L’identità ucraina. Intervista a Leonid Kravchuk, primo presidente dell’Ucraina

Creato il 24 settembre 2012 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR

Leonid Makarovič Kravčuk, primo presidente dell’Ucraina (1991-1994), protagonista del processo che portò all’indipendenza del suo Paese, è stato intervistato per noi da Eliseo Bertolasi, antropologo dell’Università Statale Bicocca di Milano e ricercatore associato all’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) di Roma. Nell’intervista Leonid Kravčuk, oltre a esprimere il suo parere su questioni d’impronta antropologica, come le radici dell’identità del popolo ucraino, si è di seguito soffermato sul significato dei primi 20 anni d’indipendenza del suo Paese, fino a toccare temi di grande attualità relativamente al ruolo che l’Ucraina sta oggi giocando sullo scacchiere geopolitico regionale nei confronti dell’UE da una parte, e della Russia dall’altra.

 
Che cosa provò quando dichiarò l’indipendenza dell’Ucraina? Quali furono i suoi pensieri, emozioni, sensazioni in quel momento? Parliamo di un momento storico fondamentale per l’Ucraina…

In primo luogo, bisognerebbe focalizzare l’attenzione sul fatto che la questione dell’indipendenza dell’Ucraina era già in discussione fin dal 1986. Con la perestroika, iniziarono presto le riforme, la trasparenza e la democrazia. Già in quel momento, tra la gente, soprattutto tra gli intellettuali, andavano maturando sentimenti d’indipendenza. Nel 1990 il Soviet Supremo approvò la Dichiarazione per l’indipendenza. Era il mese di luglio: in quel documento, per la prima volta, si parlava pubblicamente della sovranità dell’Ucraina. Da quel momento fino all’agosto del 1991, quando nei fatti venne presa la storica decisione dell’indipendenza, passò poco più di un anno… Ma perché dico questo? Per evidenziare come nel 1991 l’Ucraina fosse ormai pronta ad accettare l’indipendenza; non fu un evento improvviso come una valanga in montagna.
Le condizioni erano mature, la gente, pronta a una seria riforma, andava in cerca di soluzioni, un gran cambiamento era ormai nell’aria. Nondimeno, al momento del voto per l’indipendenza provai una grande emozione. Dopotutto, tale decisione venne presa con una maggioranza costituzionale pari al voto di 342 deputati del parlamento ucraino (nonostante il fatto che 226 voti sarebbero già stati sufficienti). Ecco! In quel momento in sala esplose con fragore una grande emozione: le bandiere sventolarono, le persone si rallegrarono, addirittura qualcuno danzò, tutti si abbracciarono e si strinsero la mano. A mia volta alzai le mani, le lanciai verso il cielo, da quanto era grande la mia sorpresa. Non mi sarei mai aspettato di veder così tante persone votare a favore, e in maniera così rapida. Il popolo ucraino aveva ottenuto la sua libertà, il diritto di determinare il proprio destino; diventavamo uno Paese, uno Paese indipendente! Quale emozione avrebbe mai potuto essere superiore a ciò che stavo provando! Ero consapevole della grande importanza storica di quel momento, tutti i miei pensieri turbinavano intorno ad esso. Mi resi conto che stava iniziando la storia dell’Ucraina indipendente, un nuovo Stato sulla mappa del mondo. Noi stavamo diventando un popolo nazionale.

Com’è cambiata l’autocoscienza nazionale degli ucraini durante questi ultimi 20 anni – dal 1991 quando venne proclamata l’Indipendenza dell’Ucraina? Nel film-documentario «Ucraina. Punto di svolta» il 1991, per l’appunto, ha stabilito quel «punto di svolta» che ha modificato la situazione geopolitica in Europa alla fine del XX secolo. Che cos’hanno rappresentato per Lei e per l’Ucraina questi due decenni?

In epoca sovietica ho ricoperto posizioni ai vertici, sono stato il secondo segretario del Partito Comunista dell’Ucraina. Perciò so molto bene in che modo l’ideologia comunista formasse la mentalità del popolo sovietico. Le persone non avevano la possibilità di sviluppare una propria consapevolezza e autocoscienza, a loro si diceva: il Komsomol – per i giovani, il Partito e il potere sovietico – per tutti. Tutto era sotto pressione e sotto controllo. Parlare a quel tempo delle peculiarità dell’identità nazionale degli ucraini sarebbe stato molto difficile, la mentalità vigente era quella sovietica.
Tuttavia, con l’iniziò dell’indipendenza, le persone iniziarono ad esprimere il loro punto di vista e a parlare liberamente. In precedenza, era impossibile. È cambiato questo punto di vista, negli ultimi 20 anni?… Certo, è cambiato! M’incontro spesso con i giovani; ora sia i giovani sia i giornalisti pongono domande talmente audaci da non essere nemmeno ipotizzabili nei tempi passati. La gente sentiva, e questo è molto importante, il diritto alla libertà, non semplicemente alla libertà intesa come fenomeno, ma come diritto concreto di poterne godere: libertà di vivere e d’esprimere il proprio pensiero. Sì, certo, ora la gente è influenzata dalla situazione economica, dai problemi sociali e da molti altri fattori, per esempio, la mancanza dello Stato di diritto… Nel nostro Paese la libertà individuale non è ancora perfetta, ma le persone possono già esprimere il loro parere, adottare un nuovo modo di vivere. E questo, ovviamente, rappresenta un cambiamento molto importante.
Quando lavoravamo al film-documentario «Ucraina. Punto di svolta» si ragionava su come presentare il cambiamento in atto: su un’intera generazione di persone, su com’erano le loro posizioni nel passato, come lo sono oggi, e come potrebbero essere domani. Per la realizzazione di quel film, convocammo personaggi provenienti da diversi Paesi e regioni: dall’Ucraina, dalla Russia, dagli Stati Uniti e da altri luoghi.
Il film ha evidenziato che questi 20 anni non costituiscono un periodo a lungo termine della storia ucraina, ma un lasso di tempo, seppur breve, talmente carico di avvenimenti e di svolte da aver mutato non solo la situazione nel Paese, ma anche il modo di pensare dei suoi abitanti.
Per quanto riguarda gli accordi di Beloveže, sottoscritti nel 1991 da Russia, Ucraina e Bielorussia, il loro esito ha cambiato non solo il nostro Paese, ma anche l’Europa. Fatti come la rescissione dagli accordi con l’URSS, la fine dell’URSS come sistema politico, la decisione d’interrompere lo sviluppo dell’Ucraina come potenza nucleare, tutto questo, certamente, ha cambiato la situazione geopolitica in Europa. Guardo all’Europa di oggi, e penso: «Che cosa ne sarebbe stato se tutto fosse rimasto com’era?». Dopo tutto, l’Europa sarebbe stata assolutamente diversa, ma anche noi, Ucraina, Russia, Bielorussia, saremmo stati diversi, forse simili a com’eravamo prima. Be’! Forse un po’ saremmo cambiati. Ma nella misura in lo cui siamo ora, no! Non saremmo mai diventati così come siamo ora. Questo cammino, che stiamo percorrendo ormai da 20 anni, avrebbe richiesto condizioni diverse per almeno altri 60 anni. Certamente non siamo perfetti. Abbiamo ancora bisogno di tempo per completare il nostro percorso verso lo Stato di diritto, la democrazia e verso nuovi valori.

Secondo la Sua opinione, cosa significa essere autentici ucraini? Quali sono le caratteristiche fondamentali di tale appartenenza nazionale?

L’ucraino autentico è una persona istruita e tollerante. In epoca sovietica, queste caratteristiche erano espresse anche dalle cifre: gli indici relativi al grado d’istruzione. In effetti, l’Ucraina era al primo posto in URSS per la quantità di persone con istruzione superiore e secondaria; c’erano circa 700 persone istruite ogni mille abitanti. Dico questo perché spesso siamo visti come individui un po’ arretrati. Ho seguito come il Paese si è preparato per Euro 2012, e come invece i media occidentali hanno ritratto l’Ucraina – una vera e propria leggenda nera: gente arretrata, un Paese ad alta criminalità, cattivi servizi, persone che camminano col “paraocchi”. Ma i turisti e gli appassionati di calcio, sopraggiunti in Ucraina durante il campionato, hanno potuto constatare come in realtà gli ucraini siano invece colti, ospitali, affabili… L’ucraino autentico è una persona dal carattere europeo. È un europeo. Fin dai tempi dell’antica Rus’ kieviana con il principe Vladimir, con il principe Yaroslav il Saggio, abbiamo condotto una politica europea, abbiamo sviluppato un punto di vista europeo. In seguito è anche capitato che l’Ucraina sia andata nella direzione opposta, ed è per tale ragione che è rimasta indietro.
In secondo luogo: il fatto che l’ucraino è un agricoltore. Se il russo per sua natura è artigiano, ebbene, l’ucraino è attaccato alla terra. Per lui, la terra è simbolo di stabilità e di ordine. L’ucraino è legato ad un ordine e ad un modo di vita di tipo rurale: la terra, la casa e la famiglia.
Un altro aspetto importante, che voi italiani dovreste ben sapere, sta nel fatto che l’Ucraina è il Paese della melodia. Le nostre canzoni e la nostra musica sono molto melodiche. E in questo aspetto, credo, c’incrociamo con gli italiani.
Pertanto, l’ucraino è una persona moderna con una filosofia di vita e con dei punti di vista moderni, in grado di vivere nella comunità europea.
Le attuali ricerche sociali mostrano come la maggioranza degli ucraini veda il proprio futuro legato all’Europa.

Quali sono , secondo Lei, le “radici” dell’identità ucraina: la lingua, la religione, la storia comune, le tradizioni culturali, il modo di vita? Tra gli aspetti più significativi dell’identità ucraina può essere incluso anche un certo desiderio di distacco dall’influenza dei «vicini settentrionali» russi?

Ho già accennato a questo tema. La nostra lingua, cultura, tradizioni, il nostro stile di vita, sono tutti componenti della nostra identità. Per secoli siamo stati nell’Impero russo – per 325 anni. Allora, l’Ucraina non possedeva né sovranità, né memoria storica, nemmeno una propria lingua e cultura. Dopo il 1917 tutti questi fattori vennero subordinati all’idea collettiva di sviluppo sovietico. Venne addirittura formulata una teoria che ipotizzava il popolo sovietico senza precise peculiarità nazionali. L’Ucraina è sempre stata al di sotto della Russia, non insieme. Di conseguenza, per molti, soprattutto per gli intellettuali, la separazione dalla Russia ha rappresentato un avvenimento di grande importanza. Il distacco dalla Russia è stato percepito come il principale fattore d’indipendenza. Certo, in questa posizione c’è un po’ di esagerazione, ma d’altro canto questa è la nostra storia: quando l’Ucraina era considerata, dalla Russia, alla stregua di “periferia” e non veniva riconosciuta nell’ottica di sviluppo nazionale di un altro popolo con propria lingua e tradizioni. Questo fatto ha lasciato un’impronta talmente incisiva, da portare molti esponenti dell’intellighenzia ucraina ad assumere una posizione radicale di secessione dalla Russia.
Ancora oggi molte persone guardano alla Russia in maniera poco amichevole. Ma passerà. Siamo vicini e dobbiamo vivere in buoni rapporti, la diplomazia non può essere costruita partendo da fatti storici sfavorevoli. Ma ci vorrà ancora del tempo.

Secondo il Suo punto di vista, in che cosa può essere rintracciata continuità e affinità di mentalità col popolo russo?

Continuità e affinità di mentalità con i russi sono dovute al fatto che abbiamo vissuto insieme per molto tempo. Dal periodo della Rus’ di Kiev, poi con Bohdan Khmelnytsky… siamo stati insieme per secoli. Insieme abbiamo plasmato la cultura slava orientale con omogeneità di lingue e di tradizioni. Ci sono veramente molte similitudini, che si compenetrano. Non esistono al mondo esempi migliori di popoli che abbiano vissuto insieme così a lungo e in maniera così compenetrante. Va ammesso che questa è la nostra storia comune.
Tuttavia, pur vivendo insieme, ogni popolo ha diritto di costruire autonomamente la propria esistenza e di determinare il proprio destino.

Come affrontare la questione dell’identità nazionale in rapporto alla popolazione ucraina di origine russa che vive nelle regioni dell’Ucraina orientale?

Dobbiamo tornare alla storia. L’Ucraina è divisa tra la Sponda sinistra e la Sponda destra del Dnepr. La Sponda sinistra è vicina alla Russia, verso la quale ha affinità di lingua e di cultura. La Sponda destra, al contrario, tende verso l’Occidente. È su questo spartiacque che la gente, spesso, basa le proprie opinioni riguardo al rapporto con i russi, e non solo con loro. Dobbiamo accettare questo fatto. Per esempio: se prendiamo in esame la questione della lingua, sarà prevedibile quali saranno le posizioni delle regioni orientali dell’Ucraina, rispetto a quelle occidentali. Questi sono frammenti di eredità storica nella nostra vita. Anche qui serve tempo, occorre una politica intelligente, benevola, che gradualmente sappia appianare e far scomparire queste pungenti polemiche. Le peculiarità ci saranno sempre, ma le persone non dovranno entrare in contrasto tra loro, dovranno invece vivere come in un’unica famiglia. L’Ucraina è un Paese unitario, deve percepirsi come un unico insieme con le proprie molteplicità.

Cosa ne pensa della nuova legge sulla politica linguistica?

Penso che chi ha proposto una simile versione della legge, e l’ha poi approvata, non abbia ascoltato la gente. La questione della lingua, in ambito sociale, non rappresenta infatti una delle principali preoccupazioni degli ucraini. Tra le priorità che maggiormente stanno a cuore alle persone ci sono infatti la preoccupazione per le condizioni di vita e la salute. I politici non lo capiscono e dal nulla hanno creato un grave problema: la gente non vuole litigare, e non vuole nemmeno che la sua lingua possa trasformarsi in un fattore di contrasto gli uni contro gli altri. Per gli ucraini l’importante è vivere in pace e in armonia. Conseguentemente ritengo che questa legge sia irragionevole, affrettata e che, in quanto tale, non porterà tranquillità nella collettività. A mio parere, questa situazione andrebbe accuratamente e minuziosamente esaminata. Innanzitutto: se accettare questa legge non sulla politica linguistica ma sull’uso che si fa del linguaggio. In secondo luogo: se non sarebbe opportuno approvare invece una legge che sappia soddisfare tutti gli interessi sia dell’Ovest sia dell’Est, come del Nord del Sud e del Centro dell’Ucraina. Altrimenti si creerà divisione tra la gente – non utile alla società.
La politica linguistica è già stata definita dalla Costituzione. Tutto il resto andrebbe attuato in conformità alla stessa, in ogni caso il problema della lingua non dovrebbe essere esasperato.

Secondo Lei, quale ruolo ha giocato la storia nella creazione dell’identità ucraina? E quali, a Suo avviso, i fatti storici che hanno maggiormente determinato questa identità?

L’Ucraina è stata unificata alla Russia nel 1654 ad opera di Bohdan Khmelnytsky. Naturalmente, questo fatto ha contributo alla formulazione dell’identità degli ucraini, che indubbiamente hanno acquisito molto dalla cultura russa. Ed è stato un bene. Voi sicuramente conoscete la cultura russa – la cultura di Puškin, di Lermontov, di Dostoevskij… si tratta di una grande cultura, uno dei pilastri della cultura mondiale. Allo stesso tempo abbiamo però cominciato a dimenticare la nostra puramente ucraina. La nostra identità storica e culturale, rappresentata da Taras Shevchenko, Lesia Ukrainka, Grigorij Skovoroda… è stata posta in secondo piano, al punto che oggi, nei riguardi della cultura russa, si percepisce una sensazione d’inferiorità. Non si deve però seguire questa strada, è invece apprezzabile imparare a muoversi in parallelo, naturalmente accettando e considerando sia il proprio passato, sia il contributo dato dalla cultura russa nel suo contesto storico, come, del resto, nei confronti di qualsiasi altra cultura: italiana, inglese… Dobbiamo unire tutte le culture, ma senza dimenticare la propria, che deve sempre restare al primo posto.

Quali, secondo Lei, le prospettive di sviluppo delle relazioni bilaterali tra Ucraina e Russia dopo la recente elezione di Vladimir Putin alla presidenza della Federazione Russa? Come considera l’iniziativa finalizzata alla creazione dell’Unione Eurasiatica: Russia, Kazakistan e Bielorussia? E secondo il Suo parere, questa Unione potrebbe influire sulla situazione geopolitica in Europa?

La mia opinione è che le relazioni tra Ucraina e Russia andrebbero basate su delle necessità oggettive. In tal modo, i rispettivi presidenti non assumerebbero un ruolo preminente. I presidenti vanno e vengono, i popoli rimangono. Secondo me, ciò che conta è il rapporto tra i due popoli, che in definitiva condividono entrambi lo stesso obiettivo: costruire relazioni buone, amichevoli e pacifiche a prescindere da chi sale al potere. Sono sicuro che è così, e che così sempre sarà. Certamente, non è possibile escludere l’eventualità che possano anche sopraggiungere momenti storici con dei leader poco lungimiranti al potere; in tal caso, buoni e durevoli rapporti potrebbero deteriorasi, e sicuramente questo è un male. Ma distruggere questi rapporti è impossibile. Sono convinto che Vladimir Putin capisca tutto ciò. Sì! Parlando francamente, nel governo, nella società, nei partiti ha una fetta di persone estremiste che vorrebbero oggi dettare all’Ucraina le proprie condizioni. Ad esempio: per 1.000 metri cubi di gas noi paghiamo 100 $ di più della Germania. Ma perché così tanto! Visto che i nostri Paesi hanno relazioni amichevoli o addirittura fraterne, come spesso si suol dire, non dovrebbe essere così! Oggi vorrebbero servirsi dell’Ucraina come “tubo del gas”, ma l’Ucraina non può essere usata. Le relazioni saranno costruite, per come la vedo io, partendo da bisogni oggettivi sulla base di rapporti paritari di partnership. L’Ucraina deve mantenere buone relazioni con la Russia, questo sarà vantaggioso per entrambi i Paesi.
Per ciò che concerne l’Unione Eurasiatica, mi sembra sia ancora una struttura geopolitica piuttosto artificiosa. Esiste già un accordo sottoscritto: la CSI – l’Unione degli Stati Indipendenti che andrebbe sviluppata, perfezionata, riunificata per approfondire il suo rapporto con l’UE. Ci sono alleanze globali funzionali agli interessi dell’Europa. La creazione dell’Unione Eurasiatica, in un modo o nell’altro, provocherà problemi all’Europa. Per tale ragione non sono favorevole all’entrata dell’Ucraina nell’Unione Eurasiatica. Al contrario, dobbiamo muoverci in direzione dell’Europa per diventare un membro dell’UE. Questa è una mia profonda convinzione.

Nella politica estera ucraina è ancora rilevante, come in passato, una politica multivettoriale contemporaneamente orientata verso l’UE e verso la Russia? Oppure la strategia è cambiata? Sempre in politica estera, quali sono oggi le priorità dell’Ucraina? Il percorso d’integrazione europea è ancora attuale? Non teme che un avvicinamento all’UE possa portare a una diminuzione della libertà economica dell’Ucraina?

L’Ucraina sta tuttora conducendo un politica di tipo multivettoriale. Eppure, a mio avviso, ogni paese dovrebbe mantenere un solo vettore nella sua politica: la tutela dei propri interessi strategici. Questa forma di protezione può variare a seconda degli specifici interessi strategici, sia del nostro Paese, sia di quei Paesi con i quali vorremmo costruire relazioni. Dobbiamo raggiungere un’armonia d’interessi, senza però arrivare mai a imporre qualcosa di proprio agli altri, dal momento che l’imposizione è sempre un atto di forza, e la forza, nelle relazioni, soprattutto se a livello internazionale, è sempre suscettibile di pericoli. Quindi, per me, la politica dovrebbe essere unidirezionale: la tutela dei propri interessi. Che in politica estera dovrebbe per noi tradursi nell’integrazione europea. L’ho già sottolineato più di una volta, l’Ucraina è un paese storicamente, geograficamente e mentalmente europeo. Sì, abbiamo difficoltà connesse con lo stato di diritto e la libertà, ma questa è un’eredità del passato. È impossibile cambiare tutto in un solo istante. La via da percorrere è uno sola: integrazione europea, libertà, democrazia e rapporti di pace con tutti i Paesi.
Questo significa limitare la propria libertà economica? Ritengo che qualsiasi Paese che ambisca entrare in un’unione debba essere pronto a sacrificare qualcosa di proprio. Ma se un Paese è forte, allora non ha nulla da temere. Qualcosa cede, come qualcosa ottiene. L’Ucraina non è ancora così forte, ma è un grande Paese con ingenti risorse e capacità. Io sono fiducioso che l’Ucraina saprà superare le difficoltà oggi presenti, e utilizzando al meglio sia le proprie capacità sia l’esperienza dell’UE e dei suoi singoli Paesi riuscirà ad elevarsi alle stesse condizioni di tutti gli altri Paesi europei.
Io so che quando si crea una qualsiasi unione, la si crea sulla base di principi definiti. Il programma che viene adottato dà forma e struttura a ciò che i Paesi desiderano sviluppare. Chiaramente, se considerata nel suo insieme come un singolo Paese, l’UE ha i suoi propri interessi. Dire che i suoi interessi debbano essere subordinati a quelli dell’Ucraina, certamente non si può. Al tempo stesso però, anche gli interessi ucraini non dovrebbero ritirarsi completamente dalla scena. Ma se l’Ucraina intende veramente aderire all’UE, allora deve tenere presente anche gli interessi di quest’ultima. In fondo, non è l’UE che desidera entrare in Ucraina, ma viceversa. Pertanto è necessario accettare certe condizioni. O vengono accolte o non si entra! Nessuno verrà trascinato con la forza. Io come persona vivo in Ucraina, non credo che qualcuno che provenga dalla Germania, dalla Francia o dall’Italia possa mai impormi come vivere. Questo no! Ci dicono: «Desiderate vivere secondo i nostri standard, utilizzare la nostra esperienza e adottare i valori europei? Prego, ve li proponiamo, prendeteli!». Nessuno però ci costringe, quindi parlare di pressioni sarebbe un’esagerazione.
Sono convinto che l’Ucraina potrà presto adottare le stesse condizioni di vita ora presenti nei paesi europei.

Che cosa ne pensa della crisi economica e finanziaria in Europa?

Questa è una domanda molto profonda. Se c’è una crisi, dobbiamo cercarne le ragioni. Penso che una di queste stia nell’imperfezione dei rapporti di forza all’interno dell’UE, con diversi paesi tra i quali alcuni donatori altri destinatari. Con tali presupposti creare una forte coesione ritengo sia abbastanza difficile. Ora la leadership dell’UE si trova nelle condizioni di dover migliorare tali rapporti. Sono sicuro che nell’unione c’è la forza. Ma l’unione deve anche essere ingegnosa, efficiente, in grado di creare condizioni ottimali, nelle quali le caratteristiche e le risorse di ciascun paese possano far emergere dei risultati. Va individuato un percorso che porti a un perfezionamento dell’UE. Di perfetto non c’è nulla! Tutto può essere migliorato.


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