Titolo: L'idiota
Autore: Fedor Michajllov Dostoevskij
Anno: 1869
Leggere un classico è altro da ri-leggere un classico. Sembrerà ai più una considerazione da poco conto, ma è la sensazione che ho avuto tornando a ri-leggere, dopo “appena” dieci anni, L’idiota di F.M. Dostoevskij (1869).
Perché, diciamolo pure, la storia del principe Myskin come prototipo dell’uomo “positivamente buono”, di un “Cristo del XIX secolo” a vent’anni può anche annoiarti, ti fa pensare che più che buono magari è solo sfortunato. Ma poi… mutatis mutandis… scopri che il famoso “buono” in russo indica lo splendore della bellezza, ti balena nella mente l’ideale greco della “kalokagathia” e peni che il principe Myskin è un personaggio talmente complesso e impenetrabile che solo a vent’anni puoi averlo giudicarlo “sfortunato”.
Il romanzo ha una trama apparentemente complicata, intessuta di tanti personaggi che sembrano quasi rincorrersi e sfuggirsi a vicenda: Rogozin, Nastas’ja, Gavrila e ancora Aglaja, Varvara, Ippolit e tanti altri; in realtà è più evidente un andamento ciclico, per cui inizio e fine hanno in comune il personaggio, il principe appunto, e nella sua condizione di malattia.
Il filo rosso è senza dubbio l’Amore: accomuna i personaggi, li spinge a fuggire e poi a ritrovarsi, per poi allontanarsi e riconoscersi e scoprirsi.
Su tutti, però, si erge lui, Myskin, un io che si annienta, uno spirito talmente puro che è incapace di adeguarsi al cinismo e alla meschinità imperante. Il mondo lo sfiora appena, gli passa accanto, ma è come se non si fissasse su di lui, come se passasse volutamente oltre: Nastas’ja lo ama ma non sta con lui perché crede di non meritarselo; Gavrila nel tentativo di schiaffeggiare Varvara colpirà lui; Rogozin sta per pugnalarlo ma un attacco epilettico spaventa l’aggressore e si salva; confessa di amare “ a suo modo” Aglaja ma quest’ultima sarà uccisa da Rogozin…
Il romanzo è ricco sì di avvenimenti, ma anche di molti spunti di riflessione sui vari aspetti della società europea del tempo. Basti pensare al Decadentismo europeo nella seconda metà dell’Ottocento e la figura dell’”idiota” non ci sembrerà così lontana, seppur con i dovuti distinguo, da quella del “vinto” di verghiana memoria o dell’inetto di Svevo.
Da leggere e ri-leggere.