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E' un mondo triste quello dell'anziano illusionista Tatischeff, la guerra è ormai alle spalle da più di un decennio e le società stanno cambiando, forse per artisti come lui non c'è più posto e non è più tempo. I teatri sono vuoti, gli ingaggi più degradanti, il grosso pubblico è preso da rock band sui generis, juke boxe, televisioni. Le città però sono ancora magiche e belle, non rimane che viaggiare per sbarcare il lunario, da una ville lumiere da sogno romantico verso una Londra un poco più moderna per finire nella remota Scozia dei pub in una Edimburgo che bella così neanche nelle favole. Da un treno a un traghetto, da un incasso misero a un piccolo successo. E' in un piccolo pub scozzese che l'artista e il suo coniglio ricevono un po' di calore per una performance che richiama l'attenzione della giovane cameriera Alice che di lì a poco deciderà di lasciare il paesello e seguire nel suo peregrinare l'anziano Tatischeff. Da qui l'artista farà di tutto pur di compiacere quella giovane, quasi una figlia per lui, ma non sarà facile tirare avanti ne tanto meno lasciarla andare.
E' davvero un mondo triste, malinconico e nostalgico quello di Tatischeff, un mondo illustrato con una maestria rara da Chomet (Appuntamento a Belleville) e dal suo staff, un salto indietro nel tempo nella delicatezza dei '60 in arrivo e nella brezza inarrestabile del cambiamento. Il mondo degli artisti, non solo quello del protagonista, pennellato in splendida animazione tradizionale, mostra tutta l'inadeguatezza e la difficoltà di sensibili sconfitti, alcuni pronti al gesto più estremo ma facili da pacificare con un buon piatto di minestra.
La sensazione del tutto che cambia, del nuovo in cui non c'è più posto, del giovane che è un poco meglio, della difficoltà di mantenere un rapporto. Tutto mostrato e raccontato in silenzio (il film è praticamente muto) e con delicatezza, sia nella narrazione che nelle scelte cromatiche delle immagini. Poi, come per magia, l'illusione s'infrange, basta una frase, triste, perentoria.
La sceneggiatura de L'illusionista fu scritta da Jacques Tati già negli anni '50, recuperata dalla figlia dopo la sua morte è arrivata nelle mani di Chomet per volontà della stessa, decisa a vedere per un ultima volta il padre sullo schermo, non impersonato da qualcun'altro ma disegnato su carta, così, somigliante a come lui era. Scelta felicissima così come la riuscita di questo film.
PS: Sophie Tatischeff non fece in tempo a vedere il film realizzato, morì diversi anni prima dell'uscita nelle sale de L'illusionista, il film è a lei dedicato.
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