L’attività ludica è importante nel bambino, direi fondamentale per quanto riguarda il suo sviluppo. E’ difficile pensare al gioco come ad una definizione universale. Può essere definito come un’attività che mira ad una gratificazione individuale o di gruppo, svincolata da fini immediati di produzione, così come per necessità immediate di difesa individuale o della specie. Bruner definisce il gioco “ la più seria attività dell’infanzia..”
Per i primi quattro anni del bambino, l’attività del gioco, si identifica praticamente con la sua vita. Durante tutto il suo sviluppo, il bambino gioca.
Nel bambino, rappresenta la stessa attività vitale necessaria alla sopravvivenza culturale, al suo futuro umano. Le forme che assume il gioco infantile sono rivelatrici di altrettante modalità di esperienza di sé, in quanto il gioco è una forma di esplorazione di se stessi e del proprio mondo. Il bambino traduce queste esperienze in modelli di comportamento, convenzioni sociali e strutture di riferimento. Quindi, il gioco, oltre a manifestare la vita affettiva del bambino, permette di sviluppare, attraverso funzioni corporee, competenze motorie (movimento), cognitive (intelligenza) e sociali (imparare a rapportarsi con gli altri).
In questa prospettiva, diciamo che il gioco è fondamentale nel processo di maturazione del bambino, utile per il passaggio dalla dipendenza (con la mamma), all’autonomia (mi sperimento da solo).
Il gioco risponde perciò a molteplici bisogni che sono:
biologici (equilibrio)
cognitivi (intelligenza)
creativi (fantasia,immaginazione)
affettivi (simbolico)
sociali (relazioni, cooperazione, condivisione di regole).
Il gioco, può quindi acquisire molteplici sfaccettature, può essere puro divertimento, si può giocare per giocare, senza regole, o infine diventare gioco strutturato secondo regole formali. In questo contesto, si colloca quindi la Psicomotricità, che si riferisce a tutto ciò che si manifesta attraverso il corpo.
La Psicomotricità considera il soggetto nella sua globalità e complessità, Psicomotricità sottende l’integrazione di “psiche” e “motricità”, quindi tiene conto degli aspetti motori, affettivi, relazionali e cognitivi. Quindi nel bambino il gioco è un esperienza fondamentale, nella Psicomotricità tutto passa attraverso il gioco ed è un’ esperienza naturale del bambino.
Come afferma De Ajuriaguerra, uno dei maestri della Psicomotricità, “la psicomotricità è un certo modo di stare al mondo”. Infine intendo ancora una volta sottolineare l’importanza del gioco nel bambino, e non solo, anche nell’adulto perché in ogni momento della nostra vita possiamo rimetterci in gioco e fare esperienze che ci riportino ad esso.
In conclusione cito una frase molto significativa “ il bambino che non gioca non è un bambino, ma l’adulto che non gioca ha perso per sempre il bambino che c’è in sé”. (Pablo Neruda).
A cura della Psicomoticista Francesca Pizzichini iscritta all’Albo Autoregolamentato dell’ APPI (Associazione Professionale Psicomotricisti Italiani)
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