L'imbarazzante bestiario del chemioterapico - Ovvero: l'appendice migratrice
Devo dire che, durante i mesi della chemioterapia, gli anziani sono stati fonte di grande soddisfazione (tipo la vecchina che mi disse che se insistevo a fare tutte quelle tac mi sarebbe venuto un malaccio, o quella che mi ripeteva che muoiono più agnelli che pecore
Un giorno, circa un mese dopo aver tolto il port, andai a trovare mio padre al locale per la prima volta dopo mesi.
Mi dividevo tra i clienti che conoscevano la mia storia e, con garbo e discrezione, mi chiedevano come andassero le cose e quelli che sapevano ma si limitavano a guardarmi come fossi un marziano.
Ad un certo punto entra una vecchina, cliente fissa ignara delle mie peripezie sanitarie, che prende il suo solito litro di latte. Mi saluta, mi guarda e l'occhio le cade appena sotto la mia clavicola, sulla cicatrice del port (che essendo stata fatta con i piedi si vede da lontano ora, figuratevi quando era nuova).
Mi guarda e mi fa:
"Signorina, come si è procurata quella cicatrice?"
Nel locale, ovviamente, si son bloccati tutti, in attesa di sapere cosa avrei risposto. Dato che c'era molta gente e non mi andava comunque di prendere l'argomento, l'ho guardata con la mia faccia migliore (che, per la cronaca, è quella di bronzo!) e, tutta seria, ho risposto:
"Appendicite."
"Oh, davvero? Mi dispiace, cara. Anche mio nipote ha avuto l'appendicite, però a lui è venuta più giù..."
C'è stata gente che nel tentativo di non scoppiare a ridere si è strozzata col cappuccino...