Novembre, tempo di bruma, quando la prima brina del mattino copre con un velo bianco l’erba, ancora verde, e contrasta con i colori fiammeggianti delle foglie che stanno morendo, e si trasformano per dare nuovo nutrimento al terreno.
I ritmi della natura piano piano si addormentano, mentre la nebbia in alcune mattine sputa sul viso l’umore dell’inverno che si avvicina a grandi passi. Nel paese più antico della Valstrona, Luzzogno, ritorna l’usanza dell’Incanto dei Morti.Tradizione il cui inizio si perde nella memoria, ricorrenza che ormai è in uso solo in questo paese, festa cristianizzata che ha origini chiaramente pagane, risalenti a chissà quanto tempo prima che San Giulio, come la leggenda racconta, arrivasse a disperdere le serpi dall’isola sul Lago d’Orta.Nel pomeriggio della prima domenica di novembre, o comunque in quella successiva ai giorni di Tutti i Santi e dei Morti, la comunità si ritrova sul sagrato della parrocchiale, la chiesa dedicata a S.Giacomo, davanti all’antica cappella dell’ossario. Ognuno porta i prodotti del proprio raccolto e lì li depone aspettando che vengano messi all’incanto.Il ricavato oggi viene devoluto alla chiesa, che lo utilizzerà per i festeggiamenti della Madonna della Colletta. Un tempo veniva usato per celebrare messe in suffragio dei defunti.Il sagrato prende vita per la gente che vi partecipa, accogliendo anche persone dai paesi vicini, sicuri di portare a casa prodotti buoni e genuini. I colori e i profumi dell’autunno richiamano l’attenzione del futuro compratore, si vedono gerle piene di patate, zucche, ceste con ortaggi e frutta, legumi, castagne, funghi, formaggi, burro e un tempo anche matasse di canapa e lana grezza che si sarebbero filate durante le lunghe serate invernali.Tutto viene deposto sulla terra, come avveniva in età precristiana in cui nei culti agresti e della Madre Terra si lasciava sui campi una piccola parte del raccolto come ringraziamento e per propiziare abbondanza per la stagione a venire.In genere uno degli uomini anziani del paese, con voce ferma e potente, prende in mano uno alla volta i prodotti, li presenta al pubblico elogiandone le proprietà e comincia ad “incantare” mettendoli all’asta. Tra risate e giovialità le persone vanno al rilancio solo con un cenno della mano che indica di quanto alzare il prezzo. Come in un gioco continua la gara per accaparrarsi il prodotto migliore. Le occhiate tra i partecipanti bastano per decidere se lasciare o insistere con l’offerta, in una sorta di soddisfazione nel “soffiare” all’ultimo momento il prodotto al rivale. Anche i bambini assistono divertiti alle grida di chi incanta in dialetto,mentre aspettano che le caldarroste che scoppiettano sul fuoco siano pronte.Ripensando alle origini di tutto questo bisogna ricordare che in antichità la comunità dipendeva in tutto per tutto dalla terra e dagli elementi naturali ed in questa sua fragile condizione si affidava a culti legati alla Madre Terra e ai culti degli antenati e quindi dei defunti che dalla terra regolavano la fertilità, proteggendo i semi e il raccolto.Il freddo inverno era il primo nemico, il nemico invisibile, il più pericoloso, da cui ci si doveva difendere e premunire. A fine ottobre la diminuzione del potere del sole, e della luce, annunciavano la fine dell’estate e l’inizio dell’inverno, uniche due stagioni per il calendario celtico e dei nostri antenati. Proprio la festa di Samhain (dal gaelico “Sam Fun” ovvero “fine dell’estate) segnava la fine dei raccolti e l’inizio della parte buia dell’anno. Questo era il tempo dell’ultimo raccolto, il più importante e doveva essere abbondante per garantire sostentamento a tutti durante la brutta stagione.Samhain costituiva il passaggio dalla luce al buio, si chiudeva così un ciclo della Ruota dell’anno e se ne apriva un altro. Questa festività era considerata come capodanno, mentre Beltane (1° maggio) segnava la fine dell’inverno e l’inizio dell’estate, dividendo l’anno in due sole stagioni, le più importanti per i ritmi naturali.A Samhain in oltre i confini dei mondi diventavano più sottili, anche gli antichi abitanti delle nostre valli credevano che gli spiriti degli avi tornavano sulla terra in questa notte a far visita ai vivi per portare auspici e protezione.E’ ancora usanza in molti dei nostri paesi mangiare castagne bollite la sera dei morti e lasciarne un poco sul tavolo per i defunti della famiglia che in quella notte, in cui tempo e spazio non esistono, tornano a far visita. Fino a qualche decennio fa tutta la famiglia si ritrovava davanti al focolare per la recita del rosario, in suffragio dei defunti, e con profondo rispetto si lasciavano le castagne, cibo povero ma abbondante in quel periodo, un gesto che onorava i defunti che avrebbero propiziato la famiglia e placato ogni astio rimasto verso i vivi.In tutto questo risulta evidente che la Chiesa, nel suo percorso di evangelizzazione, non riuscì ad estirpare del tutto questi riti pagani fortemente radicati nella popolazione, ne avvenne quindi una cristianizzazione come avvenne ad esempio per le Rogazioni, per la benedizione dei fiori nel giorno di S.Giovanni (corrispondente al Solstizio d’Estate) e la benedizione del pane nei giorni dei S.S Nicola e Gottardo.Rimane così l’eco delle antiche genti che popolarono questa valle che mantiene quel legame profondo, forse inconsapevole per molti che ormai vedono in certi gesti solo semplici tradizioni ma che fanno parte di noi, impresse dal tempo e che abbiamo il dovere di riconoscere e capire anche per imparare a rendere ancora grazie per quello che ricaviamo dalla terra e per chi è venuto prima di noi.
Barbara Piana
Fotografie1- Luzzogno la sera.2- Affresco di San Giulio nella chiesa dedicata a San Quirico a Domodossola.3-4-5 Fotografie della chiesa dedicata a San Giacomo a Luzzogno.
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L'incanto dei Morti: il ricordo di un'antica tradizione dai semplici gesti contadini.
Creato il 31 ottobre 2015 da Il Viaggiatore IgnorantePotrebbero interessarti anche :
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