Cose grosse; si parla di quasi sessanta ettari. L'ambizione è quella di essere il primo "municipio verde" del Messico.
Ho partecipato all'evento perché il direttore della scuola dove lavoravo aveva ricevuto l'invito ma non voleva andarci, così mi disse: “Vacci tu che sai di ecologia.”
Mi pagavano la giornata quindi ci andai.
Sul luogo dell'evento trovai parecchia polizia e militari armati di certe mitragliatrici che noi italiani siamo abituati a vedere solo in film come “Rambo” o “Rombo di tuono”.
Era stato allestito un palco e una tribuna sulla quale prendevano posto i bambini delle scuole circostanti. I bambini indossavano magliette di cotone con il logo della scuola e un cappellino colorato. Vociavano allegramente mentre le maestre li disponevano sulle panche della tribuna. Arrivò anche una fanfara di trenta elementi, in uniforme.
Io mi sedetti all'ombra di un pirul e stetti a guardare in disparte, giocherellando con l'invito scritto. Notai che quasi tutti gli invitati avevano il proprio così mi venne da pensare all'impiegato che passò una settimana almeno murato vivo a scrivere gli indirizzi di tutta quella gente.
I poliziotti e gli addetti alla logistica comunicavano via radio. Si aggiornavano continuamente sulla posizione del governatore e del sindaco che erano in arrivo. Ogni tanto giungeva un pick up Lobo; si aprivano le portiere e ne usciva gente importante che salutava le altre persone importanti presenti.
La plebe invece arrivava a piedi. Si trattava principalmente di casalinghe, vestite con canottiere di cotone, jeans e scarpe da ginnastica. Per loro erano state disposte delle sedie al sole ma le signore si erano preparate; avevano con sé ombrelli che aprirono per proteggersi dal sole.
Giunsero poi i cameraman e i giornalisti. Studiarono il set e presero posizione dove meglio conveniva per foto e riprese. I giornalisti erano giovani e distaccati. Portavano gilè da caccia chiari pieni di tasche, registratori e microfoni.
Tutto era pronto.
Un tizio allora andò al microfono e prese a gridare con un ingiustificato entusiasmo che erano in arrivo la nostra (anche mia) amatissima sindachessa che lavorava giorno e notte per lo sviluppo economico e sociale della nostra amata città.
La nostra sindachessa, proprio quella che amava tutti i cittadini, tutti i bambini, tutte le madri della colonia ci avrebbe consegnato la linea verde. Che emozione!
Non era la prima volta che vedevo la sindachessa. Una volta le ero stato a circa mezzo metro di distanza. Mi rivolse un'occhiata e io indovinai il suo pensiero: “Da dove spunta questo biondo?”. Credo che mi avesse stretto anche la mano ma rivolgendo lo sguardo già in un'altra direzione.
La sindachessa è un personaggio carismatico, donna, quindi intelligente e sensibile, amata dalla popolazione. Una volta alla settimana partecipa ad una trasmissione radiofonica nella quale la gente chiama per dirle che c'è una lampadina bruciata proprio di fronte a casa loro. Lei, efficiente, rassicura il concittadino radioascoltatore e si mette in contatto con l'incaricato del municipio perché si precipiti a fare l'intervento.
Tutto in diretta.
Il suo motto elettorale è stato: “Novanta giorni, novanta mete.” C'è stato anche qualcuno che si è preso la briga di approfondire tutte le novanta mete però si è trovato a rimbalzare da un ufficio all'altro senza ricavarne un granché tranne che alcune delle “mete” erano, in realtà, ordinaria amministrazione.
La sindachessa si veste e si pettina come una nordamericana. Immaginatevi una specie di Michelle Obama: tailleur color rosso come uno dei colori del suo partito, scarpe con il tacco e pettinatura da donna in carriera.
Il tizio al microfono prese ad osannare anche il governatore dello stato che è un grassone con la faccia arcigna da macellaio. Fra i suoi risultati politici va menzionato l'aver dichiarato la tauromachia patrimonio culturale di Aguascalientes.
Ad un certo punto qualcuno gli fece un segnale e il tizio con il microfono portò il pathos al massimo.
“...E accogliamo con un caloroso applauso il governatore eletto...” Ci fu un fragoroso applauso “E la nostra sindachessa....” Altro applauso scrosciante; tutti in piedi.
In quel momento arrivò un imponente pick up lucido. La fanfara attaccò un benvenuto fatto di trombe e tamburi.
E qui, su questo punto, De André avrebbe cantato:
“Voi avevate voci potenti, lingue allenate a battere il tamburo, voi avevate voci potenti adatte al vaff...”
Ma per i locali si trattava invece di una grande festa. Dopo che le autorità ebbero preso posto, si fece avanti un maestro di cerimonia che, con paroloni barocchi, invitava una serie di persone a pronunciare il proprio discorso.
Da sotto l'albero mi raggiunse il discorso di una ragazzina di circa quindici anni.
“Noi, dobbiamo avere cura del nostro ambiente, dobbiamo amare la linea verde, dobbiamo ringraziare le autorità, la cittadinanza, i nostri genitori per questa bellezza, per il fatto di essere messicani e giovani...”
Gridava nel microfono e faceva pause teatrali, probabilmente si era esercitata parecchio di fronte allo specchio. Dal tono, non era escluso che indossasse una cintura esplosiva sotto l'uniforme scolastica. Poi fu il turno di personaggi un po' più grigi, autorità, maestri, poliziotti e trafficanti di influenze che presero a lodarsi e ringraziarsi a vicenda. Tra un discorso e l'altro i bambini cantavano canzoni stile zecchino d'oro guidati dalle loro maestre.
“Ehi, Dario”. Mi voltai. Era una delle signore a cui avevo dato il laboratorio della Carta della Terra.
Ci salutammo. Il mio gruppetto di signore era al completo e mi invitarono a sedermi con loro. Ci mettemmo al corrente delle ultime novità all'ombra dei loro ombrelli.
Intanto dal palco ci giungevano discorsi vuoti e noiosi. Una delle signore propose di fare un giretto nei dintorni. Si alzarono tutte e si avvicinarono ad un chiosco che offriva acqua minerale fredda.
“Che altro danno, oggi?” Chiese una delle signore. La signorina addetta all'acqua glielo disse. Mi pare che regalassero una maglietta e un cappellino. “Nient'altro?” “No.” “Uhm.” “Va beh”, disse poi “Dove danno queste cose?” La signorina glielo disse. Vidi allora un certo movimento ai chioschetti dei regali. Quasi tutte le signore erano in fila per ricevere il regalo. A me però i gadget non interessavano molto così me ne tornai sotto il pirul.
Stava parlando il governatore di fronte ad un pubblico già annoiato. I bambini parlavano tra di loro, anzi proprio gridavano forte. Il governatore si spazientì e disse: “Schhh!” al microfono. Nessuno gli fece caso così dovette leggere il suo discorso nel baccano.
Al termine ci fu uno svogliato applauso. Giuro, a distanza di qualche mese, non mi ricordo una parola di quello che disse.
Il maestro di cerimonia prese la parola e annunciò che la sindachessa e il governatore avrebbero ora piantato un albero ciascuno. I cameraman si mossero con prontezza.
Il governatore si recò al luogo della buca dove un bravo operaio si era coperto di sudore al posto suo per scavare la buca a colpi di piccone.
Ogni tanto qualcuno si avvicinava al governatore e gli stringeva la mano. Vidi anche la sindachessa dirigersi alle buche con i suoi tacchi alti. Parlava, credo, con la sua assistente dei prossimi appuntamenti agendati.
Guardai l'ora. Potevo andarmene. Mi battei via la polvere dai pantaloni e me ne andai.