La bellezza delle isole Eolie è riconosciuta da tutti, così come lo straordinario fascino della sua Malvasia. Nell’arcipelago la vite c’è da tempo infinito, i più attenti vignaioli del luogo lo fanno presente ai visitatori. dicendo “nel 1999 a Portella sull’isola di Salina sono stati trovati dei vinaccioli carbonizzati di Vitis Vinifera Silvestre e Vitis Vinifera Domesticata risalenti al XV sec. a.C., noi qui facciamo vino da sempre”. Ed è proprio vero. Il ritrovamento è un chiaro segnale, le isole Eolie non sono state solo dei luoghi di passaggio del vino ma antichissimi centri di produzione. Il commercio del vino via mare tramite i mercanti Fenici e Greci, nel Mediterraneo occidentale, risale alla metà del II millennio a.C. Il vino che solcava il Mar Mediterraneo era un vino dolce, che veniva prodotto per surmaturazione sulla pianta o per appassimento delle uve al sole. A Lipari c’erano gli Elleni, e lo splendido sole eoliano li aiutava a produrre un passito di “madre goccia“ cioè ricavato dal mosto che fluiva in modo naturale dagli acini passiti, ammucchiati dentro i tini, prima della loro pigiatura.
La Malvasia delle Lipari oggi è prodotta nelle tre tipologie, naturale, passito e liquoroso è stata riconosciuta Doc nel 1973 e vede la produzione estesa su tutte le isole dell’arcipelago eoliano, ma l’isola di Salina rappresenta più dei 2/3 della produzione totale. Siete mai stati a Malfa? Lungo le pendici collinari di questo piccolo paese dell’isola di Salina, ci sono dei piccoli appezzamenti dove i vigneti sono allevati tradizionalmente ad alberello basso e pergoletta a causa della forte ventosità delle isole e tutte le operazioni colturali sono condotte a mano. Nelle zone ad elevata vocazione viticola come le isole Eolie, l’agognato quanto costoso Alberello riveste un ruolo importante, perché non c’è dubbio che è il miglior sistema d’allevamento per ottenere un’elevata qualità dell’uva. I vigneti risalenti agli anni ’50 avevano una densità d’impianto di 7500-10000 vigne per ettaro, nuovi sistemi d’allevamento hanno portato un declino della qualità perché si sono spinte le produzioni in maniera esagerata, oggi i vignaioli stanno recuperando i vecchi vigneti coltivati ad alberello e i nuovi impianti si predispongono per questo tipo di allevamento, si sta quindi assistendo ad un progressivo ritorno a questo tradizionale sistema ideale per l’ambiente arido siciliano.
l legame tra il vitigno Malvasia ed il territorio eoliano è inscindibile, così come il legame che sa di leggenda tra la terra e l’enologia in Sicilia che risale alla notte dei tempi: mi piace ricordare per rendere bene l’idea che “il giovane Bacco cacciando nelle boscaglie incontrò Ampelo e se ne invaghì: ma Ate, dea del male, lo fece morire per mezzo d’un toro infuriato. Bacco addolorato, ottiene dalla Parca di far rivivere Ampelo in una pianta, la vite”. Diodoro Siculo ci narra: “Icaro portò la vite ed il segreto dell’enologia in Sicilia, dopo averlo appreso da Bacco. Icaro per custodire la piantina di vite durante il viaggio, la mise dentro un osso d’uccello, poi in quello più capiente di un leone e dato che la barbatella continuava a crescere, la riparò dentro un osso d’asino”.
Cosa ne traiamo? Ovvio no! Un buon bicchiere di vino rende leggeri come uccelli, una buona bevuta rende coraggiosi come leoni, ma l’esagerazione rende come asini.