parte merita la mia personale posizione sull’utilizzo di animali all’interno di “opere artistiche”.

Sono e sarò sempre pronto a schierarmi contro chi abusa o maltratta un essere senziente, ma non essendo un educatore mi permetto di riportare quelle che sono le mie impressioni su una serie di opere universalmente riconosciute, come pregiati pezzi d’arte contemporanea.

Christian Humouda


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