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L’imperatrice della seta – Gli occhi di Buddha

Creato il 24 ottobre 2011 da Soloparolesparse

Ricordate la pentalogia di Ramses di Christian Jacq e l’enorme successo che ebbe negli anni ’90?
Ecco, Josè Freches prova a ripetere l’esploit con i due libri de L’imperatrice della seta, spostando l’attenzione sulla Cina imperiale del 600.
Il risultato dal punto di vista delle vendite risulta lontano, ma per quanto riguarda la banalità della prosa si avvicina molto a quell’esperienza.

Come allora però L’imperatrice della seta – Gli occhi di Buddha ha il merito non indifferente di farci conoscere un periodo storico e soprattutto dei luoghi molto lontani da quelle che sono le nostre conoscenze di base (se qualcuno ha studiato la Cina Imperiale a scuola alzi la mano).

L’imperatrice della seta – Gli occhi di Buddha

Il viaggio che intraprendiamo seguendo Freches ci porta in una serie di avventure lungo la via della seta, districandosi tra il palazzo imperiale di Gaozong e i monastrei buddisti disseminati lungo il percorso.
Due (o anche tre) i meriti del romanzo.
Conosciamo (a grandi linee ed in maniera molto romanzata) la storia di Wuzhao, concubina dell’imperatore che punta a diventarne sposa e successivamente (nel secondo libro) a prendere il potere.
Viene poi fuori in maniera evidente l’incredibile importanza della seta nella Cina del 600, la coltivazione dei bachi, il commercio illegale, il monopolio imperiale e tutto quello che contorna la produzione e la commercializzazione del mitico tessuto.

Il terzo merito è mostrare come l’estremo oriente fosse in quel periodo il crocevia del mondo, uno spazio immenso aperto alle novità, soprattutto dal punto di vista religioso.
Incontriamo nel corso del romanzo monasteri buddisti di almeno un paio di confessioni diverse, e poi manichei, crisitani nestoriani, seguaci del tantrismo, taoisti.
Solo che questo crogiuolo di confessioni vengono buttate dentro in maniera un po’ confusionaria e superficiale, tanto da rendere necessario un elenco dei personaggi a fine volume.

In definitiva Freches mette davvero troppa carne al fuoco senza lasciare spazio agli approfondimenti, dandoci solo una spolverata di conoscenze.
Funziona discretamente l’intreccio, che si lascia seguire.

Nota di demerito per la scelta di raccontare i rapporti sessuali che ogni tanto appaiono utilizzando traduzioni di termini (presumibilmente) cinesi che in italiano suonano ridicoli.
Dopo un po’ sentire parlare di picche di giada che violano valli di rose e liquidi intimi che invadono porte posteriori è domoralizzante.

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