Non faccio altro che ripetermi. Mi ripeto così tanto che poi finisco con l’essere annoiata da me stessa. E poi, odio la mia pochezza d’animo e il modo ciclico che ho di lanciarmi in ricerche ansiose e inconcludenti. Sono prevedibile e non riesco a tollerarlo. Non sopporto neanche il mio continuo immaginare ad occhi aperti situazioni che non avverranno mai, il che è un po’ come sentirsi soli e allora provare ad intrattenersi da sé.
Mi guardo negli occhi ogni mattina, in piedi davanti allo specchio, per farmi forza. Mi dico che un giorno riuscirò a non essere più così platealmente sbagliata. Non che ci creda veramente. Ma non ho altra scelta che illudermi.
Mi ripeto. Non faccio altro che dire che Gabriele mi manca, che avrebbe potuto salvarmi ma non ne è stato all’altezza o che forse ha solo considerato che io non ne valessi la pena. Vorrei che lui me lo cancellassero dalla mente, come in quel film. Vorrei riuscire a non dire sempre le stesse cose. O quantomeno, a non mettere il suo nome in una frase qualsiasi, quasi lui fosse un vizio che non riesco a smettere.
Vorrei che qualcuno mi abbracciasse. Per l’amore esiste l’immaginazione. Per il sesso le dita. Per il calore umano, invece, ci vorrebbe un’altra persona.
Negli ultimi mesi, mi sono imbattuta in un paio di brave persone. Da subito, mi sono fatta degli scrupoli a mostrargli ciò che davvero sono, con i gorghi senza fine, il buio e tutto il resto. Ma è stato inutile, perché la puzza di marcio l’hanno odorata subito e io me ne sono vergognata moltissimo. Le persone sane riconoscono quelle disturbate e le tengono a distanza; così come quelle disturbate si riconosco tra loro e tendono a legarsi, altrimenti L non continuerebbe a cercarmi, dopo tutto questo tempo.
Vorrei dimenticare questi due anni. Recuperare il tempo spreacato. Rassegnarmi all’incapacità di prender parte al mondo. Se potessero cancellarmi tutto questo dalla testa, come in quel film, sarebbe un sollievo.